Scheda introduttiva al laboratorio “Confrontarsi con le paure . Prassi di liberazione nel mondo in trasformazione”

a cura della CdB di San Paolo (Roma)

Quando il gruppo si è riunito per preparare il laboratorio, abbiamo deciso di partire dalle nostre esperienze, dalle “paure” che ciascuno/a di noi conosceva meglio e che ci interpellavano. Come parlare delle paure se prima non impariamo a conoscerle (o riconoscerle in noi stessi/e) e poi a condividerle?

Abbiamo quindi provato a suddividere le paure in tipologie, dalle più personali e di carattere psicologico a quelle collettive o comunque di carattere sociale e religioso.

Con questo metodo, partendo da brani letterari che toccano il tema delle paure o danno spunti per superarle (“prassi di liberazione”), abbiamo pensato di organizzare il laboratorio.

Nella seconda parte cercheremo di mettere insieme le nostre riflessioni in una scrittura collettiva che leghi le diverse paure, ben consapevoli che ognuna delle paure messe in campo ha un aspetto positivo e uno negativo. Quando ci si chiude in se stessi la paura ha solo connotazioni negative, quanto invece si impara a conoscerla (e a ri-conoscerla), a dirla e a condividerla, diventa positiva perché apre a qualcosa d’altro.

Abbiamo individuato per ora queste tipologie di paure:

1) Paura del diverso da noi (anche del diverso che è in noi – parti sconosciute di noi stessi), degli immigrati, dei sofferenti psichici, ecc. Molte di queste paure sono indotte dalla TV, specialmente per chi è più schiavo di questo mezzo di comunicazione.

2) Paura del mondo che cambia: nuove tecnologie in velocissima trasformazione cui non riusciamo a tenere dietro, per le quali ci sentiamo inadeguati. Cambiamenti nel mondo del lavoro.

3) Paura di perdere i propri riferimenti religiosi, che possiamo dividere in : paura di tornare indietro (movimenti troppo tiepidi all’interno della Chiesa, paura delle donne di perdere le conquiste raggiunte) e, al contrario, paura delle innovazioni nella teologia e nella prassi (es. nuove ricerche su Dio/Dea/Divino, nuove modalità dei giovani nel rapportarsi ai riti). Da qui difficoltà a vivere in un “vuoto” di riferimenti rispetto al concetto di Dio, della creazione, della resurrezione, ecc.

4) paura di perdere la propria identità politica rispetto a cambiamenti destabilizzanti.

5) Paure indotte dal potere ecclesiastico (parole minacciose, invettive, scomuniche).

5) Paura di mostrare le proprie fragilità nei rapporti di amicizia o sociali, come pure nel lavoro (già parlato di inadeguatezza, ma anche paura di mostrare la propria bravura, paura/rifiuto della competizione, forse paura di assumersi responsabilità) e di metterle in comune, il che sarebbe più costruttivo e liberatorio del noi/loro.

6) Paura della crisi politica ed economica, paura che non si trovino soluzioni sociali e politiche nuove. Pericolo che la paura si trasformi in rabbia (atteggiamento pre-politico) .

7) Paura delle persone che vivono in contesti mafiosi.

8) Paura della solitudine, spesso legata alla vecchiaia: solitudine reale e solitudine percepita (sentirsi isolati in mezzo ad altre persone), il sentirsi soli/e ciascuno/a nella propria diversità (orientamenti sessuali). La paura di essere abbandonati è un sentimento che attraversa tutte le età, ma riguarda soprattutto i bambini e gli anziani;

9) Paura della malattia. Riguardo alla malattia c’è la preoccupazione delle sofferenze fisiche o delle analisi invasive, ma quello che preoccupa maggiormente è di non essere più autosufficienti, specialmente per quanto riguarda la capacità di relazione.

10) Paura della propria morte (delle fasi terminali prima della morte) e soprattutto di quella di altre persone, parenti o amici, per le quali proviamo varie gradazioni di affetto.

11) Paura dell’ignoto, sgomento di fronte all’immensamente grande (l’Infino di Leopardi: “onde per poco il cor non si spaura”); paura di “volare”.

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ALLEGATI

1- Scheda storico-biblica

Tutti i “tipi” di paura, a ben vedere, sono specificazioni, elaborate dalla mente umana nel corso della sua evoluzione e della sua storia, di alcune esigenze primordiali (vivere, riprodursi, socializzare) con il connesso timore degli ostacoli che si possono frapporre alla loro realizzazione (altri individui o gruppi umani concorrenti; incapacità di essere “utili” al gruppo d’appartenenza; aggressioni di animali predatori; forze della natura ostili o mancanza di cibo, ecc.).

Un esempio (tra i tanti, ma con proprie specificità) dell’elaborazione di “norme di sicurezza” per esorcizzare, socializzare e contrastare le paure, la possiamo trovare nelle cosiddette sacre scritture ebraiche e cristiane.

Nelle scritture ebraiche si parla di un patto con Dio che, se rispettato, promette benessere, ma se violato comporta rovina personale e distruzione collettiva. Le condizioni di tale patto sono fatte risalire direttamente a Dio che le ha rivelate a un suo intermediario (Mosé) e si concretizzano in una serie di norme (la Torah). Una casta di specialisti, anch’essa individuata e legittimata da Dio, si occupa di interpretarle e farle rispettare con la forza (dal “Re”, comunque subordinato al sacerdote).

Alcune di queste leggi presentano aspetti peculiari legati alla storia del popolo e sono molto positive (per es. la preferenza per una faticosa e incerta libertà rispetto al benessere accompagnato dalla schiavitù; la solidarietà ed eguaglianza tra i membri delle tribù; il rispetto per lo straniero in ricordo della loro esperienza di stranieri in Egitto, ecc., cfr Libro dell’Esodo); altre sono molto violente: moltissimi i casi di condanna a morte a scopo evidentemente deterrente. Numerose sono poi nella Torah le norme di carattere cultuale e dirette a placare Dio delle offese a lui recate o ad acquistarne la benevolenza. Già i profeti hanno tentato di ridimensionare il legalismo derivante da questo impianto sociale e di sottolineare le ragioni fondanti della solidarietà, che deve sgorgare dal cuore piuttosto che essere frutto di formale osservanza di leggi o di paura.

Un grosso passo avanti in questo senso si percepisce tuttavia nell’insegnamento, di vita prima che di dottrina, di Gesù di Nazareth. Ancora ai suoi tempi Giovanni il Battista induceva a pentirsi e a battezzarsi in previsione di un terribile e prossimo giorno del giudizio. Gesù, al contrario, annuncia un regno di Dio di misericordia e di liberazione che renderà giustizia, già qui, sulla terra, a chi giustizia non ha mai avuto, indipendentemente dalla sua adesione formale alle norme del culto.

Questo regno è già qui, “tra voi “ ( Mt 12, 28) ed è quindi affidato alla responsabilità degli esseri umani (in attesa di un suo completamento futuro con un imprecisato intervento divino). Quella indicata da Gesù è una via che razionalizza le paure mostrandole come in gran parte generate da comportamenti egoistici, e indica una strada prevalentemente umana nel superarle Essa è ben riassunta in un passo della I lettera di Giovanni (4,18): “Nell’amore non c’è timore; al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore”. Questa intuizione, purtroppo, non si è sviluppata linearmente. Parallelamente alla diffusione del cristianesimo tra le masse sono riemersi infatti gli antichi bisogni di assicurazioni alienanti (clericalismo, atti cultuali, sottomissione gerarchica, minaccia di pene eterne, ecc.). Ma l’insegnamento di Gesù, quando è recuperato, è tuttora una grande e attuale occasione di riflessione sulla paura, sulle sue origini e manifestazioni e sulle vie per superarla.

Se il timore di Dio, e poi la coscienza morale (vedi Kant e l’illuminismo) spingono le persone a rispettare le leggi, queste sono a loro volta necessarie in qualunque ordinata società, per tranquillizzare, per acquietare le paure, (contro i prepotenti, contro il caos sociale…) e per segnare i limiti delle rispettive libertà.

Passare “attraverso” la paura, il buio, il sacrificio, per giungere alla “salvezza” non è esclusivo della religiosità giudaico-cristiana. Ecco un esempio tratto dalla religiosità pagana.
Iniziazione ai misteri di Iside. Brani da “Le metamorfosi” di Apuleio:

– …Il giorno in cui uno doveva essere iniziato veniva sempre fissato su indicazione della Dea, la quale, nella sua provvidenza, sceglieva anche il sacerdote che doveva officiare e stabiliva l’ammontare delle spese per la cerimonia (…) Le porte dell’inferno e gli strumenti della salvezza sono in mano della dea e la stessa iniziazione viene celebrata come una morte volontaria e una salvezza temporanea (…) La dea con la sua provvidenza in certo qual modo li fa rinascere e li rimette sulle vie della vita.” Tratto da “Le religioni dei misteri”, cit., pagg. 238 e 239.