Popolo sovrano sotto tutela

Marcello Vigli
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Ben vengano le manovre fossero anche “inciuci”di questi giorni per avviare un confronto fra le parti politiche sulla legge elettorale. Il loro assordante silenzio degli ultimi anni l’aveva infatti eliminata dall’agenda politica. Se ci sarà una nuova legge e quale sarà non è facile prevederlo, né è oggetto di queste riflessioni che hanno, invece, l’intento di misurare i guasti prodotti da tanti anni di chiacchiere sulla democrazia dell’alternanza, sull’esigenza di stabilità dei governi, sui pregi del sistema bipolare. Chiaro e definitivo può considerarsi il giudizio non sospetto dell’onorevole Violante: nessuno dei governi di questi ultimi anni, fossero retti da Prodi o Berlusconi, ha concluso la legislatura con la maggioranza con cui l’ha iniziata.

Ne è derivato, però, nel dibattito politico un “inquinamento” che ha determinato la convinzione che la legge elettorale non è lo strumento per consentire ai cittadini, cioè al popolo sovrano, di determinare la politica nei cinque anni previsti per ciascuna legislatura, ma di garantire il mantenimento degli equilibri fra i partiti esistenti o peggio per garantire ai maggiori di assicurarsi l’emarginazione dei minori. Questa sostanziale disistima della volontà popolare sull’argomento è evidente anche nell’assenza dalle consultazioni in corso della proposta implicita nel quesito referendario sottoscritto da oltre un milione e mezzo di cittadini.

Più in generale, a conferma, si può citare la sostanziale indifferenza delle forze politiche che sostengono il governo, nei confronti degli esiti del referendum contro la privatizzazione dell’acqua, questo, invece, giunto al voto. Eppure la maggioranza favorevole al mantenimento dell’acqua, come bene comune da gestire dalle pubbliche istituzioni, è stata inequivocabilmente schiacciante. Non si tratta della voce di movimenti, che pure dovrebbe avere lo stesso ascolto di quella dei partiti, ma dell’espressione della volontà sovrana del popolo espressa in forme istituzionali alla pari con quella manifestata attraverso i suoi delegati in Parlamento.

Di questa realtà, se si escludono i tardivi “pentimenti” sui parlamentari nominati e non eletti, non sembra esserci traccia nelle dichiarazioni e nei progetti di legge elettorale in circolazione.
C’è di peggio il Pd per bocca di Bersani e di Violante – non Berlusconi o Bossi – ha dichiarato di essere contrario alla reintroduzione delle preferenze, perché possibile occasione di corruzione. Non si tratta di opposizione alla preferenza multipla che certo poteva essere occasione per la creazione di “cordata” di candidati, ma della preferenza unica.

Si privano i cittadini sovrani di un loro diritto di scelta perché i partiti inseriscono nelle loro liste candidati pronti ad usar metodi truffaldini per farsi eleggere? Che dire delle lotte per assicurarsi una candidatura in un collegio sicuro a cui da sempre ci hanno abituato i politici di professione? Di questa fonte di corruzione non si fa parola.

Non interessa in questa sede se la scelta dei collegi uninominali potrebbe evitare la compra vendita di voti, c’è da dubitarne se la scelta è affidata a dirigenti di partito sulla cui scarsa affidabilità le cronache recenti hanno gettato una luce ancor più sinistra che in passato.

Non voglio fare inciuci con nessuno, ma fare una cosa che la gente capisca, ha detto Bersani. Non pensa, però, che i cervellotici sistemi elettorali suggeriti dagli esperti del suo partito e l’avversione ad una proporzionale correttamente “sbarrata”, siano le prime cose che gli elettori – non la gente – non capiscono? Si dice che gli eletti, senza vincolo di coalizione, potrebbero tradire la volontà degli elettori che li hanno scelti sulla base di un programma, implicitamente ammettendo che i candidati al Parlamento sono tutti potenzialmente imbroglioni.
Forse non è così, si tratta solo di eletti senza vincolo di mandato, come vuole la Costituzione che in relazione all’esito delle elezioni, imprevedibile in precedenza, sono chiamati a fare scelte responsabili. O forse si vuole solo rendere prevedibile l’esito delle elezioni con accorgimenti contabili?

Se, invece, avesse ragione Bersani sulla inaffidabilità dei candidati, ancor più bisogna dare potere agli elettori capaci di creare quei conflitti d’interesse utili a produrre una sana dialettica, unica alternativa all’assenza di solidi convincimenti etici.

Altrettanto incomprensibile per i cittadini sovrani è la mancanza di una lotta aperta da parte del Pd contro il mantenimento del finanziamento attraverso il rimborso elettorale, che fa nascere partiti fasulli per ottenerlo. Del resto di cose incomprensibili il Pd ne sta facendo altre.

Il doveroso appoggio a Monti e al governo può essere esercitato in diversi modi. Si può pretendere che Mont si comporti come Cavour – al quale, sul Manifesto, ha paragonato una recente intervista pubblicata dopo averlo riconosciuto come esponente della vera destra storica – nel tenere in piedi un governo sostenuto da forze di destra e di sinistra.

Uomo di “destra”, ma con un progetto politico innovativo, nei momenti di tensione piegava la destra della sua maggioranza paventando l’avanzata della “sinistra”. Al contrario di quanto fa Monti che ricatta la sinistra evocando una bancarotta che, in verità, anche la destra, che conta, intende evitare piegandola a pagare prezzi più alti di quelli imposti dalle manovre di risanamento. Basti pensare all’acquiescenza nei confronti dell’indifferenza da parte del governo per l’appello al rispetto del voto referendario sottoscritto da trentasettemilaseicentosettanta cittadini consegnato al Senato dal Forum dell’acqua. Mentre, in barba a tutte le richieste di sospendere l’acquisto dei 15 F-35, ne sono già sono stati acquistati i primi tre e si sta progettando di dotare l’esercito di un nuovo semovente pesante dell’Esercito: un supercannone da 155 millimetri che si muoverà su ruote motrici.

Certo l’opposizione a queste spese improduttive non servirebbe a compensare l’impotenza del Pd ad impedire la manovre nelle nomine Rai e i colpi di mano alla Camera sulla responsabilità civile dei magistrati, ma almeno indicherebbe un segno d’inversione di tendenza mostrando attenzione ad obiettivi condivisi da una gran parte dei cittadini titolari della sovranità popolare, per di più potenziali elettori del partito.