Otto per mille, chi finanzia cosa di L.Kocci

Luca Kocci
www.ilmanifesto.it

Stagione di dichiarazioni dei redditi. E di otto per mille. Le confessioni religiose e le Chiese – quella cattolica su tutte – lanciano iniziative e campagne pubblicitarie per convincere i contribuenti a firmare per loro; lo Stato, che pure è uno dei destinatari dell’otto per mille, come è consuetudine, invece tace. «Otto per mille: 100% alla solidarietà, allo sviluppo, alla cultura», spiegano i valdesi. «Costruiamo speranze: una, molte, tante vite che ritornano a sognare», annunciano gli avventisti. E le Assemblee di Dio ricordano che «le scelte non determinano un aumento delle imposte da pagare».

La pubblicità più presente sui media , frutto di un investimento abbondantemente superiore ai 10 milioni di euro, è naturalmente quella cattolica. «Chiedilo a loro», martella la campagna della Conferenza episcopale italiana firmata Saatchi & Saatchi: «Otto per mille alla Chiesa cattolica, la verità dalla voce dei protagonisti», che ricordano che scegliendo la Chiesa cattolica «continui a fare molto, per tanti». L’otto per mille è dovuto comunque, si tratta quindi di finanziamento pubblico a tutti gli effetti, sebbene camuffato da scelta volontaria. E le Chiese, esattamente come i partiti, scelgono liberamente come utilizzare i fondi che ricevono, per il culto, sostentamento del clero o interventi assistenziali.

Qui emergono le differenze: cattolici e luterani spendono buona parte dei soldi per sostentamento del clero (o dei ministri di culto) e attività pastorale; valdesi e avventisti quasi esclusivamente per attività sociali, come peraltro documentano i loro dettagliati rendiconti (consultabili anche sui rispettivi siti internet); invece non si sa come utilizzano i fondi comunità ebraiche e Assemblee di Dio, poiché non rendono noti i loro bilanci. Ad incassare più di tutti è la Chiesa cattolica: 1.118 milioni di euro, secondo l'ultimo rendiconto reso noto dalla Cei, relativo al 2011 (a fine maggio, quando ci sarà l'Assemblea dei vescovi, arriveranno i dati del 2012). Ad «esigenze di culto e pastorale» sono stati destinati oltre 467 milioni, ovvero il 42%. E poco meno di 361 milioni (il 32%) sono serviti per il «sostentamento del clero». Solo il 21% (235 milioni, di cui 105 alle diocesi «per la carità», 85 al Terzo mondo e 45 per «esigenze di rilievo nazionale») è stato impiegato per quegli interventi di assistenza e di solidarietà sociale che invece, potenza delle strategie di marketing , fanno la parte del leone nei messaggi pubblicitari; 55 milioni di euro sono stati accantonati «a futura destinazione».

Alle altre cinque confessioni religiose che hanno firmato un'Intesa con lo Stato per accedere ai fondi dell'otto per mille rimangono le briciole: 20 milioni di euro circa (va aggiunto che anche la Chiesa Battista ha siglato un'intesa ma ha scelto di non partecipare all'otto per mille; inoltre sono in attesa di ratifica del Parlamento gli accordi con buddisti e testimoni di Geova, che quindi ancora non percepiscono un centesimo). Al primo posto le Chiese metodiste e valdesi che nel 2010 hanno incassato 10 milioni e 248 mila euro, impiegati per lo più per programmi sociali, sanitari e culturali sia in Italia (6 milioni e 656 mila euro) che all'estero (3 milioni e 44 mila euro), fra cui «Saving children», il discusso progetto del Centro Peres di Tel Aviv - finanziato con 23 mila euro - contestato anche da alcune associazioni israeliane di solidarietà con il popolo palestinese e boicottato dalle Chiese metodiste unite (sulla questione sono intervenuti sul manifesto anche la moderatora della Tavola valdese, Maria Bonafede e il responsabile della campagna di sospensione dell'8 per mille ai valdesi Carlo Tagliacozzo).

Non spendono nulla per la pastorale e il culto i valdesi, ma hanno impiegato 513 mila euro per le campagne pubblicitarie e 145 mila per spese di gestione e stipendi. La Chiesa evangelica luterana, nel 2010, ha incassato 2 milioni e 873 mila euro, quasi tutti spesi per l'evangelizzazione (1 milione e 274 mila euro a cui vanno aggiunti 272 mila euro per la «missione all'estero») e per i ministri di culto (731 mila euro). Per il sociale resta poco: 252 mila euro per «opere sociali» e 221 mila per la cultura; 143 mila euro per spese di gestione e di comunicazione. Le Chiese cristiane avventiste del settimo giorno, nel 2011, hanno percepito 2 milioni e 167 mila euro, con cui hanno finanziato progetti sociali, formativi, educativi e culturali in Italia per un milione e 996 mila euro e progetti umanitari all'estero per 71 mila 550 euro; 100 mila euro sono stati impiegati per la campagna informativa e per le spese di gestione. Poco si sa dell'Unione delle comunità ebraiche.

L'ultimo dato comunicato dall'Ucei è relativo all'anno 2005: 3 milioni e 757 mila euro. Di questa cifra, poco più di 2 milioni e mezzo di euro sono stati utilizzati per generiche attività educative, formative e culturali; 750 mila sono stati spesi per ancora più generiche attività di carattere sociale (tutela delle minoranze, lotta a razzismo e antisemitismo, assistenza ad anziani, bambini e portatori di handicap); 450 mila per le campagne pubblicitarie. Così come delle Assemblee di Dio: assicurano che «ogni centesimo di euro corrisposta dallo Stato sarà utilizzato unicamente per fini a carattere sociale e umanitario», ma non forniscono alcun tipo di rendicontazione, nemmeno generica. Si sa solo che nel 2004 hanno incassato 700 mila euro.

In quasi tutti i casi si tratta di cifre che non corrispondono alla reale volontà dei contribuenti, ma che vengono gonfiate per il meccanismo stesso della legge. A firmare per una destinazione dell'otto per mille sono infatti meno della metà dei contribuenti italiani: il 44%, secondo gli ultimi dati. Tutti gli altri - ovvero il 56% - non scelgono, lasciano la casella in bianco, ma versano ugualmente l'otto per mille del loro Irpef, che però non viene devoluto allo Stato, come parrebbe logico, ma viene attribuito in proporzione alle scelte espresse dagli altri. Insomma è la minoranza a decidere anche per la maggioranza. Non è vero quindi che nove contribuenti su dieci decidono di destinare l'otto per mille alla Chiesa cattolica. La scelgono a malapena in quattro che, di fatto, decidono per tutti.

Nel 2011, infatti, la Chiesa cattolica ha ottenuto l'85% delle preferenze di coloro che hanno scelto una destinazione per l'otto per mille - corrispondenti a meno del 40% del totale dei contribuenti - ed ha incassato non solo l'85% dell'otto per mille di chi ha scelto, ma anche l'85% dell'otto per mille di chi ha lasciato la casella in bianco, aumentando l'introito di più del doppio di quanto avrebbe percepito sulla base solo delle scelte espresse. Del resto è un meccanismo concepito a suo tempo dagli «inventori» dell'otto per mille per favorire la confessione largamente maggioritaria, ma di cui beneficiano tutti, o quasi. Non ancora i valdesi, che però dal 2013 avranno anche loro la ripartizione delle quote non espresse. Mentre restano fuori le Assemblee di Dio. Non dicono quanto incassano né come spendono, ma non vogliono quello che non gli viene espressamente assegnato dai contribuenti: «La quota non attribuita spettante alle Assemblee di Dio è devoluta alla gestione statale», è scritto in una nota dei moduli della dichiarazione dei redditi.

24 milioni scomparsi. Dove sono finiti? Anche lo Stato è fra i destinatari dell'otto per mille: nel 2011 è stato indicato dal 10% dei contribuenti che gli hanno assegnato 145 milioni di euro da impiegare, secondo la legge, per «calamità naturali», «fame del mondo», «assistenza ai rifugiati» e «conservazione dei beni culturali». Una norma violata sistematicamente: negli ultimi anni i soldi sono stati usati anche per le guerre in Afghanistan e Iraq. Inoltre almeno un terzo dei fondi è andato alla Chiesa cattolica per il restauro degli immobili, nonostante nel rendiconto della Cei dell'otto per mille ci sia la voce «tutela beni culturali ecclesiastici». Una distorsione che il governo Monti sembrerebbe avere in parte corretto: bocciati i progetti delle associazioni e degli enti ecclesiastici, 64 milioni di euro sono stati destinati alla Protezione civile e 57 milioni all'edilizia carceraria e «per il miglioramento delle condizioni di vita nelle prigioni». Mancano all'appello 24 milioni, già spesi dal precedente governo Berlusconi. E nemmeno Palazzo Chigi sa come.

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>big>UN PRIVILEGIO ASSURDO, BISOGNA CANCELLARLO

Intervista a Vittorio Bellavite

Da almeno 50 anni all'interno della Chiesa cattolica c'è chi conduce una battaglia per il rinnovamento delle strutture ecclesiastiche, in direzione di una maggiore laicità, democrazia e povertà. Sono le comunità di base - che a Napoli hanno appena concluso il loro 33esimo incontro nazionale - i "cattolici del dissenso" e, più recentemente, il movimento internazionale Noi Siamo Chiesa. Vittorio Bellavite è il coordinatore per l'Italia.

Bellavite, che ne pensa dell'otto per mille alla Chiesa?
Che non va bene, per vari motivi. Innanzitutto perché è un sistema organico al Concordato, che assegna alla Chiesa cattolica un privilegio che, perlomeno da quando c'è la Costituzione repubblicana, è assolutamente ingiustificato. Poi perché contribuisce in maniera determinante a creare una Chiesa ricca. E questo è in netta contraddizione con il Vangelo: la Chiesa, per essere coerente con il Vangelo, deve essere povera e stare con i poveri. Grazie all'otto per mille, invece, è ricca, quindi lontana dal Vangelo. Molti dicono che quei soldi servono a portare avanti opere di bene. A parte il fatto che solo un quinto dei soldi viene usato per iniziative di carità e di solidarietà sociale, voglio ricordare che il sistema dell'otto per mille ha di fatto abolito il cosiddetto patrimonium pauperum.

Ovvero?
Secondo la tradizione, e anche il diritto canonico, tutti i beni della Chiesa erano "patrimonio dei poveri". Una piccola parte doveva servire per il mantenimento dei preti, tutto il resto doveva essere usato a beneficio della collettività. Invece con il nuovo Concordato del 1984 e le successive leggi applicative, il "patrimonio dei poveri" è diventato, anche formalmente, "patrimonio del clero" e viene gestito dagli Istituti per il sostentamento del clero.
Sono spariti i poveri e sono spariti anche i beni dei poveri. Ed è aumentata la centralizzazione...
Esatto. Tutto fa capo alla Cei che in questo modo ha un grande potere di ricatto nei confronti delle diocesi, delle parrocchie e dei preti disobbedienti. Inoltre dispone di un'enorme quantità di soldi che le consente di portare avanti mega-iniziative di carattere nazionale e di sostenere - benché indirettamente - i propri mezzi di informazione.

La Chiesa dovrebbe essere finanziata dallo Stato?
No, si dovrebbe autofinanziare, responsabilizzando i credenti. Possiamo immaginare una gradualità: stabiliamo, per esempio, che l'otto per mille venga ridotto progressivamente fino ad essere eliminato del tutto nell'arco di 10 anni. Contestualmente i cattolici devono fare un percorso di
responsabilizzazione, perché provvedano loro alle necessità della Chiesa. Per fare questo vescovi e parroci dovrebbero avviare una gestione partecipata delle risorse economiche e rendere i bilanci trasparenti. Probabilmente ci saranno meno risorse, ma questo consentirebbe un dimagrimento delle strutture ecclesiastiche: meno centralismo, più preti che lavorano e si guadagnano da vivere, più spazio ai laici e alle donne. Ma fin quando resterà in vigore il sistema dell'otto per mille tutto ciò non sarà possibile.