Scheda introduttiva al laboratorio “Quali speranze per un futuro alternativo: nuovi protagonismi”

a cura della Comunità cristiana di base del Cassano (Napoli)

La grande crisi – del capitalismo finanziario prima e del sistema produttivo poi – che da quasi cinque anni ha investito il mondo occidentale, con il rischio di trascinare e coinvolgere nella stessa l’intera economia globale, vede una gestione dei centri di potere dominanti e delle classi dirigenti politiche tesa ad uscirne
– con una drastica riduzione dei diritti sociali e del lavoro, conquistati con dure lotte dal movimento operaio e dalle forze democratiche progressiste nella seconda metà del novecento;
– con un ‘enorme estensione delle aree sociali di impoverimento fino ad interessare gran parte dello stesso ceto medio;
– con un ‘ulteriore restrizione delle speranze di futuro delle giovani generazioni, in rapporto a scelte politiche ed economiche sostanzialmente recessive;
– con un accresciuto dominio sulle classi subalterne.

Una gestione, invece, che non interviene assolutamente su alcune delle cause di fondo e strutturali che hanno generato la crisi:
– un capitalismo finanziario senza regole;
– l’attuale modello di produzione e di consumo;
– il degrado del diritto del lavoro nel sistema produttivo;
– la scandalosa accentuazione delle disuguaglianze sociali e di reddito;
– la distruzione selvaggia delle risorse naturali e degli equilibri ambientali.
Sono i mercati finanziari e non i diritti delle persone e della natura la rotta e l’orizzonte di tale gestione.

Stanno sotto gli occhi di tutti gli effetti sociali devastanti e gli enormi costi umani che questa gestione sta producendo: aumento della povertà, perdita del lavoro per centinaia di migliaia di lavoratori, chiusura di aziende, disperazione di tante persone, fino al suicidio, prevalenza in tanti casi della logica del si salvi chi può con profonde divisioni e lacerazioni nello stesso tessuto sociale e civile.

Ma dentro la crisi emergono anche, non sempre fragili ed occasionali, anzi con sempre più forza e continuità, segni di resistenza, ma soprattutto di proposta e di azione che individuano e, a volte, prefigurano un futuro alternativo.
Espressione di questi segni di speranza sono i nuovi protagonismi sociali e culturali, le tante realtà di movimento – certamente favorite nella loro diffusione dall’enorme sviluppo della comunicazione web – che in questi anni di crisi sono entrati prepotentemente sulla scena sociale e nello spazio pubblico.

E’ dall’interno di queste realtà di movimento che è stata promossa una azione libera ed autonoma
in grado di incidere radicalmente sulla legislazione nazionale (referendum sull’acqua pubblica e contro le centrali nucleari) e che si è riusciti a sostenere cambiamenti importanti nella direzione di alcuni governi locali(vedi i casi di Milano, Napoli, Cagliari, ecc.), superando i tradizionali blocchi politici egemonizzati dai partiti, misurandosi direttamente sui terreni tradizionalmente ostici della produzione normativa e della gestione amministrativa. Tutto il contrario, quindi, di una supposta posizione antipolitica. Anzi è di questi giorni il lancio da parte di alcuni settori di movimento di un manifesto per la costruzione di un nuovo soggetto politico.

SPUNTI DI RIFLESSIONE

– Non è eccessivo il giudizio tutto positivo sulla natura dei movimenti di questa fase storica? Non vi è qualche realtà di movimento che esprime corporativamente una mera difesa dell’esistente senza una più attenta valutazione dell’interesse generale?
– Vi è o no un movimentismo ed anche una buona parte di opinione pubblica che tendono alla totale delegittimazione dei partiti? Che ne è di una democrazia senza partiti? Che succede quando un movimento si trasforma in soggetto politico?
– I risultati che stanno dando le esperienze innovative di governo locale sono pari alle attese e alle speranze suscitate?

E’ dall’interno di questa realtà di movimento che, con il supporto di importanti forze intellettuali, sono maturate idee come quella dei beni comuni, andando oltre la tradizionale contrapposizione pubblico/privato; o come quella della democrazia partecipata, come forma di democrazia più ricca della democrazia rappresentativa, ovviamente da integrare e non certamente da cancellare. Una concezione più ricca di democrazia che incrocia e abbraccia naturalmente la sacrosanta lotta delle punte più avanzate del movimento sindacale per una piena democrazia e dignità dei lavoratori, come persone, e dei lavoratori organizzati collettivamente nei luoghi di lavoro, contrastando le tendenze discriminatorie e antidemocratiche che dalla Fiat rischiano di estendersi a tutto il mondo del lavoro.

SPUNTI DI RIFLESSIONE

– A proposito di beni comuni, non si sta correndo il rischio di una eccessiva estensione del concetto, fino a comprendere con questa espressione tutto ciò che è “pubblico”?
– Al di là delle buone intenzioni, vi sono, allo stato, concrete esperienze di gestione partecipata dei cittadini, per esempio, del primario bene comune che è l’acqua?

E’ dall’interno di questa realtà di movimento che si stanno sperimentando varie ed originali forme di lotta per contrastare una globalizzazione dominata dal capitalismo finanziario. Un capitalismo più subdolo, multiforme e quasi invisibile, che viaggia via web con milioni di flussi finanziari al minuto. Un capitalismo difficile da snidare, che mette in difficoltà le tradizionali lotte del novecento, soprattutto del movimento sindacale, che si erano confrontate con le politiche degli stati nazione e contro il capitalismo produttivo (le fabbriche, le aziende, ecc.): realtà vicine e visibili.
Il sociologo Luciano Gallino afferma che: “il finanzcapitalismo è una mega macchina, che è stata sviluppata nel corso degli ultimi anni, allo scopo di massimizzare e accumulare sotto forma di capitale e insieme di potere il valore estraibile sia dal maggior numero di esseri umani che dagli eco-sistemi”. Aggiunge Alex Zanotelli: “estrarre valore è la parola chiave del finanzcapitalismo, che si contrappone al produrre valore del capitalismo industriale, che abbiamo conosciuto nel dopoguerra. E’ un cambiamento radicale del Sistema. Il cuore del nuovo Sistema è il Denaro che produce Denaro e poi ancora Denaro. Un Sistema basato sull’azzardo morale, sulla irresponsabilità del capitale, sul debito che genera debito”.
Le strade che i nuovi movimenti stanno percorrendo hanno portato, in questi anni, ad una serie di manifestazioni contro i vari summit dei G8, del FMI, della BCE, espressioni della globalizzazione neoliberista; a presidi di massa e occupazioni nei confronti dei simboli del capitalismo finanziario: Wall Street, le borse, le banche, ecc. Ma anche assumendo prime proposte di contrasto concreto come per esempio la Tobin-Tax, la tassazione sulle transazioni finanziarie. Occorre approfondire questi percorsi, individuare i centri di potere reale, metterli sotto il controllo democratico di massa attraverso un’azione convergente se non unitaria tra nuovi movimenti e il movimento dei lavoratori, ridare forza effettiva agli organismi nazionali ed internazionali rappresentativi della democrazia politica.

SPUNTI DI RIFLESSIONE

– Sono proprio valide le manifestazioni puramente di protesta davanti ai simboli del capitalismo finanziario (banche, borse, ecc.), magari anche con danneggiamento delle sedi? Non sarebbe meglio cimentarsi di più su proposte concrete che ne limitino il potere e ne regolino gli interventi?

E’ dall’interno di questa realtà di movimento che si sono poste con più forza, insieme alla centralità dei diritti delle persone, le questioni relative alla corrispondente centralità dei diritti della natura e dell’ambiente nella scelta dei modelli di produzione e di consumo.
Ha detto Leonardo Boff: “dobbiamo andare nella direzione di un’etica differente. Quella della ottimizzazione. Essa si fonda su una concezione sistemica della natura e della vita”. L’idea quindi di una politica che abbia un orizzonte lungo e non di corto respiro, alla ricerca unicamente del consenso delle generazioni contemporanee, degli elettorati locali, o addirittura delle lobbies corporative, ma che proietti le scelte nei tempi delle future generazioni, tenendo conto della potenza distruttrice delle moderne tecnologie, capaci di mettere in moto processi irreversibili. E’ su questa base che in talune aree del movimento le analisi sulla “decrescita felice” e sulla pratica di rigorosi e sobri stili di vita sono prese in seria considerazione.

SPUNTI DI RIFLESSIONE

-A proposito di “decrescita felice”, Latouche in un’intervista ha sostenuto che “l’unica società dell’abbondanza della storia umana è stata quella del paleolitico, perché gli uomini avevano pochi bisogni e potevano soddisfare tutte le loro necessità con solo due o tre ore di attività al giorno. Il resto era dedicato al gioco, alla festa, allo stare insieme”. A parte l’ingenua visione idilliaca di una realtà spesso dura e feroce, elevare a modello la limitatezza dei bisogni, non tenendo conto dello sviluppo di civiltà dell’umanità e dei nuovi e più complessi bisogni che ha prodotto, non nasconde la natura, forse, regressiva della teoria della “decrescita”?

Espressione di questi segni di speranza sono le tante realtà di piccoli gruppi, associazioni, comunità, reti territoriali che sperimentano e testimoniano sul campo e nella loro concreta realtà quotidiana alcuni obiettivi alternativi, non affidandoli unicamente alla rivendicazione politica. Praticare l’obiettivo, come si diceva una volta. Sono le esperienze del commercio equo e solidale, dei gruppi di acquisto solidale, del credito etico, dell’agricoltura biologica, del lavoro cooperativo nella economia di vicinanza e solidarietà, della raccolta differenziata e dei rifiuti zero, dell’utilizzo di energie rinnovabili e del risparmio energetico, di forme autogestite di trasporto collettivo, di promozione degli spazi pubblici nei quartieri e nelle città, di assistenza e accoglienza degli stranieri e dei soggetti più fragili e deboli.
Forse sono proprio questi i terreni su cui maggiormente dovrebbero cimentarsi i cittadini consapevoli di ispirazione cristiana perché dal Vangelo hanno ricevuto l’indicazione non solo di aspirare ad un mondo di giustizia – individuando però laicamente nelle forme proprie della politica tutti gli obiettivi e gli strumenti necessari a realizzarlo – ma di testimoniarlo già ora nella vita personale e comunitaria di ogni giorno.

SPUNTI DI RIFLESSIONE

-A parte il rischio, insito in questa tesi, di una specificità del cristiano nelle dinamiche del cambiamento economico e sociale, restando però a livello di sollecitazione e assunzione di pratiche che, comunque, hanno in sé forti contenuti valoriali di solidarietà umana e di impegno civile, in direzione di un’economia della sobrietà e della relazione che ruolo sta giocando la Chiesa, in grande, e che ruolo stiamo svolgendo noi comunità di base, in piccolo?