La riforma del lavoro? Ne parliamo con Napolitano

Anna Lami – Megachip

“Ci dispiace, ma per noi la questione è chiusa”. Così Mario Monti dopo una giornata di incontri per discutere della riforma del lavoro. Le consultazioni finali avranno luogo giovedì 22, ma il Premier, nel corso di una conferenza stampa, ha chiarito che “tutte le parti sociali acconsentono alle modifiche dell’articolo 18 che ha proposto il governo, ad eccezione della Cgil.”

Che i sindacati acconsentano o meno, comunque, per Monti poco cambia: è infatti sua intenzione mettere da parte la “cultura consociativa” (normalmente chiamata concertazione) per procedere unilateralmente. Al massimo, si può interloquire con il Presidente Napolitano per capire se sottoporre la riforma al Parlamento mediante una legge delega o se scegliere la via del decreto legge.

Intanto ieri Usb, Cobas, settori della Fiom, Orsa, oggi erano assieme sotto Montecitorio, per un presidio convocato dal Comitato No Debito, indetto perché oggi più che mai “dobbiamo fermarli”.

Giorgio Cremaschi, Presidente del Comitato centrale della Fiom e promotore del Comitato No Debito, sostiene che“abbiamo fatto di tutto perché non ci fosse la firma. Quello che sta predisponendo il governo, in ogni caso, è una distruzione delle libertà residue dei lavoratori. Si dice spesso che nel mondo del lavoro c’è l’apartheid, un apartheid che non c’è, ma se fosse diversamente ricordo che l’apartheid è stato abolito in Sudafrica quando è stato dato il diritto di voto ai neri , non è stato tolto ai bianchi. Noi ci stiamo battendo affinché il governo vada avanti da solo e cresca così il movimento di opposizione in questo paese. In questa prospettiva, sabato 31 marzo a Milano possiamo dare la prima vera risposta di massa a questo governo. Quel giorno infatti partirà il movimento di sfiducia del popolo italiano nei confronti del vero parlamento di questo paese, che non ha sede qui ma a Piazza Affari.”

La partenza della manifestazione, come sottolinea Cremaschi, avrà luogo dalla Bocconi, “la scuola dove Monti è stato Rettore: il centro culturale del liberismo, lo stesso liberismo che contraddistingue anche Marchionne. Infatti Sergio Marchionne e Mario Monti attuano lo stesso tipo di politiche: Marchionne senza vendere un’auto, anzi perdendo quote di mercato, è riuscito a far andar bene la Fiat in borsa, Monti sta facendo calare lo spread ma sta distruggendo l’economia reale del paese, con la complicità di Napolitano, che si dice non competente ad interloquire con in sindaci valsusini sulla Tav ma interviene nelle trattative sindacali.”

Franco Russo, del Forum Diritti Lavoro, afferma: “Se passa questa “riforma” il destino dei sindacati è quello su cui da tempo sono incamminate Cils e Uil, un sindacato di servizio, un sindacato degli enti bilaterali, che olia i meccanismi dell’impresa in modo tale che l’impresa possa fare profitti e garantirsi competitività a livello internazionale sulle spalle del lavoro. Con l’Usb e la Rete 28 Aprile stiamo delineando da mesi una concezione alternativa di sindacato che difenda i diritti del lavoro e non sia al servizio delle imprese, ma ponga le basi di un diverso modello di sviluppo a partire dalla grande conquista fatta con il referendum sull’acqua, contro le liberalizzazioni e le privatizzazioni. Occorre fermare il Governo Monti va che porta avanti politiche contro i diritti del lavoro per allargare la sfera del mercato e privatizzare i servizi pubblici.”

Per questo, “come Comitato No Debito, il 31 a Milano, abbiamo organizzato una manifestazione contro il governo Monti, contro il governo delle banche. Ci vogliamo concentrare su due luoghi simbolici quali sono la Bocconi, per arrivare quindi ad occupare Piazza Affari. I lavoratori, i giovani, le donne, i precari, i disoccupati devono scendere in piazza e generare forme di mobilitazioni permanenti. I padroni protetti dal governo e sostenuti anche dal Presidente della Repubblica, stanno portando avanti una politica che dice che al debito ed alle politiche di austerità non ci sono alternative. Invece le alternative vanno costruite a partire dalle lotte e dalle conquiste che anche in Italia sono state fatte, come quelle sui beni comuni.”

Fabrizio Tomaselli, dell’esecutivo nazionale Usb, dichiara che “la riforma del mercato del lavoro che vuole imporre Monti è in continuità con quanto è stato fatto negli ultimi anni. Uno scivolamento continuo, dagli accordi sulle pensioni a quelli del giugno scorso a quelli sull’art. 18 che in qualche modo si faranno, sono una vergogna che hanno fatto diventare il diritto del lavoro a poco più che diritto commerciale, le pensioni una rincorsa infinita, l’approccio al lavoro una precarietà continua. Ma noi non siamo di quest’idea.” Ma Tomaselli conclude fiducioso: “Crediamo ci siano le possibilità di creare alternative ed in quest’ultimo periodo ci sono state delle accelerazioni importanti: pensiamo al 31 con Occupyamo Piazza Affari, la prima vera manifestazione politica e sociale contro il governo Monti, per il cui successo stiamo lavorando con assemblee e manifestazioni.“

Per Simone Selmi, del Direttivo Fiom Pisa ed Rsu Piaggio, “il vero problema di oggi è quello di creare lavoro, non di creare strumenti per licenziare più facilmente. Almeno nella nostra azienda, la preoccupazione è molto forte, perché l’art. 18 è l’ultima tutela che abbiamo. Ieri in fabbrica per protestare abbiamo fatto uno sciopero spontaneo con l’adesione dell’80%. Spero di conseguenza che la segretaria della Cgil non acconsenta più ad alcuna intesa contro i lavoratori. Comunque, noi lavoriamo per creare una lotta continua.”

Gianni Rinaldini, coordinatore dell’area programmatica “La Cgil che vogliamo”, sostiene che : “allo stato attuale le proposte del governo sono irricevibili: intanto per quanto riguarda l’art. 18 per ovvie ragioni, perché non si può accedere all’idea in qualsiasi forma di libertà di licenziamento, ed anche per quanto riguarda le misure riferite agli ammortizzatori sociali ed alle forme di entrata nel lavoro perché non c’è una sostanziale riduzione dei rapporti precari nel nostro paese; inoltre gli ammortizzatori sociali sono del tutto insufficienti ed in alcuni casi addirittura punitivi rispetto ai lavoratori che sono dentro a percorsi concordati di pensionamento a fronte di casi di crisi aziendale e ristrutturazione aziendale.”