Fame e agricoltura, il G8 ennesima delusione

Articolo di: Misna
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“Si è soltanto trattato dell’ennesima riunione farsa dei cosiddetti grandi del pianeta: hanno aggiunto altre promesse fasulle a quelle già formulate in passato ma mai attuate, a cominciare dai finanziamenti. Oggi come oggi l’unica cosa di cui l’Africa ha bisogno sono strumenti tecnologici e tecnici per raggiungere la propria sovranità alimentare. Solo così gli africani potranno uscire dal circolo vizioso del mercato mondiale e dalle crisi alimentari a ripetizione”: è senza appello il bilancio fatto alla MISNA dall’attivista Mamadou Diouf, coordinatore del Forum sociale mondiale in Senegal, raggiunto telefonicamente a Dakar. Pochi giorni fa al vertice di Camp David (Stati Uniti) i dirigenti delle otto potenze mondiali hanno annunciato a gran voce la nascita di una “Nuova alleanza G8-Africa” con l’obiettivo di far uscire dalla povertà e dalla fame entro un decennio 50 milioni di persone. Un programma che coinvolgerà soprattutto il settore privato – importanti società chimiche e imprese che fabbricano sementi – e verrà attuato in alcuni ‘paesi pilota’ con modalità non meglio precisate.

“Questa nuova alleanza, come altre proposte passate, è soltanto un modo per imporci con un volto legale e pseudo umanitario il mercato mondiale come un’unica fonte di approvvigionamento in cibo – denuncia ancora Diouf – Importare alimenti ci costa tanto, troppo, mentre se avessero gli strumenti giusti a disposizione i nostri contadini potrebbero tranquillamente produrre quello di cui abbiamo bisogno. Non solo ciò non viene fatto ma, peggio ancora, i nostri preziosi terreni agricoli sono sempre più oggetto di accaparramento (fenomeno noto anche come land grabbing, ndr): non è neanche con i biocarburanti che riusciremo a sfamare gli africani!”. In questi giorni, in risposta all’invito dell’organizzazione belga ‘Veco’, decine di associazioni del settore agricolo del Senegal, della Guinea, del Burkina Faso e del Mali sono riunite a Dakar sul tema dell’ “autonomia alimentare dell’Africa nel contesto della globalizzazione e della crisi mondiale”.

Altrettanto negative sono state le valutazioni del G8 fatte dalle ‘grandi’ Ong internazionali, tra cui Oxfam, Save the children e Action Aid, che hanno accolto le decisioni di Camp David come “misure troppo timide”, “solo parole calorose” senza “che le promesse finanziarie fatte all’Aquila o prima siano state mantenute”. Inoltre hanno criticato il fatto che i dirigenti del Nord del mondo abbiano puntato troppo sui finanziamenti privati, facendo passare in secondo piano l’investimento pubblico ma soprattutto il contributo dei piccoli contadini e delle donne, protagoniste di primo piano nell’agricoltura dell’Africa. Dopo la carestia che nel 2011 ha flagellato il Corno d’Africa, quest’anno i più colpiti dalla malnutrizione sono i paesi del Sahel a causa di raccolti insufficienti e di nuove dinamiche socio-economiche scaturite dal conflitto in Libia.

Le conclusioni ufficiali del G8 sono state di segno opposto: sia per il presidente di turno dell’Unione Africana (UA), il beninese Thomas Yayi Boni, che per Donald Kaberuka, presidente della Banca africana di sviluppo, la “Nuova alleanza” è una proposta tra partner alla pari che “può aprire una nuova pagina nei rapporti Nord-Sud”.