Padre Ernesto Balducci: visioni di futuro di P.Bertezzolo

Paolo Bertezzolo, Gruppo per il Pluralismo e il Dialogo (Verona)
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Il 25 aprile del 1992 un incidente stradale poneva fine alla vita di Ernesto Balducci. A vent’anni di distanza, cosa ci rimane di lui? Nella Chiesa sembra essere stato dimenticato. Le sue idee, esposte in una quantità notevole di libri, articoli, saggi, conferenze, son quasi solo relegate nella cerchia di chi continua a studiarle. Ma Balducci non è affatto “superato”.

Laicità politica del credente

Le sue riflessioni, le sue speranze, e le sue stesse “visioni” del futuro, non appartengono ad una stagione irrimediabilmente passata. Anzi. Per dimostrarlo può bastare un piccolo, ma prezioso contributo che egli portò il 4 febbraio 1979 al “Gruppo per il pluralismo e il dialogo” di Verona. Ha per titolo La laicità nella prassi politica del credente ed è rimasto finora inedito. L’argomento appare di grande attualità. La laicità, infatti, costituisce ancora oggi un problema non risolto, non solo in Italia, nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa, e all’interno della stessa Chiesa cattolica.

Il tema dell’autonomia della sfera sociale e politica da quella religiosa e della libertà di coscienza nelle scelte temporali dei credenti, era stato affrontato e chiarito nel Concilio Vaticano II. Ma rimaneva molto “caldo”. Nel 1976, era iniziata l’esperienza della “Sinistra indipendente”, che aveva portato un gruppo significativo di cattolici ad essere eletti in Parlamento nelle file di partiti di sinistra, in particolare, del Partito Comunista Italiano. Ma ancora, da parte della gerarchia, di fatto si difendeva, con motivazioni varie, “l’unità politica dei cattolici” nella Dc.

L’induzione conoscitiva

Balducci, nella sua relazione, difende con chiarezza la possibilità che dall’unica fede scaturiscano opzioni politiche diverse. Le scelte temporali e, quindi, anche quelle politiche, non discendono infatti dalla fede, ma da una “induzione conoscitiva” della realtà che è una scelta laica: principio tuttora estremamente valido, di fronte agli integralismi religiosi e non, che emergono nella realtà di oggi. Ma è ancora più importante, per le posizioni che sostiene, il ragionamento con cui Balducci arriva ad esprimere quella posizione. Si tratta di un discorso serrato e coerente, condotto alla luce del Concilio Vaticano II. Questo ha modificato in radice i rapporti tra Chiesa e mondo, ristabilendo le finalità messianiche della Chiesa e facendone, pertanto, la responsabile in toto della storia e non solo dei valori dello spirito.

Alla luce del Concilio, quindi, risulta superata la concezione di “laicità” propria di Maritain, che pure ha avuto tanta importanza nell’epoca preconciliare. Quella concezione è infatti basata sulla distinzione tra ordine spirituale, affidato appunto alla Chiesa, e ordine temporale affidato ai laici. Questa “giustificazione” della laicità non è più sostenibile secondo Balducci. Infatti la distinzione tra temporale e spirituale non è fondata sulla Parola di Dio, ma è solo “ideologica”, in quanto prodotta dal dualismo tra materia e spirito proprio del cattolicesimo medievale, di cui il maritenismo costituisce l’ “aggiornamento” nell’epoca contemporanea.

Una Chiesa non clericale

Il Concilio, come si diceva, ha superato questo dualismo, facendo della Chiesa la responsabile dell’adempimento delle finalità messianiche della rivelazione, che non appartengono ad una dimensione solo “spirituale”. Esso inoltre ha abolito anche l’altro dualismo, quello tra gerarchia e fedeli, ricomponendo l’unità del popolo di Dio. A questo, nel suo insieme, è affidata la responsabilità di adempiere la consegna messianica che la Chiesa ha avuto. I ministeri ecclesiali hanno una loro specifica differenza, ma non danno vita nel loro insieme ad un ceto distinto nella Chiesa nella quale “tutti sono laici e tutti sono sacerdoti”. Balducci, in altri termini, propugna una “Chiesa non clericale”, intesa come segno e strumento del disegno di salvezza del mondo che Dio ha realizzato.

Il rapporto prioritario di Dio non è con la Chiesa, perché Dio ama il mondo direttamente e il suo disegno messianico di salvezza la trascende. La Chiesa deve leggere, annunciare e “significare” tale disegno. Essa non è il Regno, ma ne è segno e strumento. Come si legge al numero uno della Lumen Gentium, la “luce delle genti” non è la Chiesa, ma Cristo. Un altro dualismo, allora, va superato, ed è appunto quello tra la Chiesa e il mondo. La “Chiesa messianica” è parte del mondo. Se ne distingue perché è quella parte di esso che ha riconosciuto la Parola e l’ha accettata e che ha come compito specifico vivere il mistero pasquale nei suoi due momenti: quello della croce e quello della resurrezione. Entrambi sono assolutamente non-ideologici. Croce e resurrezione, infatti, non fondano, né giustificano, alcuna “visione del mondo”, compresa quella “cristiana”.

Il principio che struttura la coscienza

Questo punto è fondamentale per definire la laicità. Essa ha compiutamente valore soltanto nella “Chiesa messianica” che vive il mistero pasquale al di fuori da ogni integrismo. La realtà temporale, infatti, non va spiegata con la fede, ma iuxta propria principia, secondo i propri principi. Un fatto politico va giudicato secondo criteri politici, non col mistero pasquale. Questa distinzione valorizza la fede ed esalta la ragione umana. Valorizza la fede nel suo contenuto: che è l’adesione appunto al mistero pasquale – attuazione e promessa della salvezza del mondo operata da Dio –e non fondazione di un “progetto cristiano di società” o, anche, di una “filosofia cristiana”. Ma esalta pure la ragione. La grazia non sostituisce la natura, ma la presuppone. Così la fede: non distrugge la ragione, ma la presuppone. Bisogna pertanto diffidare dei “risvegli religiosi” che nascono da “malattie della ragione”.

Un cristiano messianico non gode mai di una religione che cresce sui fallimenti. Essa finisce con l’aggrapparsi all’idea di un “Dio tappabuchi”, cui si ricorre perché tutti gli altri argomenti non servono più. Anche tra fede e ragione, dunque, non c’è alcun dualismo. Quando si agisce nella realtà temporale il Vangelo è presente, come principio che struttura la coscienza del credente. Ma i contenuti con cui egli deve vivere la propria coscienza cristiana, dovrà determinarli secondo la ragione: come si diceva all’inizio, compiendo un’ “induzione conoscitiva”, da cui deriveranno le sue scelte operative, comprese quelle politiche. Esse saranno, quindi, con ogni evidenza, laiche. “La vera unità di noi credenti che ci riteniamo laici” conclude Balducci “avviene nella professione della fede attorno alla Parola di Dio e nella testimonianza che noi dobbiamo darne al cospetto degli uomini”. Nelle sue manifestazioni sociali, politiche, culturali, essa non può che essere plurale.