Semi germogliati di buone pratiche ecclesiali ed ecologiche: Comunità di base a convegno

Valerio Gigante
Adista n. 18/2012

Concilio, giovani, impegno. Questi, in rigoroso ordine alfabetico, i temi al centro del XXXIII Incontro Nazionale delle Comunità Cristiane di Base, svoltosi a Napoli dal 28 al 30 aprile

Sui giovani, sulla loro “assenza” dalla ribalta ecclesiale e politica, sui loro linguaggi e pratiche così distanti da quelli delle generazioni precedenti si sono soffermati in molti, durante la prima, ma anche nelle successive giornate di lavoro. Non che i “giovani”, nell’accezione ormai largamente estensiva che del termine si fa in Italia, non ci fossero a Napoli. Si tratta però soprattutto dei figli di coloro che, negli anni ’70 ed ’80, cominciarono a frequentare gli incontri delle CdB ed a partecipare alle loro iniziative. Una “seconda generazione” che non ha ancora trovato modo di attecchire in aree diverse da quelle “tradizionali” del cristianesimo di base.

Del resto, come ha sottolineato Marinella Perroni, presidente del Coordinamento Teologhe Italiane, nel suo intervento di apertura dell’usuale spazio del “conversando con” (quest’anno sul tema: “Quali speranze per un futuro alternativo”) – durante il quale le CdB si confrontano con esponenti del mondo politico ed ecclesiale – i giovani hanno tutto il diritto di avere schemi, linguaggi, modalità di relazionarsi in senso politico ed ecclesiale diversi da chi li ha preceduti. E nemmeno, ha precisato Perroni, si può pretendere che chi giovane non lo è più possa o riesca ad entrare in sintonia con questo modo di essere, che è necessariamente “figlio dei tempi”.

E qui la questione dei giovani si lega a quella del Concilio. Perché, come ha spiegato la presidente delle teologhe italiane, «chi come me ha vissuto una intensa stagione di speranza, tensione, rinnovamento» ha acquisito, attraverso quella esperienza, non solo una particolare visione del mondo e della Chiesa, ma anche un lessico, una grammatica di base per declinare il proprio modo di essere e partecipare alla vita collettiva». E non è affatto detto che possa essere compreso e condiviso da chi viene da esperienze e contesti completamente diversi.

Il dramma del “Concilio tradito” è anche in questa incomunicabilità, come è stato sottolineato più volte nel corso dei lavori. Nessuna mitizzazione del Vaticano II, comunque. Perché, come ha ricordato nel suo intervento introduttivo Cristofaro Palomba, delle Cdb del Cassano, non è che l’evento conciliare in sé fosse esente da contraddizioni: «Il Concilio ha lanciato il seme del popolo di Dio, ma anche sotterrato sotto molte pietre che impedirono di germogliare». Le Cdb, in fondo, nacquero per questo: per «coltivare e sviluppare quel seme, perché tanti, nella Chiesa, attendevano che producesse frutti».

Ma quel patrimonio di istanze, lotte e conquiste ha oggi bisogno di essere aggiornato ed incarnato nel mutato contesto politico ed ecclesiale. E Nino Lisi, delle CdB di San Paolo, qualche mese fa si chiedeva appunto, dal sito delle comunità (www.cdbitalia.it), cosa le CdB potessero fare «di fronte allo sfacelo che è in atto». Perroni ha indicato un orizzonte generale di impegno, all’interno del quale, a suo giudizio, occorre «guardare al tempo della speranza come tempo possibile, pensando al futuro che è alle nostre spalle». Alle spalle di tutti, a prescindere dalle generazioni. Perché «ciò che collega speranza del passato a quella del futuro e nel futuro è il farsi carico del presente».

Più direttamente centrato sulle “buone pratiche” attraverso le quali declinare l’impegno, è stato invece l’intervento di Guido Viale, già leader del ‘68 studentesco, poi dirigente di Lotta Continua ed oggi economista e saggista votato alla causa della “conversione ecologica” (termine da preferire a “rivoluzione”, ha spiegato Viale sulla scia di Alex Langer, perché contiene in sé anche una dimensione etica e spirituale), cioè un processo di riterritorializzazione, di riavvicinamento fisico (“km0”) e organizzativo (riduzione dell’intermediazione) tra produzione e consumo. Per Viale, se «la notte è ancora lunga, può però essere illuminata dalle buone pratiche da fare oggi senza rimandare ad una palingenesi futura, che pure tutti noi auspichiamo». Il futuro “anteriore” di Viale è fatto quindi di fonti rinnovabili, efficienza energetica, un’agricoltura e gestione delle risorse (e dei rifiuti), dei suoli, del territorio e della mobilità condivise e sostenibili. E poi mobilità sostenibile, beni comuni e processi di democratizzazione e partecipazione dal basso delle decisioni.

Più vago nelle relazioni l’impegno declinato sul versante ecclesiale. Alla teologia che gioca in difesa, quella che pensa al mondo come qualcosa da cui fuggire, Perroni ha contrapposto un filone teologico «che considera il mondo come risorsa perché dal “mondo”, cioè da ciò che non è Chiesa, possono venire segnali profetici». È così anche nella Bibbia: «Quando Israele vive l’esperienza del ritorno alla Terra Promessa, lo deve a Ciro, sovrano straniero. La Bibbia non discute sulla condotta morale di Ciro; riconosce però che è lui a favorire Israele. Insomma, il mondo, anche se non va nella nostra stessa direzione, può dare alla teologia ed alla Chiesa un importante contributo». Assieme alle donne quando finalmente la Chiesa istituzione vorrà riconoscerle e valorizzarle. Nel frattempo, bisogna fare i conti con il fatto che anche al Vaticano II la presenza femminile sia stata possibile solo nel ruolo di “uditrici”. «Cioè quello di stare zitte». Ma quelle donne «non le aveva create né Paolo VI, né il card. Suenens»: «Quelle donne venivano dalla Chiesa cattolica vivente, nei tanti luoghi del mondo dove avevano ormai ruoli da protagoniste».