Emergenza nomadi

www.ilmanifesto.it, 13 maggio 2012

Lo stato d’emergenza nomadi in Italia non è tornato in vigore. L’ordinanza del Consiglio di Stato, emessa il 9 maggio scorso, che sospende parte degli effetti delle precedenti decisioni del tribunale amministrativo che ne dichiarava l’illegittimità, è chiara: va accolta «una misura cautelare al fine di portare a compimento le procedure in itinere». Che significa: i lavori che sono già stati avviati possono essere terminati e le ditte che li hanno realizzati pagate così da non esporre le amministrazioni pubbliche a eventuali «rischi, anche di tipo risarcitorio».

Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che giovedì scorso ha annunciato in pompa magna come «dopo mesi e mesi di tempo perduto si può riprendere e completare il Piano nomadi e il prefetto può di nuovo operare», si è confuso. Il Piano Nomadi del Comune di Roma non può essere terminato. L’ordinanza del Consiglio di Stato non si riferisce a nuovi lavori ma punta a tutelare la pubblica amministrazione dalle conseguenze, patrimoniali e non, che potrebbero derivare da «un’interruzione delle attività avviate in esecuzione». Attività che erano state bloccate dalla precedente sentenza del Consiglio di Stato del 16 novembre 2011, che dichiarava illegittima l’emergenza sancita dal governo Berlusconi nel maggio del 2008 relativamente alla presenza di insediamenti rom in cinque regioni italiane: il Lazio, la Campania, la Lombardia, il Piemonte e il Veneto.

In sostanza, per Roma, si tratta di sbloccare i fondi per poter pagare la società che ha già quasi terminato il campo rom de La Barbuta, la Ircop Costruzioni Generali spa, che ha dichiarato di vantare nei confronti dell’amministrazione pubblica circa 6milioni di euro. Questi soldi, fino a mercoledì, non potevano essere sbloccati perché «era venuto meno il potere a monte» del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, che aveva affidato i lavori alla ditta in qualità di commissario. All’entusiasmo della maggioranza guidata da Alemanno ha risposto, seppur con meno risonanza sui media italiani, l’European Roma Right Centre Foundation firmataria del ricorso contro il Tar che ha dato avvio alla vicenda giudiziaria: «Ricordiamo che lo stato di emergenza non è in vigore e gli effetti della decisione di ieri (giovedì, ndr) sono molto limitati.

Le autorità italiane dovrebbero ricordare i limiti della sospensione e ritirare qualsiasi azione non in linea con gli standard internazionali in tema di diritti umani». Ora, l’ultima parola in merito all’emergenza nomadi in Italia spetta alla Corte di Cassazione. Il 12 febbraio scorso, infatti, il governo italiano ha presentato ricorso contro la sentenza del Consiglio di Stato del 16 novembre 2011, chiedendo di fatto di ripristinare lo stato d’emergenza nomadi. A riguardo la Cassazione non si è ancora espressa.

E contro le politiche italiane nei confronti della popolazione rom, venerdì, si è sollevata una protesta a livello internazionale. L’Associazione 21 luglio, l’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione), Amnesty International, Human Rights Watch e Open Society Justice Initiative hanno diffuso un comunicato congiunto dal titolo «L’emergenza nomadi deve finire davvero»: «Il governo deve rinunciare all’appello contro la sentenza del Consiglio di Stato del novembre 2011 che aveva marcato un passo in avanti in vista della cessazione delle violazioni che le comunità rom hanno sofferto laddove è stata attuata l’emergenza nomadi.

Confidiamo nel fatto che la recente ordinanza del Consiglio di Stato non permetta nuovi abusi». Il riferimento delle cinque organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani è ai «poteri straordinari per censire i rom e chiuderne i campi in deroga alle norme fondamentali di tutela dei diritti umani». Non è la prima volta che dall’Europa viene criticata la strada dell’emergenza. Anche il Consiglio dei diritti umani dell’Onu e il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa si erano opposti a questa scelta.

Intanto a Roma continuano gli sgomberi degli insediamenti rom abusivi. «L’ultimo, quello del 9 maggio, è stato il 446esimo» denuncia l’Associazione 21 Luglio che sta raccogliendo le firme per l’appello: «Il diritto all’alloggio non si sgombera».