L’Europa abbandona la Grecia

Piero Fabretti
www.paneacqua.eu

Ormai si parla apertamente, e da più parti, di uscita della Grecia dall’euro. Se questo avverrà non sarà senza conseguenze sulla stessa Unione europea. Possibile che non ci stiamo accorgendo che stiamo indebolendo eccessivamente una parte delicata dei confini dell’Europa? Possibile che di politica, o di geopolitica non si possa più ragionare ma solo di bilanci, e fiscal compact?

In Grecia le elezioni hanno confermato la rinascita di opposti estremismi, nazisti e comunisti. Non ci si può meravigliare. Una crisi economica così lunga e prolungata e senza vie d’uscita non poteva produrre altro, e potrebbe essere solo l’inizio.

In Grecia sembra chiara la volontà di rinegoziare i patti stabiliti con la “troika” per il prestito, ma c’è il rischio concreto che i greci si trovino di fronte ad un muro invalicabile. Se questo succederà crescerà ancora il sentimento estremista ed il disagio dell’intera popolazione, e forse si aggraverà ancora di più un circolo vizioso che porterà ancora all’aumento del disagio e della povertà. Che ne è dello spirito di solidarietà che aveva fatto nascere il sentimento europeista?

Ormai si parla apertamente, e da più parti, di uscita della Grecia dall’euro. Se questo avverrà non sarà senza conseguenze sulla stessa Unione europea. Siamo sicuri che la Russia non possa intervenire con una sapiente politica di alleanze, magari concedendo aiuti, di fronte a questa latitanza dell’Europa? La Merkel sarà contenta di questo? e gli USA? E la Turchia? Possibile che non ci stiamo accorgendo che stiamo indebolendo eccessivamente una parte delicata dei confini dell’Europa? Possibile che di politica, o di geopolitica non si possa più ragionare ma solo di bilanci, e fiscal compact?

Siamo sicuri che l’ideologia (nello stretto senso marxista) liberista non ci porti ad aumentare eccessivamente una confusione europea fino ad un punto da cui sarà difficile uscirne?

Possiamo, infine, rilevare che per la prima volta il senso europeista è messo in profonda crisi all’interno della stessa Europa e non solo all’esterno? E non possiamo dimenticare che la cultura occidentale è nata in Grecia, anche se queste considerazioni politico-culturali sembrano “peregrine” nel mondo dei “subprime”.

In questa sede non si vogliono negare le grandi responsabilità della Grecia per la situazione in essere, ma la politica insegna che continuare a recriminare sulle responsabilità, senza un minimo di pragmatismo, non permette di risolvere ma solo di aumentare i problemi.

In questo caso si vuole segnalare che se in due anni abbondanti l’Europa non è riuscita a risolvere il “problema greco” è l’Europa che non funziona e che rischia di non essere all’altezza dei problemi storici che dobbiamo affrontare. Non possiamo dimenticare che l’Euro e l’Europa sono stati considerati come fonte di pace e prosperità e che se vengono meno questi valori potrebbe innescarsi una spirale perversa da cui è facile entrare ma difficile uscire. I problemi greci sono quelli più gravi ma sono simili, in misura minore, a quelli di Spagna, Portogallo ed Italia.

Evidentemente la politica economica dell’Europa nei confronti del suo “Meridione” o non esiste o, così, è fallimentare ed ha bisogno di essere fortemente corretta. Speriamo in Hollande? Ancora non c’è una politica economica alternativa. Non si può innescare lo sviluppo senza aumentare la domanda ed è quasi impossibile aumentare la domanda tagliando continuamente la stessa domanda in quasi tutti i paesi dell’UE. E per essere definitivamente eretici: siamo sicuri che il problema del debito nell’UE è il primo problema all’interno dell’agenda della politica economica del continente? Probabilmente il debito potrebbe essere considerato come la principale disfunzione di un “sistema” che non regge la competizione internazionale tra sistemi nell’era della globalizzazione.

In altre parole, come si accenna da più parti, il problema centrale è lo scarso sviluppo che non permette di riassorbire il debito creato nel passato. Se questo è vero c’è il rischio che l’Europa stia affrontando la conseguenza del problema principale e non la vera causa. Quando i governanti tematizzeranno che sono necessarie politiche economiche che scelgano il modo per essere vincenti nella competizione internazionale e quindi creare ricchezza da distribuire? E’ ovvio che questo ruolo non può essere esercitata solo da una nazione, come sta facendo la Germania, ma, in maniera diversa, da tutte le nazioni che compongono l’UE?

Purtroppo, di fronte a queste scarne ma sofferte riflessioni, mi assale lo sconforto e la desolazione, dove è finita quella politica europea che considerava l’economia come lo strumento per incrementare la politica e non la politica per l’economia? In realtà non è neanche così, poiché il vuoto della politica ha lasciato sola l’economia alle prese con problemi storici che sono economici e politici insieme.