Le competenze del Presidente Napolitano

Anna Lami
www.megachipdue.info

“Non posso aderire a incontri in cui si discutano decisioni come quelle relative alla linea Torino-Lione: decisioni che non mi competono, che sono state via via assunte dalle istanze di governo responsabili e che hanno già formato oggetto, nel corso di parecchi anni, di molte discussioni e mediazioni”. Con queste parole il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, lo stesso che a detta di tanti osservatori internazionali ha oltrepassato il ruolo costituzionalmente assegnatogli per prendere direttamente in mano le redini della politica nazionale, rifiuta di incontrare gli amministratori valsusini (parliamo di amministratori comunali, gente eletta nelle liste di partiti “moderati”, al massimo fautori di critica civile e contestazione pacifica contro l’alta velocità, non certo “violenti”) e canta le lodi della Tav in un blindatissimo convegno torinese. Talmente blindato che a Turi Vaccaro, esponente di primo piano del movimento NO TAV, è stato notificato il foglio di via da Chiomonte dopo che lo stesso Turi si trovava a poca distanza dal luogo dove Napolitano ha fatto la sua apparizione mattutina.

Dunque, il Presidente non è competente a decidere sulla Tav eppure si schiera apertamente a favore di un’opera che è riuscita laddove tutti i retorici discorsi presidenziali in occasione del centocinquantesimo anno dall’unità d’Italia sono puntualmente falliti: ha creato reale coesione territoriale e sociale; nel nome dell’opposizione al mostro TAV, la Valle di Susa ha realizzato localmente un’unità popolare quasi perfetta e riscosso solidarietà dalla Valle d’Aosta alla Sicilia.

Non ci stupiamo però del comportamento di Napolitano. Dall’ interlocutore privilegiato di Obama, della cancelliera Merkel e del francese Sarkozy, già acceso sostenitore dell’intervento italiano nella guerra in Libia (nonostante la Costituzione che Napolitano dovrebbe garantire ripudi la guerra come risoluzione delle controversie internazionali), dall’uomo che ha controfirmato tutti i provvedimenti più discutibili del Governo Berlusconi, da chi alla tenera età di 87 anni ha deciso al posto degli italiani quale fosse il governo da insediare in ossequio ai desideri della BCE, non ci si poteva certo aspettare particolare sensibilità nei confronti delle istanze popolari.

Quello che casomai lascia perplessi, è la perenne aurea di sacralità e di intangibilità che permette al Presidente di agire impunemente. Si tratta di una patologia che colpisce in primis i media main stream: nessun editorialista dei principali quotidiani o nessun opinionista televisivo osa muovere qualche critica politica al Capo dello Stato. Davvero preoccupante.

È fatto oggetto di un coro di lodi ai nostri occhi incomprensibile, e si che la sua storia politica personale è non proprio coerente e irreprensibile: nel 1942 collaborava con la rivista “IX maggio” dei Giovani Universitari Fascisti scrivendo articoli a sostegno della guerra dell’Asse, tre anni dopo, a regime sconfitto, chiedeva la tessera del Partito Comunista. Nel 1956, quando i carri armati sovietici invadevano l’Ungheria, Napolitano dichiarava apertamente il proprio appoggio all’intervento dei carri armati sovietici, per poi pentirsene 50 anni dopo… chissà se tra qualche tempo si pentirà anche del suo appoggio alla guerra della Nato contro la Libia.

Riteniamo che iniziare a guardare con obiettività all’operato di Sua Altezza Reale il Presidente Napolitano sia una premessa importante per smettere di essere sudditi e tornare ad essere cittadini nel senso indicato dai valsusini, che poi è l’unico senso possibile: cittadino è colui che ha dei diritti ma anche dei doveri, tra cui quello principale che consiste nell’assumersi la responsabilità di contribuire a costruire una vera democrazia. Dove le decisioni siano prese rispettando la sovranità popolare e non gli interessi dei poteri forti.

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Me ne frego!

Marco Cedolin
http://ilcorrosivo.blogspot.com

Il Presidente (di sempre meno italiani) Giorgio Napolitano, dopo essere stato l’uomo chiave nell’ambito del golpe bancario che ha portato Mario Monti sullo scranno della presidenza del Consiglio, continua a collezionare senza alcun pudore figuracce di ogni sorta, muovendosi in giro per l’Italia scortato da un’armata di poliziotti grande come quella usata da Obama durante una visita in Afghanistan. Con la differenza che il Giorgio nazionale non si trova all’estero in paese occupato, bensì in patria (occupata pure quella), dove non è mai accaduto che un Presidente della Repubblica dovesse muoversi con l’ausilio di un esercito che lo protegga.

Dopo le pesanti (ma sempre troppo civili) contestazioni subite in Sardegna, Napolitano ha ritenuto giusto dare sfoggio del suo “eccentrico” senso della democrazia anche in Piemonte, dove venendo in visita a Torino si è categoricamente rifiutato di ricevere in visita una delegazione dei sindaci contrari al TAV Torino – Lioneche avevano domandato di poter conferire con lui, adducendo come scusa del suo gesto il fatto che le questioni tecniche (come il TAV) non sono affari di sua competenza.
Una scusa assolutamente priva di fondamento (oltre che di dignità), dal momento che la questione TAV che ha monopolizzato nelle ultime settimane le prime pagine dei giornali, travalica di gran lunga qualsivoglia dimensione tecnica, dopo avere assunto un carattere economi co e sociale di portata nazionale.

E’ singolare il fatto che un Presidente della Repubblica, garante della costituzione e deputato a rappresentare tutti gli italiani, pur non essendo stato eletto dai cittadini, rifiuti categoricamente il confronto con un gruppo di sindaci che intendono portare alla sua presenza le ragioni dei cittadini che li hanno eletti. E preferisca liquidare la questione pronunciando qualche slogan a pappagallo e trincerandosi dietro un “non mi compete”.

Se ascoltare l’opinione degli uomini dello stato, eletti per rappresentare i cittadini a livello locale (non di un manipolo di black blok) non sarebbe competenza del Presidente della Repubblica, è lecito domandarsi quali possano essere le reali competenze di Napolitano e se esse si limitino a nominare senatori a vita i banchieri di Goldman Sachs e presiedere ad inaugurazioni e festicciole assortite, dove pronunciare slogan buoni per la TV. Mobilitando nel corso dei propri spostamenti una “macchina da guerra” forte di migliaia di uomini, pagata dal popolo italiano al quale Napolitano e le banche continuano a domandare lacrime e sangue.

Per evitare di prendere sul capo qualche insulto e qualche pomodoro, non è necessario far pagare agli italiani il costo di un esercito, ogni volta che l’altissimo intende fare qualche spostamento.
Sarebbe sufficiente adempiere al proprio dovere, dimostrando di sapere perlomeno ascoltare quello che i cittadini hanno da dire. Parole pacate, per carità, magari portate dagli uomini politici che essi hanno votato per rappresentarli, magari nel momento che sua signoria trova più comodo, magari senza che la cosa gli porti via troppo del suo tempo prezioso.

Colui che rifiuta di ascoltare la voce del popolo e per tutta risposta mette fra sé ed i cittadini, blindati, scudi e manganelli, generalmente non viene definito presidente, ma in altra maniera. Una veste nella quale Napolitano in tutta evidenza dimostra di trovarsi completamente a proprio agio.
In Val di Susa nessun politico ha mai ritenuto doveroso dialogare con i cittadini, preferendo demandare il dialogo ai manganelli ed ai lacrimogeni. Salvo poi stigmatizzare con ipocrisia i cittadini stessi come violenti e facinorosi.

I lacrimogeni ed i manganelli sono interlocutori di poche parole, provate ad intavolare un discorso articolato e ve ne renderete conto ben presto, ragione per cui sarebbe gradito che Napolitano smettesse almeno di prodursi in filippiche aventi per oggetto lo stop alle violenze. Se la violenza lo disgusta davvero in profondità, provi a cambiare gli interlocutori, perché tutto quanto accade nel paese è di sua competenza e non dovrebbero esistere italiani figli di un dio minore ai quali sputare in faccia con sufficienza.