Liberi, creativi, pienamente “ecclesiali”. I gay credenti al II forum dei gruppi omosessuali italiani

Valerio Gigante
Adista n. 14/2012

Ancora dieci o quindici anni fa poteva accadere che i gruppi gay credenti si incontrassero in maniera semi-clandestina; che i nuovi arrivati venissero guardati con un misto di timore e sospetto; che le persone preferissero non dare il proprio nome e cognome o comparire con il proprio volto nei servizi giornalistici che cercavano di informare sulle poche realtà omosessuali presenti all’interno della Chiesa cattolica; che all’interno delle proprie comunità parrocchiali i gay scegliessero di dissimulare la propria identità sessuale. Poi, lentamente ma progressivamente, la situazione è cambiata e oggi, nelle realtà ecclesiali, il tema dell’omosessualità comincia a non essere più un tabù; i gruppi gay credenti sono aumentati di numero; hanno consolidato le loro attività; hanno allacciato rapporti con le parrocchie presenti sul territorio, in qualche caso anche con le diocesi.

Se a livello simbolico, si può affermare che la fase “catacombale” della vita dei gruppi cristiani omosessuali si sia definitivamente conclusa lo scorso anno, con il I Forum dei gruppi gay credenti svoltosi ad Albano Laziale nel 2010 (v. Adista n. 30/10), quest’anno, il II Forum, svoltosi 30 marzo al 1 aprile 2012 nello stesso luogo e presso la stessa struttura, quella dei padri somaschi, ha lanciato una fase nuova di impegno e presenza all’interno delle Chiese cristiane e di quella cattolica in particolare. Del resto, il tema scelto, un versetto della seconda Lettera ai Corinzi, parla chiaro: «Le cose vecchie sono passate: ecco ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17). E chiaro parlano anche i numeri presentati la mattina di sabato da Innocenzo Pontillo, curatore del portale “Gionata” (www.gionata.org), il progetto che da ormai alcuni anni coordina le attività dei gruppi sparsi sul territorio nazionale, presenta delle cifre indubbiamente incoraggianti (in parte già note ai lettori di Adista grazie ad una inchiesta pubblicata su queste pagine alcuni mesi fa, v. Adista n. 93/2011): sono i numeri del Rapporto 2012 sui gruppi cristiani omosessuali e il dialogo con le Chiesa, 15 domande rivolte alle realtà territoriali – una sorta di “censimento generale dei gruppi gay credenti in Italia” – che fotografano lo status quo per progettare il futuro e fornire a preti, operatori pastorali e organismi diocesani dati attendibili circa il livello di apertura, dialogo e collaborazione raggiunti dai vari gruppi di lesbiche, gay, bisex e trans (lgbt) credenti con l’istituzione ecclesiastica.

E il Rapporto, in questo senso, dice molto. Dice ad esempio che sono ormai 28 in tutta Italia le realtà presenti sul territorio nazionale, da Trento a Palermo, con oltre 500 aderenti (per la maggior parte uomini) ed un trend in costante crescita. Dati piuttosto sorprendenti, specie se confrontati con quelli della maggior parte delle altre realtà ecclesiali. Non è quindi un caso che siano ormai diverse le parrocchie e le diocesi (non necessariamente caratterizzate in senso progressista) a guardare con crescente interesse a questo fenomeno e a cercare un canale di dialogo, se non di aperta collaborazione con i gruppi dei credenti lgbt. Lontani i tempi in cui l’unica realtà cristiana ad ospitare e accompagnare il cammino delle realtà omosessuali cristiane era quella valdese, nella Chiesa questi gruppi, non più guardati con fastidio o semplicemente “tollerati” dalla Chiesa cattolica, sono oggi spesso (cioè in circa la metà dei casi) stabilmente ospitati in strutture religiose. Capita addirittura che la loro attività sia inserita all’interno della pastorale ordinaria di parrocchie e addirittura diocesi, come accade a Cremona e Parma. In ogni caso, ben 20 gruppi su 23 sono impegnati nel dialogo a vari livelli con l’istituzione religiosa, o intrattengono rapporti con l’associazionismo cattolico (soprattutto Noi Siamo Chiesa, Pax Christi e Azione Cattolica). Certo, restano le contraddizioni, emerse durante i lavori del forum.

«Dopo 17 anni passati in parrocchia, anche come animatrice dell’Azione Cattolica – dice Natasha del gruppo “Nuova Proposta” – quando ho dichiarato la mia omosessualità mi è stato detto che dovevo tacere il mio amore per la mia compagna, altrimenti avrei confuso i giovani». Gli stessi giovani che per anni la avevano avuta come educatrice, nell’apprezzamento generale. Natasha non ha accettato compromessi, ma ha vissuto per questo sulla sua pelle il senso di esclusione seguito alla sua scelta di coerenza e verità.

Qualcun altro ha sottolineato come sia contraddittorio e difficilmente sanabile (e quindi assai problematico per le scelte che i gay credenti dovranno conseguentemente assumere) l’atteggiamento della gerarchia ecclesiastica, che da una parte insiste a considerare peccaminosi gli atti omosessuali, dall’altra invita ad accogliere e rispettare le singole persone lgbt e ad ospitare le attività dei gruppi sul territorio. Anche perché, ha detto Gioacchino del gruppo “La Sorgente” – l’omosessualità non è solo sessualità o fisiologia».

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Al forum di Albano, il teologo Mancuso svela le “radici” del pregiudizio cristiano sui gay

Concretamente, i lavori del Forum di Albano si sono articolati attraverso due laboratori interpersonali per uomini e donne (il venerdì), due workshop di discussione tematici (il sabato), momenti di preghiera comunitaria, uno stand librario e un incontro-dibattito, svoltosi il sabato mattina, che è stato senz’altro il momento clou della tre giorni. A tenere un’ampia e appassionata relazione, come ampio ed appassionato è stato il dibattito che è seguito, era infatti Vito Mancuso, teologo, docente di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano, editorialista del quotidiano la Repubblica, autore di numerosi libri, tra cui Io e Dio, una guida dei perplessi (Garzanti, 2011). Era la prima volta che Mancuso si confrontava sul complesso tema dell’omosessualità. Ha confessato di aver inizialmente fatto alcune resistenze ad accettare l’invito degli organizzatori del Forum. Non per mancanza di attenzione verso l’argomento, ma per “difetto di competenza”. Poi, spinto dal desiderio di incontrare una realtà così vivace ed in fermento, ha deciso di accettare. E la sua è stata una relazione appassionata, non tanto e non solo per i contenuti, quanto per l’atteggiamento di disponibilità e di ascolto, di apertura e di condivisione che Mancuso ha mostrato, intrattenendosi a lungo a discutere i passaggi del suo intervento e rispondere alle domande ed alle sollecitazioni poste dall’assemblea. Ad ascoltarlo, anche padre Michele Grieco, superiore provinciale dei padri somaschi e responsabile della casa di Albano, che per la seconda volta hanno ospitato il Forum.

Mancuso è partito dall’analisi delle due obiezioni che spesso vengono mosse contro l’omosessualità dalla Chiesa cattolica: quella in nome della “natura” e quella in nome della Bibbia. «La prima è preminente in ambito cattolico. La seconda in ambito protestante».

Alla prima il teologo ha risposto partendo dal significato profondo del termine primavera e dalla sua connessione con il termine verità: «In latino primavera si dice ver, genitivo veris, ver/veris; è la medesima radice da cui viene l’aggettivo verus-vera-verum, da cui viene l’avverbio vere e il sostantivo veritas/veritatis. Questa stretta connessione primordiale tra verità e primavera fa comprendere che verità è ciò che fa fiorire la vita, ciò che consente alla vita di passare dal gelo dell’inverno al tepore primaverile da cui sorge la vita. Verità=vita, verità=logica della vita, verità=primavera». Per questa ragione, «la “legge naturale” non è tale nel senso di quella che i greci chiamavano nomos (norma), piuttosto nel senso di logos (logica). Perché il nomos è una legge che ti imprigiona, che ti incatena alla necessità naturale, il logos è una legge dinamica, che ti pone all’interno della processualità della vita e che ti trasforma, che fa scoppiare dentro di te la primavera, facendo cioè fiorire i legami, che sono la dimensione costitutiva dell’essere». Perché in definitiva, spiega Mancuso, «la vita non è solo bios, vita biologica; è soprattutto noùs, intelletto e spirito; e quindi libertà»: infatti, «se è vero che siamo “determinati” dalla nostra biologia, non lo siamo al punto tale da esserne anche “necessitati”». E poi, ha aggiunto «l’omosessualità c’è sempre stata e sempre ci sarà negli esseri viventi». «Esiste una fisiologia, ma esiste anche una variante rispetto a tale fisiologia». E non si può non tenerne conto.

Diverso il discorso per le basi bibliche della condanna dell’omosessualità. Mancuso cita diversi passi che condannano esplicitamente, e senza appello, la pratica omosessuale. Ne cita però anche altri che consentono la schiavitù (Lv 25,44), vietano di toccare una donna con le mestruazioni (Lv 15,19-24), considerano un abominio mangiare crostacei (Lv 11,10), dettano regole vincolanti per il taglio dei capelli (Lv 19,27), impediscono di piantare più specie di ortaggi nello stesso campo (Lv 19,19). Ma se per quelle contenute nell’Antico Testamento si può agevolmente concludere che si tratti di disposizioni superate dalla predicazione di Gesù, cosa dire – si chiede Mancuso – dei passi del Nuovo Testamento, specie quelli di s. Paolo, in cui inequivocabile resta la condanna della pratica omosessuale? «Il punto – spiega – è che occorre superare la lettera della Scrittura. È lo stesso San Paolo che dice: “La lettera uccide, ma lo Spirito vivifica” (2Cor 3,6) – e che questa lettera biblica abbia ucciso e purtroppo continui ad uccidere a volte non solo moralmente ma anche fisicamente è un dato di fatto. La Bibbia non “è” la parola di Dio, la Bibbia “contiene” la parola di Dio». Così, «nella misura in cui tu ti poni di fronte alla Scrittura e fai scaturire da questa Scrittura, da alcuni passi – non da tutti perché alcuni sono irrecuperabili – ma da alcuni passi fai fiorire questa logica/logos della vita che fiorisce e che vuole relazioni armoniose, che vuole l’amore, allora tu fai sì che dalla Scrittura scaturisca la parola di Dio, da intendersi come relazione, relazione armoniosa». (valerio gigante)


Prospettive teologiche sull’amore omosessuale e il suo esercizio mediante l‘affettività – Trascrizione dell’intervento del teologo Vito Mancuso (*.pdf)