Quei bimbi mai visitati da un medico

Stefano Pasta
www.famigliacristiana.it

Presentato un drammatico rapporto del Naga. Nella sola Lombardia 40 mila tra rumeni e bulgari non hanno copertura sanitaria in Italia.

“In Lombardia stimiamo tra i 20 e i 40mila romeni e bulgari senza la copertura sanitaria minima”. È questo l’allarme lanciato dal rapporto “Comunitari senza copertura sanitaria” presentato dal Naga, un’associazione di oltre 300 volontari che dal 1987 garantisce assistenza legale e sanitaria gratuita a stranieri e rom di Milano, insieme alla Comunità di Sant’Angelo, al Centro Internazionale Helder Camara e alla Casa per la Pace. Si tratta di una questione poco dibattuta, ma nota da anni. Dal 2007, quando Romania e Bulgaria sono entrate nell’Unione Europea e i loro cittadini hanno acquisito la libertà di circolazione nel territorio europeo. I due paesi non hanno stipulato con l’Italia un accordo di reciprocità nel trattamento sanitario, come era avvenuto in occasione degli ingressi degli altri Paesi dell’Est. Così, romeni e bulgari hanno diritto all’assistenza sanitaria solo se in possesso di alcuni requisiti, ovvero se lavoratori regolari o se titolari di tessera TEAM (Tessera Europea di Assicurazione Malattia – la tessera rilasciata dal proprio paese di origine e che ha validità europea).

Non tutti i rumeni o bulgari presenti in Italia hanno però questa tessera, a causa delle gravi carenze del sistema sanitario nei loro paesi d’origine. Di conseguenza, gli immigrati neocomunitari, qualora siano disoccupati, lavorino in nero, o siano familiari a carico (coniugi e figli), sono esclusi dalle prestazioni mediche “essenziali e urgenti” che la legge garantisce anche agli extracomunitari irregolarmente presenti in Italia. Paradossalmente, i neocomunitari senza lavoro regolare hanno quindi meno diritti degli stranieri senza permesso di soggiorno. Emerge un dato grave. Tra romeni e bulgari, si colpiscono i più deboli: il diritto alla salute viene vincolato al reddito. Così è stato per Viorel, 37 anni, lavoratore in nero “a giornata” nei cantieri dell’edilizia milanese: ha un grave diabete mellito, ma non è mai stato seguito da un medico. Evidentemente, l’ingresso della Romania e della Bulgaria nell’Ue ha creato un caso non previsto dalla normativa italiana. Con il tempo, la gran parte delle regioni italiane ha risolto il problema, introducendo il codice ENI (Europei Non Iscritti) con la stessa funzione del codice STP per i migranti senza permesso di soggiorno: garantire “le cure essenziali e urgenti”.

La Regione Lombardia ha emanato una circolare che stabilisce che i cittadini comunitari hanno sì diritto alle prestazioni indicate dalla legge, ma non ha definito quale codice possa essere attribuito a questi pazienti. Il diritto alla salute rimane quindi solo sulla carta, segnato dalla casualità della risposta. Il comportamento è infatti estremamente variabile, a discrezione del singolo ospedale e, spesso, del singolo operatore. Un’eccezione positiva è invece l’ospedale Niguarda che, previa dichiarazione di indigenza, accetta di fissare appuntamenti ai comunitari senza copertura sanitaria. Due dati sono agghiaccianti: dei bambini incontrati dai volontari del Naga, il 41% non è mai stato visitato da un medico in vita loro e il 42% non è mai stato vaccinato. Spesso sono i bambini rom che abitano nelle baraccopoli abusive. Come Ion, 9 anni, 3^ elementare. Fino allo scorso anno, lui era uno dei pochi fortunati: suo padre Vasile aveva un lavoro regolare e quindi Ion era seguito da un pediatra di base per un problema di deficit di ormone della crescita. Nel 2011, Vasile è stato licenziato: la tessera sanitaria di Ion non è più stata rinnovata e il bambino ha perso il pediatra di base.

Il Naga ricorda l’articolo 32 della Costituzione italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. A partire da qui, il rapporto lancia un appello alla Regione Lombardia: “Tutti i cittadini romeni e bulgari abbiano accesso al medico di medicina generale; tutti i bambini abbiano diritto al pediatra di base; l’Asl di Milano si renda garante della piena assistenza della donne in gravidanza che si rivolgono ai consultori familiari; l’Asl di Milano sviluppi un programma finalizzato alla vaccinazione dei bambini romeni e bulgari; in ogni ospedale sia organizzato un presidio di riferimento per i neocomunitari senza copertura sanitaria”.