Laicità vo cercando…ancora di M.Vigli

Marcello Vigli
www.italialaica.it | 03.05.2012

Nel dicembre scorso Italialaica titolava Laicità vo cercando un mio editoriale che invitava, fra l’altro, a riflettere sul comportamento ispirato all’indifferenza dell’associazionismo laico in merito alla nomina di una preside del Liceo privato paritario Malpighi di Bologna a sottosegretaria della PI. che ha rappresentato il più duro colpo inferto alla laicità delle istituzioni in tutta la storia repubblicana. Essendo la scuola fra le pubbliche istituzioni quella in cui più delle altre dovrebbe regnare la cultura della laicità. Mi rallegravo invece perché a Udine in una giornata destinata a promuovere il testamento biologico c’era stata la convergenza di gruppi e associazioni di diversa matrice culturale e che, forse, avevano concezioni diverse anche della e sulla laicità, e concludevo: Laicità non è infatti una ideologia totalizzante né si identifica con un determinato orientamento culturale.

Riprendo il discorso per inserirmi nel dibattito – suscitato dalla richiesta di occuparsi meno del papa e più della laicità e correttamente rilanciato dall’editoriale proprio su La cultura laica – sottolineando che Italialaica è il sito dei laici italiani e non il sito laico.

Nel mio libro “Contaminazioni. Un percorso di laicità fuori dai templi delle ideologie e delle religioni” propongo proprio di tener conto che di laicità si deve parlare in termini nuovi dai tempi in cui il “pensiero laico” ha conquistato una sua piena autonomia dalla religione e filosofia e scienza si sono affrancate dalla teologia. Questa sua origine ha qualificato la cultura della laicità in rapporto proprio alla religione non favorendo il suo rinnovamento quando, nel secolo scorso, ideologia non ha più significato solo una corrente filosofica – les idéologes – ma una forma inedita di coinvolgimento delle masse in una visone del mondo totalizzane, in genere in una prospettiva rivoluzionaria. Non c’era Dio, ma c’erano nuovi assoluti Classe, Razza, Partito, Capo come ingredienti di una religione dell’immanenza: l’ideologia. Generata anch’essa da filosofie che pur avevano prodotto laicità. Anche quando non raggiungono i caratteri dogmatici e persecutori del Diamat staliniano o del nazismo hitleriano, le ideologie creano forti identità individuali e collettive, generano eresie e conseguenti scomuniche, gerarchie e liturgie, proprio come le religioni.

Non a caso il loro successo dall’Europa alla Cina aveva aggravato la crisi della religione sempre più individuata come alienazione, spesso anche dai credenti, molti dei quali, protestanti e cattolici, cominciarono a riscoprire la distinzione fra fede e religione proposta da Dietrich Bonhöffer, teologo luterano vittima dei nazisti. Non mancavano eccezioni. In America latina la Teologia della liberazione ha ispirato l’opposizione e la reazione non violenta alle dittature in quei Paesi restati estranei alla stagione dl’Illuminismo. In Italia il partito d’ispirazione cristiana ha mantenuto la sua egemonia grazie alla fedele alleanza con i partiti cosiddetti laici, ispirati al liberalismo, al mazzinianesimo, alla socialdemocrazia, emarginando quel partito comunista che, pur ispirato all’ateismo marxista, non aveva esitato ad appoggiarlo nel voto sull’articolo 7 della Costituzione.

Oggi, invece, la “crisi delle ideologie” ha rilanciato sul mercato della comunicazione la religione e le loro istituzioni sono tornate ad essere soggetti politici “accreditati”, seppure in modo diverso, nei paesi in cui una di esse è maggioritaria come in Italia e in Arabia Saudita, in Marocco e in Israele.

Da questa realtà, a me sembra sia utile muovere per ri-pensare la laicità nel secolo XXI, non certo per individuare quella “buona” da opporre al “cattivo” laicismo, come sono usi fare molti ecclesiastici in cerca di aggiornamento del bagaglio della dottrina sociale cattolica. Neppure, però, ci si può limitare alla versione maturata con lo sviluppo del pensiero liberal-democratico.

Bisogna riscoprirne il senso originario di rivolta contro la sacralizzazione del tempo per rivendicare l’autonomia dell’uomo come animale che costruisce la sua avventura sul pianeta terra nella storia guidato da una ragione calata anch’essa nel divenire. Una ragione che costruisce le sue certezze nel confronto con la natura, che lei stessa contribuisce a mutare, ben sapendo che costituiscono verità provvisorie, non per questo meno “vere”, ma solo “relative” al tempo in cui sono state raggiunte e al grado di sviluppo della ricerca che non può esse fermata da dogmi di fede, da leggi scientifiche, da modelli politici. La storia è la culla della laicità, mentre il confronto con la realtà senza pregiudizi è il suo metodo, che consente di conciliare interessi diversi, evidenziare incompatibilità, individuare obiettivi nella ricerca del bene comune.

L’impegno in questa ricerca diventa il criterio per discriminare chi vive da “laico” la sua vita, anche se aggiunge alla fedeltà alla ragione storica, con cui interpreta e costruisce il quotidiano, la fede in un divino che lo trascende non per violentarlo. Aiuta a ricordare il senso del limite, aggiunge motivi di speranza e rafforza l’obbligo della solidarietà con il comandamento dell’amore.

In quest’ottica diventa più facile capire l’alleanza degli atei devoti con il cardinale Ruini e la convergenza nella prassi fra Rodotà e don Ciotti.