UK: la farsa di Qatama

Mario Braconi
www.altrenotizie.org

Lo stato confusionale in cui versa il partito conservatore britannico è ben fotografato dalla condotta incredibile di uno dei suoi rappresentanti più in vista, la responsabile dell’Home Office Theresa May. La Signora May, che recentemente sta attirando l’attenzione dei media con la sua simpatia per le deportazioni o estradizioni (stranieri o britannici), incarna la difficoltà del partito conservatore ad accettare la legittimità di una istituzione come la Corte Europea dei Diritti Umani. E’ evidente infatti che l’anima euroscettica del partito di Cameron ritiene la questione della tutela dei diritti umani una faccenda superata.

Basta leggere quanto scrive sulla sua colonna sul Telegraph l’euro(!)deputato conservatore britannico Daniel Hannah, che dal suo comodo (e lautamente remunerato) scranno a Bruxelles fieramente sostiene la causa del “localismo” e del liberalismo (estremo) contro le perniciose “tendenze socialiste” dell’euro-burocrazia: “La Convenzione Europea [dei diritti umani] probabilmente un tempo poteva avere un senso: è stata infatti stesa dopo la seconda guerra mondiale, in un momento storico in cui vi era la comprensibile determinazione a garantire i diritti in stati che stavano emergendo dalla tirannide”. Segue una grottesca esemplificazione dei soggetti che hanno potuto avvantaggiarsi di quelle che ad Hannah sembrano solo assurde regole europee che turbano lo “splendido isolamento” dell’Isola: “terroristi della IRA, […], clandestini che si appellano regolarmente alla convenzione per evitare di essere deportati, incarcerati pagani che pretendono di poter utilizzare in carcere i rametti necessari ai loro rituali, o persone ristrette che desiderano accedere a trattamenti di stimolazione della fertilità.”

Se quanto sostiene Hannah (che si ritiene un “immigrato”, essendo nato in Perù) è una buona approssimazione della linea dei suoi colleghi di partito sui temi dei diritti umani e dei diritti in generale (che dovrebbero essere cari ad un partito di destra rispettabile), viene da domandarsi se esista ancora qualche incrostazione di liberalismo dalle parti dell’attuale partito conservatore britannico … Non si tratta solo del riflesso condizionato anti-europeista dei politici conservatori; a mandare in tilt Cameron e May qui c’è un caso specifico, con un nome ed un cognome: Abu Qatada al-Filistini, un palestinese con cittadinanza giordana.

Abu Qatada, il cui vero nome è Omar Othman, arriva nel Regno Unito con la sua famiglia nel 1993. Essendo vittima di persecuzioni religiose, nonché di episodi di tortura ad opera delle autorità giordane, Qatada chiede asilo politico. Nel 1994 gli viene riconosciuto lo status di rifugiato e consentito di rimanere a Londra, dove le sue credenziali di ulama salafita ti lo rendono una specie di star della predicazione estremistica islamica. Nel 2001 Qatada ha emanato delle direttive nelle quali giustificava gli attacchi suicidi contro i nemici dell’Islam: sembra provato che Qatada abbia fatto da “padre spirituale” ad alcuni terroristi islamici con larga esposizione mediatica (Richard Reid, il terrorista dalla scarpa esplosiva, e Zacarias Moussaoui, la “riserva” dell’equipaggio l’11 settembre 2001 trasformò New York nell’inferno), mentre nel corso di una perquisizione dell’abitazione dell’ulama sarebbero state rinvenute una notevole somma in contanti (oltre 170.000 sterline) ed una busta contenente poco meno di 1.000 sterline pronta per essere destinata ai “compagni mujahideen ceceni”.

La cosa curiosa è che le autorità giudiziarie britanniche non hanno ritenuto di muovere a Qatada accuse formali. Tuttavia, come ricorda Dominic Casciani, corrispondente della BBC per gli Interni, poco prima dell’approvazione dell’assai discutibile legge Anti-terrorism, Crime and Security Act 2001 (che introduceva la possibile detenzione a tempo indeterminato senza incriminazioni, né processo a carico di cittadini stranieri “sospettati” di terrorismo), Qatada sparisce. Viene rintracciato in una casa popolare a Londra Sud, arrestato ed incarcerato in una struttura di massima sicurezza.

Non appena la sua detenzione viene dichiarata illegale da un tribunale londinese, e Qatada confinato agli arresti domiciliari, arriva la richiesta di estradizione dalla Giordania, dove egli è stato dichiarato colpevole in contumacia di un attacco terroristico. Inizia così il lungo incubo di Cameron e May, decisi a tutto pur di liberarsi del fardello rappresentato dal predicatore estremista. A metà gennaio di quest’anno, una corte britannica ha stabilito che Qatada non poteva essere deportato in Giordania dal momento che questo atto costituirebbe una palese “negazione di giustizia”: in effetti nel processo che dovrebbe essere celebrato a suo carico nel paese mediorientale, verrebbero usate delle “prove” a suo carico estorte a suo tempo mediante tortura.

La farsa arriva al clou quando, lo scorso martedì, una eccitatissima Theresa May annuncia in Parlamento il nuovo arresto di Qatada e la riattivazione della sua pratica di deportazione in Giordania: i tempi tecnici consentiti a Qatada per fare un ulteriore appello alla Corte Europea dei Diritti Umani (tre mesi) sono scaduti senza azioni da parte del sospettato e quindi la signora May pensa bene di cantare vittoria. Ma il diavolo è nei dettagli, come si dice in Inghilterra: gli avvocati di Qatada presentano l’appello alle ore 23 del 17 aprile, ovvero un’ora prima della mezzanotte, proprio mentre, per colmo di sventura politica, Theresa May sta folleggiando ad un party un personaggio di una serie televisiva molto popolare.

La corte dà per regolarmente ricevuta la richiesta di appello, dal momento che ritiene che la scadenza effettiva sia da considerarsi la mezzanotte del 17 e non la mezzanotte del 16. Un pasticcio. Se solo May avesse aspettato un giorno in più, le cose forse sarebbero andate diversamente. Ora invece, fino a quando la Corte Europea non si sarà pronunciata, non solo è escluso che Qatada venga deportato in Giordania, ma è altamente probabile che la Corte Europea chieda alla Giustizia britannica di alleggerire le modalità di detenzione di Qatada, attualmente ospite di un carcere di massima sicurezza (ancora senza accuse e senza processo).

Che Theresa May sia un personaggio di un’incompetenza pericolosa è un fatto: basti pensare alla leggerezza con la quale ha firmato l’ordine di estradizione negli USA di Richard O’Dwyer, dove lo attendono l’incarcerazione preventiva e una possibile detenzione di oltre dieci anni: il tutto per aver costruito, nel Regno Unito, un sito che faceva da aggregatore di link dai quali si poteva scaricare gratuitamente materiale coperto da copyright. Ma nel caso Qatada non è escluso che vi sia sotto qualcosa d’altro.

In effetti, come osserva giustamente Richard Norton-Taylor sul Guardian, è quantomeno curioso che il governo inglese si opponga in modo così strenuo alla celebrazione di un processo a Qatada in Gran Bretagna. In fondo, grazie alle leggi “per la sicurezza” varate dal 2001 e in poi, la predicazione violenta dell’ulama sarebbe già sufficiente per configurare la commissione di un reato. E non si può dire che Qatama abbia tenuto per sé le sue idee incendiarie: con giornalisti e giudici a più riprese si è espresso a favore della violenza contro i civili in un contesto di “guerra santa”. Norton-Taylor suggerisce a mezza bocca che lo MI5 si starebbe adoperando in tutti i modi per evitare un processo per timore che in un procedimento legale possa venire fuori qualcosa di poco gradevole: nel lontano 2001, infatti, si è parlato di un possibile reclutamento di Qatama da parte dei servizi segreti.

Effettivamente i tempi e modi della sparizione del predicatore (proprio nel momento in cui sarebbe stato incastrato) da una nuova legge fanno pensare: così come interessante appare il fatto che entrambi i terroristi che sembrerebbe siano entrati in contatto con il palestinese siano stati poi arrestati. Con un po’ di malizia, si potrebbe ipotizzare che Qatama sia stato sfruttato finché utile e che adesso “qualcuno” abbia deciso che sia giunto il momento di abbandonarlo al suo destino. E che però questo qualcuno non abbia tenuto nella corretta considerazione la scarsa voglia di Qatama di farsi una vacanza in qualche prigione giordana.