Rivi Rolando di B.Manni

Beppe Manni
Gazzetta di Modena, 22 aprile 2012

Povero piccolo e innocente Rolando da San Valentino di Reggio! Massacrato da un gruppo di briganti che si facevano chiamare partigiani in un burrascoso e tragico momento, negli ultimi sussulti della guerra tra tedeschi-fascisti e i partigiani.

Fa tenerezza e pietà. Ora se ne tesse un elogio esagerato proiettandolo agli onori degli altari. Era Rolando un piccolo contadini figlio di gente povera. Obbediente, devoto e pio. I buoni parroci sceglievano tra i chierichetti ‘i migliori’ coloro che dovevano diventare preti. Prima ancora di varcare il seminario gli mettevano la vestina nera, il colletto bianco e il cappello nero che lo definivano già come pretino, strappandolo dalla amicizia e dai giochi dei suoi compagni di paese: condizionando la sua libertà di scelta. Poi l’educazione rigida e pressante del sacro collegio: preghiera, purezza e ubbidienza; non era nel conto che da giovane potesse incontrare una ragazza e fare scelte diverse. Uscire di seminario era vergognoso. Tradivi le aspettative del parroco dei genitori e della gente del piccolo paese.

Poi la guerra e la chiusura del seminario minore di Marola. Rolando torna in famiglia e continua in parrocchia a fare le pie pratiche del seminario: messa, preghiera visita al santissimo, meditazione studio, sostenuto da don Olimpo suo parroco. “Togli quella veste” gli diceva suo padre “può essere pericoloso”. Ma lui amava esibire la sua divise di pretino. Suonava l’organo, organizzava le funzioni, voleva fare il missionario. Qualche volta aveva polemizzato duramente con i ‘nemici della religione’.

Poi due malnati assassini lo catturano e lo uccidono il 13 aprile del 1944. Ha appena 14 anni. E’ stato ucciso in odium fidei, per ‘odio verso la fede’, recita la causa di beatificazione iniziata il 14 aprile nella chiesa di S. Agostino a Modena. Nel processo non abbiamo sentito la voce degli uccisori. Ma chi odiavano? Gesù Cristo a sua volta massacrato da manigoldi o la veste che rappresentava una chiesa che nella sua maggioranza si era alleata con il ceto padronale, con il fascismo e predicava da secoli l’obbedienza e la sottomissione? E’ difficile dirlo. Fa tenerezza e un’immensa pietà la tortura e la morte del piccolo contadino di San Valentino.

Ci vorrebbe però più prudenza nel beatificare un Rolando ucciso da perfidi ‘comunisti’ e non don Elio Monari. Prete adulto, consapevolmente sceglie di vivere tra i partigiani perché ricercato dalla polizia tedesca per avere nascosto inglesi ed ebrei. Viene catturato mentre assiste e dà i conforti religiosi a un nemico tedesco, ferito, moribondo. Torturato e ucciso a Firenze dalla banda fascista Carità.

Chi viene ucciso da partigiani ‘comunisti’ merita di diventare santo, chi fa il partigiano no? Sono stati dieci i preti uccisi a Modena prima e dopo la liberazione: alcuni perché aiutavano i partigiani, altri per stupido anticlericalismo o perché erano ritenuti filofascisti e filotedeschi…Ci sono stati molti preti che per scelta politica o semplicemente per carità cristiana hanno accolto Ebrei, nascosto soldati di leva in fuga, aiutato il movimento di liberazione. I cattolici hanno collaborato in modo decisivo alla lotta di liberazione. Come ha lodevolmente ricordato Nostro Tempo il settimanale della diocesi di Modena.

Nel giorno della liberazione, dopo 67 anni, sarebbe tempo ormai di una riconciliazione nazionale senza strumentalizzazioni di parte. Sfortunata e immatura quella terra che ha sembra aver bisogno di fare santi i bambini per difendere un’ideologia di parte.

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FASCISMO E CHIESA
21 dicembre 2008

Il 2008 settantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali e del suicidio del modenese ebreo, Fortunato Formaggini, si chiude con una polemica. Fini qualche giorno fa, che ha ricordato la responsabilità nelle leggi razziali del 1938 non solo dei fascisti, ma anche della maggioranza degli italiani, compresa la chiesa.

L’abitudine di identificare la gerarchia ecclesiastica (papa e vescovi) con tutta la chiesa, cioè i cristiani, crea ambiguità e confusione. Quando il fascismo si impose in Italia e a Modena, la gerarchia cattolica vide di buon occhio un governo che “portava ordine”, combatteva il socialismo e prometteva privilegi. Il concordato del 1929 tra la Santa Sede e lo stato fascista, segnò il momento di maggiore fortuna di questa illusione. Che la chiesa, il papa e molti vescovi non abbiano detto quasi niente contro le leggi razziali è purtroppo un dato di fatto.

Sappiamo che Pio XI aveva ormai pronto un’enciclica contro il fascismo ma non fu mai pubblicata a causa della sua morte. Molti preti vengono fotografati mentre partecipano a feste insieme ai gerarchi fascisti. Altri preti però furono profondamente antifascisti, o “afascisti” come li chiama Luigi Paganelli nel suo libro “I Cattolici e l’azione cattolica a Modena durante il fascismo dal 1926 al 1945”. Ricordiamo don Zeno a Fossoli, don Bergonzini coi i suoi giovani al circolo Paradisino di Modena, don Bondi a Spilamberto, don Giuseppe Pistoni e molti altri che all’interno dei gruppi giovanili di Azione Cattolica, prepararono i ragazzi a partecipare alla resistenza e specialmente formarono uomini e coscienze pronti ad assumere responsabilità politiche dopo liberazione.

Le cose cambiarono radicalmente quando scoppiò la guerra le cui tragiche vicende misero a nudo il vero volto del nazi-fascismo. Non ci furono pronunciamenti e prese di parte ufficiali, ma specialmente dopo il 1943, molti preti si diedero da fare per accogliere i soldati sbandati, proteggere e nascondere gli ebrei. Molte canoniche della montagna e conventi divennero luoghi sicuri per i partigiani. L’amore per i perseguitati, il senso della giustizia e la responsabilità pastorale, avevano avuto il sopravvento sul senso di obbedienza alla gerarchia e al tradizionale atteggiamento della chiesa di andare d’accordo con tutti.

Molti preti pagarono la loro scelta. Don Elio Monari, don Natale Monicelli e don Giuseppe Donini, morirono per mano tedesca o fascista. Don Sante Bartolai e don Mario Crovetti furono deportati in Germania nei campi di concentramento. Don Arrigo Beccari, don Ivo Silingaridi, don Ennio Tardini e molti altri sacerdoti ricordati nella “Repubblica di Montefiorino” di Ermanno Gorrieri (cfr il capitolo XXIX “Il fascismo e i cattolici”) furono imprigionati e torturati. Don Zeno Saltini nel carpigiana fu perseguitato per il suo antifascismo, don Beccari aiutato dai preti del seminario e dalle famiglie di Nonantola,protesse e fece fuggire i 74 ragazzi ebrei di Villa Emma. Don Rocchi salvò un gruppo di aviatori inglesi. Madre Imelde Ranucci accolse nel suo convento di Palavano, ebrei e partigiani feriti. IL vescovo di Carpi Mons Della Zuanna salvò diversi partigiani che stavano per essere fucilati, interponendosi ‘fisicamente’ tra i fucili e i giovani condannati.

Più compromesso era stato il vescovo di Modena Mons Boccoleri chiamato addirittura il “Vescovo federale”. Aveva dimostrato la sua stima per il governo fascista per “la difesa della civiltà cristiana contro i senza-dio”. Ma egli stesso di fronte alla devastazione della guerra ebbe un ripensamento. Intervenne sempre meno alle cerimonie fasciste. E sono interessanti le parole che disse finita la guerra nei confronti di don Nino Monari aveva minacciato insieme a don Elio Monari di sospensione a divinis, per il loro impegno nella resistenza: “Avevate ragione voi. Anche i superiori possono sbagliare”.

Ancora oggi è difficoltoso dare un giudizio complessivo del rapporto tra chiesa e fascismo a Modena. Non si può negare che anche a Modena ci fu una adesione complessiva della gerarchia al fascismo. Ma molti cristiani già impegnati nel Partito Popolare e aderenti all’Azione Cattolica; molti sacerdoti dell’alto e basso clero, secolare e religioso, compresero ben presto la faccia nascosta del fascismo. La presa di coscienza culminò con l’entrata in guerra e dopo l’8 settembre del 1943 con la nascita della guerra partigiana.

Questi fermenti culturali espressero a Modena un “cristianesimo democratico” che diede i suoi frutti negli anni 50 e 60, in una grande fioritura di intellettuali, di politici e circoli culturali di livello nazionale.