La crepa nella diga dei diritti

Mario Braconi
www.altrenotizie.org

Quella che Tiziano Dal Farra ha scatenato contro Maurizio Paniz è una vera guerra personale. Tutto comincia nel 2004, quando il giovane sindaco di Longarone, Pierluigi de Cesero, sfratta dai locali comunali il Comitato per i Sopravvissuti del Vajont (Longarone è stato completamente distrutto dalla tragedia del Vajont del 9 ottobre 1963, costata 1.910 morti). Nella sbrigativa quanto perentoria missiva del 18 ottobre 2004, de Cesero spiega che i locali “concessi a titolo precario”, devono essere velocemente riconsegnati, in quanto necessari all’Amministrazione “per il raggiungimento delle sue finalità”.

A quel punto Dal Farra pubblica sull’area forum del sito dell’associazione quella che egli definisce una “immediata e argomentata reazione”; e da qui si dipana una vicenda giudiziaria che si trascina fino ai giorni nostri. Dal Farra viene dapprima denunciato per diffamazione da De Cesero, e successivamente da Gioachino Bratti, ex sindaco di Longarone.

Ad assistere entrambi i querelanti non é proprio un qualsiasi azzeccagarbugli di provincia. Maurizio Paniz, infatti, oltre a fare l’avvocato è un pezzo grosso di Forza Italia, eletto nel 2001, nel 2006 e nel 2008 nel collegio di Belluno sotto le insegne “liberali” del partito del Presidente d’Italia. Incrociare le armi con un legale come Paniz non è una sfida per cuori teneri: parlano da soli la corposa dichiarazione dei redditi (1,3 milioni di euro) e il suo curriculum parlamentare, tra cui spiccano gli incarichi di membro della Giunta per le Autorizzazioni a Procedere per due legislature (dal 2006 ad oggi) e quello di relatore della proposta di legge sul cosiddetto “processo breve”.

Non c’è da stupirsi se a carico del Dal Farra arrivi nel giro di qualche anno una condanna in primo grado per diffamazione, mentre, a dispetto delle due richieste di archiviazione, i processi a suo carico continuano con modalità kafkiane, coinvolgendo diverse procure italiane. Nel frattempo viene oscurato il suo sito www.vajont.org. Come ciliegina sulla torta, nel 2009 Dal Farra viene licenziato, a suo dire ingiustamente, ed intenta causa alla sua azienda per mobbing verticale.

Fin qui, sembra un classico caso di Davide contro Golia. Un Davide indisponibile ad autoemendarsi e certamente linguacciuto: uno dei difetti di Dal Farra è infatti quello di appioppare epiteti infamanti agli oggetti della sua vis polemica. Nondimeno va riconosciuto che la virulenza e la caparbietà con cui i suoi opponenti gli si sono scatenati contro é impressionante e probabilmente degna di miglior causa. In effetti, da una pur sommaria analisi delle (molte) recriminazioni online di Dal Farra, non si può evitare di riportare l’impressione che, al di là delle polemiche e del livello di veemenza verbale che esse possono assumere, egli sia divenuto vittima in quanto portavoce di fatti forse scomodi e certamente sgraditi ai potenti.

In ogni caso, quell’impunito (e testone) di Dal Farra, ha finito per combinarne una di troppo. Sul sito vajont.info, è comparso un titoletto urticante, che, citando la celebre frase del martire di mafia Peppino Impastato, adattata a contesto montanaro recita: “E se la mafia è una montagna di merda… i Paniz e gli Scilipoti sono Guide Alpine”. L’ennesima denuncia di Paniz ha dato luogo ad un provvedimento giudiziario monstre: Aldo Giancotti, GIP di Belluno, su richiesta della locale procura ha infatti disposto il “sequestro preventivo” dell’intero contenuto del sito www.vajont.info.

Ma non è tutto: il delirante provvedimento giudiziario obbliga tutti i 226 internet provider italiani ad “inibire ai rispettivi utenti l’accesso all’indirizzo web www.vajont.info ai relativi alias e ai nomi di dominio presenti e futuri, rinvianti al sito medesimo, all’indirizzo IP statico che al momento dell’esecuzione del sequestro risulta associato al predetto nome di dominio e ad ogni ulteriore indirizzo IP statico che sarà associato in futuro (interdizione alla risoluzione dell’indirizzo mediante DNS)”.

Per capire: se l’IP fosse un numero telefonico, il senso del provvedimento del GIP di Belluno è che Dal Farra potrà cambiare numero tutte le volte che vuole, ma la tutte le “società dei telefoni” dovranno far fallire il collegamento fintanto che il nome dell’abbonato sia il suo. Va da sé che questo tipo di provvedimenti “draconiani” denunciano una grossolana ignoranza dei meccanismi basilari della Rete.

Già il concetto di sequestro per materiale online appare abbastanza risibile. Per non parlare del fatto che qualsiasi sito oscurato in Italia è facilmente visibile accedendo ad un servizio (gratuito e facilmente accessibile da chiunque) di proxy, che consente di mascherare il paese da cui ci si sta collegando. E si può fare anche di meglio senza essere hacker.

La scelta della censura preventiva è sconvolgente dal punto di vista del merito e disastrosa sotto quello pratico e della tutela dei diritti civili. Innanzitutto, prima ancora che sia stato celebrato un processo, un dispositivo di questo genere dà immediatamente ragione al querelante: immaginiamo quali possano essere le conseguenze se un simile atteggiamento liberticida cominciasse a divenire moda giudiziaria in Italia.

Nessuno scriverebbe nulla di meno che commendevole su terzi (potenti) sul proprio blog, per timore di vederselo oscurato preventivamente. Si consideri anche il fatto che, nei rarissimi casi in cui l’oscuramento si debba necessariamente fare (ad esempio, quando siano in gioco i diritti di minori), normalmente la magistratura impone la rimozione del singolo elemento presumibilmente offensivo e non dell’intero sito, come invece è accaduto questa volta.

Sarebbe anche interessante capire quante risorse verranno bruciate per notificare a centinaia di provider italiani un provvedimento che ha come scopo non quello di tutelare la rispettabilità di due parlamentari italiani, quanto piuttosto la censura preventiva.

Infine, come rileva l’estensore del malauguratamente sgrammaticato comunicato Anonymous con il quale si è annunciato l’attacco di defacing a carico del sito dell’onorevole Paniz, da un punto di vista semantico, “l’uso del plurale in detta frase non si rifà alle persone ma a ciò che rappresentano, quindi come prima osservazione viene da chiedersi se non sia giusto che chi giudica lo scritto non sia tenuto alla conoscenza [sic] della lingua dello scrivente”.

Al di là delle numerose perle grammaticali di chi lo ha preparato, è certamente significativo che, come sostengono quelli di Anonymous, il primo intervento di censura di massa della magistratura italiana abbia ad oggetto un portale che, in modo più o meno accurato ed imparziale, si occupa di informazione e documentazione su una delle grandi tragedie d’Italia. Oggi è toccato alla prosa incandescente e ai tortuosi periodi di Dal Farra, domani potrebbe essere la volte del nostro blogger preferito, o perfino di un quotidiano – magari quello no, è raro infatti che vi si rinvenga qualcosa di veramente “scomodo”…

Dulcis in fundo, dal momento che l’IP su cui si appoggiava www.vajont.info è un IP virtuale, esso è condiviso dal altri 207 siti internet. Pertanto, chi ha bloccato il sito di Dal Farra ha prodotto un danno collaterale non indifferente, impedendo a migliaia di utenti italiani di accedere a siti online che nulla hanno a che vedere con le baruffe di Dal Farra e Paniz. Fulvio Sarzana, nel suo blog nota ad esempio che il sito jacklondon.com, dedicato alla vita e agli scritti dell’autore di Zanna Bianca, è rimasto vittima della lucida follia della giustizia italiana.

Per sua sfortuna, infatti, esso condivideva l’IP con quello acquistato dal reprobo bellunese. In ogni caso, sembra che Dal Farra l’abbia fatta franca un’altra volta: chi scrive ha potuto verificare l’identità tra i due IP (quello di Vajont.info e quello di jacklondon.com), e ha constatato che, contattandoli direttamente dal browser danno come risposta “Errore 403 – Forbidden”. Questo non ha però impedito di consultare i contenuti di www.vajont.info.

L’unico italiano gongolare oggi è l’onorevole Paniz, il quale a TMNews ha candidamente dimostrato quanto sia fervente la fede nelle Libertà che il suo partito dice di amare allo spasimo: “il mondo della rete è importante ma pericolosissimo, perché la notizia e quindi anche le diffamazioni fanno in tempo reale il giro del mondo [certo, con i giornali e la televisione è tutto molto più semplice ndr]. “Un controllo ci deve essere.

Quando i provider vengono invitati a non dare ingresso a determinati siti e per situazioni economiche continuano a farlo, un giudice fa benissimo a bloccarli”. Del resto, il GIP ha riconosciuto alla condotta dell’imputato Dal Farra l’aggravante “di aver commesso il fatto con un mezzo di pubblicità (rete telematica internet) e contro un pubblico ufficiale”. Per una volta, almeno, la destra e i giudici vanno d’amore e d’accordo. Quando si tratta di calpestare le libertà.