Perché Grecia e Portogallo dovrebbero fallire

WOLFGANG MÜNCHAU
Financial Times – Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

Due anni fa la gran parte dei decisori europei ancora credeva che la Grecia ce l’avrebbe fatta. Mancavano dell’esperienza richiesta per gestire una crisi finanziaria. Non si sono consultati con i decisori di altre parti del mondo che avevano trattato le crisi dei decenni precedenti. Armati di ignoranza e arroganza, hanno finito per copiarsi gli errori. Pensarono di essere intelligenti quando se ne uscirono con l’idea di una contrazione fiscale espansiva. E pensarono che un coinvolgimento volontario dei privati (PSI) potesse realmente aiutare.

Non essendo riusciti a imparare dagli sbagli degli altri, alcuni stanno cominciando a imparare dai propri. In alcune capitali europei settentrionali, i politici stanno iniziando a comprendere che il programma greco è stato un fallimento assoluto. Hanno perso la fiducia nei politici greci. Mentre stiamo entrando nel quinto anno consecutivo di depressione, con la certezza che il PIL greco andrà ancora più a fondo sotto gli influssi dell’austerità, sono sul punto di abbandonare la Grecia.

Ma sono anche inerentemente avversi al rischio, e si limitano a seguire la procedura. Pensano di dover prendere sul serio l’ultimo programma di austerità greco, dando simultaneamente l’impressione che riusciranno a salvaguardare gli interessi dei loro contribuenti. I partiti della coalizione greca sono arrivati a un accordo che deve, almeno formalmente, soddisfare le richieste dei ministri europei delle finanze. Il parlamento greco lo ha accettato. Anche l’eurogruppo lo accetterà. Separatamente, gli obbligazionisti greci arriveranno a un accordo sul PSI.

Il Bundestag potrebbe ancora impedirlo, dato che l’opinione pubblica in Germania si sta sempre più innervosendo per la prospettiva di un futile programma da 130 miliardi di euro. Ma la mia idea è che, comunque, il programma verrà approvato. Arriverà un periodo di calma, ma dopo alcuni mesi sarà evidente che i tagli ai salari e alle pensioni dei greci avranno peggiorato la depressione. I politici europei scopriranno che, in un contesto così desolante, anche un obiettivo ridotto per le privatizzazioni sarà irrealistico. Il PIL greco è calato del 6% nel 2011, e continuerà a diminuire di una percentuale simile quest’anno. E fra non molto, farà capolino un altro giro di haircut.

È non è neppure lo scenario più pessimista. Presume che i politici greci siano ancora di supporto. Ma con i nuovi scioperi e le dimissioni di ministri che rinnegano l’ultimo programma, sappiamo davvero se Antonis Samaras, il leader di Nuova Democrazia e probabile vincitore nelle elezioni di aprile, coopererà con la strategia corrente? Non vedo come possa funzionare politicamente. Per un nuovo primo ministro che contempla un mandato quadriennale, sarà forte la tentazione di staccare la spina e dare la colpa di tutto il casino ai predecessori. Avrà poi quattro anni per ricostruire il paese dalle macerie dell’uscita dall’eurozona. Sarebbe politicamente molto più rischioso aderire a un programma che lui stesso dice che non funziona e che terrà il suo paese in una depressione per tutta la durata del suo mandato, e forse anche oltre.

Ma, solo per discuterne, supponiamo che il signor Samaras rimanga fedele al programma e che possa essere evitata una trappola debitoria. Tutto funziona come progettata. Sarebbe questa la fine della crisi greca? In questo caso il rapporto tra debito e PIL della Grecia calerebbe da più del 160% di oggi a circa il 120% del GDP alla fine del decennio.

Ma stiamo ancora andando troppo lontano. Dovremmo ricordarci il 120% è un numero politico che manca di giustificazione economica. Non è un caso che sia il rapporto odierno debito/PIL dell’Italia. Se si ammettesse che il 120% non è sostenibile per la Grecia, si potrebbe presumere che lo stesso debba valere per l’Italia.

Ma le due economie sono molto diverse. La Grecia ha visto un crollo della sua economia. Per ristabilirsi, la Grecia avrebbe bisogno di un’infrastruttura economica funzionante, di un moderno mercato del lavoro e di un sistema politico meno tribale. Solo in questo caso i mercati finanziari potranno iniziare ad avere fiducia nella Grecia. Ma ci potrebbero volere decenni.

Così, anche nel caso improbabile che tutto vada secondo i piani, la sostenibilità del debito non è certo assicurata. Io credo che il rapporto di debito/PIL greco dovrebbe calare a un livello molto più basso – abbastanza vicino al 60% del PIL – se il paese volesse avere l’opportunità di fuggire dalla crisi. Ciò annienterebbe la maggior parte del debito pubblico detenuto all’estero, incluso quello del settore ufficiale.

Alcuni dicono che sarebbe meglio forzare la Grecia a uscire dall’eurozona, e utilizzare i fondi per salvare il Portogallo. Non sono d’accordo. Ritengo che sarebbe meglio riconoscere le condizioni desolanti dei due paesi, lasciandogli fare default all’interno dell’unione monetaria, per poi usare un fondo di salvataggio sufficientemente potenziato per aiutarli a riprendersi, isolando al tempo stesso gli altri paesi.

Sarà molto costoso. Ma ignorare la realtà per altri due anni sarebbe rovinoso.