Tavola rotonda: contro omofobia, mafie e schiavitù per un sud altro

Cristina Mattiello
Adista, n. 18/2012

Forte coinvolgimento emotivo ha suscitato la tavola rotonda che ha concluso l’Incontro Nazionale delle CdB. Rita Giarretta, suora orsolina, ha raccontato l’esperienza di Casa Ruth, una comunità tutta al femminile vicino Caserta, che da 17 anni accoglie donne straniere che vogliono uscire dalla prostituzione, per restituire loro dignità e speranza. Casa Ruth ha anche avviato una cooperativa sociale per la produzione di artigianato africano, New Hope: non una speranza che cade dal cielo, ma costruita nel cammino di tutti i giorni. Oggi 4 ragazze lavorano e sono segno per il territorio che le ferite possono trasformarsi in feritoie di vita e speranza.

Anna Di Salvo, femminista e studiosa dei temi della differenza di genere, ha raccontato come può essere la città che nasce dall’esperienza delle donne. Da anni, l’Associazione “La città felice” di Catania, con la Rete delle città vicine, propone una politica, un’economia e un’ecologia delle donne: il pensiero e la pratica delle relazioni femminili hanno elaborato da tempo delle possibilità altre e desiderano che gli uomini si appoggino a questo fare, perché nell’incontro abbia vita un nuovo fare. Nei confronti delle istituzioni si vogliono offrire soluzioni alternative, pratiche di buon governo – ad esempio è stata fermata la costruzione di un mega-parcheggio sotterraneo – mentre si cercano visibilità e contatti con l’organizzazione di seminari e incontri.

Due interventi hanno raccontato l’altra Scampia. Fabrizio Valletti, della rettoria gesuita, ha presentato il Centro culturale Urtado, che è anche associazione di volontariato, ente di formazione, cooperativa sociale e promuove il periodico Fuga di notizie, realizzato interamente dalla gente del quartiere. La linea è quella aperta da p. Arrupe dopo il Concilio: l’inserimento in ambienti di emarginazione e degrado. Valletti ha svelato le contraddizioni della drammatica realtà di Scampia: a Napoli manca la cultura del lavoro, la ricca borghesia non investe più in attività produttive, gli investimenti vengono solo dalla camorra. L’obiettivo allora è costruire azioni-ponte in cui si possano avviare processi produttivi, anche in collaborazione con le istituzioni locali.

Liberare spazi pubblici, reagendo alla logica del coprifuoco e della paura sicuritaria, è anche il metodo di intervento privilegiato dal Comitato spazio pubblico del Centro Mammut, di cui ha raccontato Giovanni Zoppoli: «Noi non recuperiamo i bambini dalla strada, recuperiamo le strade ai bambini»; questo tipo di intervento sociale non vede una separazione tra un “noi” e un “loro”. È un intervento non per qualcuno, ma con qualcuno e ora bisogna superare anche il con, perché tutti devono essere recuperati in un contesto come Scampia, che viene vissuto come pericoloso, nocivo e come male assoluto. Ed è proprio il terrore dello spazio pubblico che il Mammut vuole aiutare a superare, nella convinzione – ha detto ancora Zoppoli – che la distruzione della cultura del vicolo, favorita anche da molti educatori, sia un errore. La battaglia è culturale: la crociata contro la camorra giova solo alla camorra. Anche i rom di un campo vicino oggi partecipano alle iniziative del centro.

Maria Luisa Mazzarella, vice-presidente dell’Arcigay di Napoli, attiva nel Coordinamento Campania Rainbow, che raccoglie associazioni che operano per la tutela dei diritti delle persone gay, lesbiche, transessuali, transgender, queer, intersessuali e etero-differenti (lgbtqie), ha raccontato la sua storia personale: da sempre impegnata nel sociale in zone di camorra, dominate dall’omertà, dove si è additati subito come diversi, ha lasciato l’Azione cattolica quando ha scoperto il suo orientamento sessuale, non perché fosse per lei un problema, ma per evitare che per altri lo diventasse. Una sera è stata aggredita violentemente per aver difeso un ragazzo gay preso di mira da un gruppetto di persone. Ha quasi perso un occhio. Per questo ha ricevuto la Medaglia d’oro al valor civile dal Comune di Napoli. La cosa peggiore è stata l’indifferenza della gente: la piazza era piena e nessuno l’ha aiutata. Da quel momento si è impegnata contro l’omofobia, in un lavoro di sensibilizzazione, anche nelle scuole: è una battaglia non per l’accettazione, ma «per il riconoscimento del nostro amore».

Infine, Emanuele e Sara, della Cdb di san Paolo, hanno raccontato del progetto “La sosta”, che rappresenta per i rifugiati afghani che vivevano accampati in una “buca” vicino alla Stazione Ostiense una pausa, la domenica pomeriggio, cogestita nei locali della comunità. Obiettivo lo stare insieme, mangiare, divertirsi, ricaricarsi prima di affrontare un’altra settimana con le sue grandissime difficoltà.

Ma il senso del convegno è stato forse più efficacemente sintetizzato dal disegno dei bambini della Comunità di San Paolo con la scritta “Sfondare il muro dell’indifferenza”. Come ha ricordato Dea Santonico nel chiudere la tavola rotonda, l’attenzione, nel solco della testimonianza di Gesù, deve essere duplice: non solo verso gli emarginati, ma anche verso chi emargina, non solo verso chi è perduto, ma anche verso chi non si vuole mischiare con i perduti: bisogna far festa, perché non importa come ci si sia persi. L’importante è essersi ritrovati.