Il Dio dei leghisti di M.Vigli

Marcello Vigli

La crisi che sta travolgendo la Lega non diminuisce l’interesse per le analisi e le riflessioni di Augusto Cavadi nel suo libro Il Dio dei leghisti (*), inteso, come lui stesso afferma, a capire come un cattolico possa essere leghista a rispondere, cioè, ad un interrogativo tutto interno alla Chiesa cattolica, . Questa finalità distingue il libro da altri sull’argomento, che l’autore ampiamente cita per condividere o contestare le loro tesi, e lo rende originale.

L’interrogativo, infatti, resta anche se quel cattolico non voterà più leghista o se la Lega si scioglierà. Ad esso Cavadi cerca di rispondere attraverso un viaggio all’interno della comunità ecclesiale per individuare le ragioni che possano aver indotto i suoi membri che hanno assunto, come la Lega impone ai suoi aderenti, l’identità leghista fondata su quello che chiama pensiero lega nordico, muovendo, però, dall’individuazione del codice culturale leghista nella sua duplice dimensione politica ed etica.

C’è il razzismo a fondamento della concezione antropologica leghista che impone fedeltà alle proprie radici, limita al “vicino” la solidarietà in una prospettiva tribale, né individualistica né nazionale, concepisce lo stato come superfetazione artificiale accettabile solo nella versione federalista, mentre intende il partito come appendice del capo indiscusso. Anche su ciò che è bene e ciò che male la Lega ha il suo codice. Fondato sul familismo più sfacciato è simboleggiato dal comportamento di Bossi verso i suoi famigliari, i figli in particolare, e si coniuga con un perbenismo legato ai pregiudizi più diffusi circa la possibilità di conciliare i propri interessi personali con il rispetto puramente formale delle regole. Il disconoscimento dell’uguaglianza fra padani e immigrati è pari a quello della parità fra uomini e donne, considerate degne di considerazione solo se si rendono simili agli uomini. La xenofobia e il celodurismo sono due facce della stessa concezione dei rapporti sociali che si integra con un’omofobia ossessiva.

Di questa cultura politica e di questa concezione etica si nutre la “teologia” della Lega caratterizzata da un panteismo naturalistico al cui interno, non senza fatica, si collocano la persona di Gesù, ridotto a simbolo di appartenenza etnica, e la chiesa che, di conseguenza, diventa una cosa nostra. Una chiesa del nord quella autonoma da Roma, rivendicata da Mario Borghezio contro il centralismo del Vaticano, e dei Cattolici padani di Giuseppe Leoni. L’una e l’altra paladine, a nome dell’intera Lega, della presenza del crocefisso nella aule scolastiche considerato perfettamente compatibile con l’ampolla piena dell’acqua del fiume Po che, attraversando la Padania, diventa il simbolo sacro che ispira la mistica leghista.

Di questa concezione della religione e del cristianesimo Cavadi non si affanna ad evidenziare incongruenze e contraddizioni, s’interroga, invece, sulla compatibilità con la dottrina della Chiesa. E’ il rapporto Chiesa Lega che intende analizzare. La chiesa nelle scelte delle sue gerarchie, e nella fede dei suoi fedeli.

Rileva che le autorità ecclesiastiche, neppure tutte, hanno levato voci di denuncia e di condanna solo sugli eccessi delle grida antirazziste della Lega e delle leggi e prassi amministrative ad esse ispirate; neppure le dissociazioni di fedeli e intellettuali ortodossi sono state particolarmente evidenti e significative.

Numerosi e circostanziati sono nel libro i riferimenti a valutazioni e/o a silenzi della gerarchia sulle scelte politiche leghiste e l’ideologia che le sostiene. Valga per tutti la ricostruzione della polemica sulle pagine dl Corriere della Sera fra Claudio Magris e mons. Fisichella che reagisce al rimprovero del primo per la sua affermazione il partito della Lega Nord si fonda su valori cristiani minimizzandone il significato, ma soprattutto elencando i fatti in cui la Lega ha dimostrato vicinanza con la chiesa: il referendum sulla legge 40, la difesa della famiglia, le proposte di legge sul testamento biologico e sulla pillola Ru 486. La convergenza, su questi temi etici è motivo sufficiente per l‘autorevole prelato per giustificare l’atteggiamento favorevole, pur se non privo distinguo, della gerarchia nei confronti della Lega. In contraddizione con esso l’autore rileva la dura e costante la lotta di molti cattolici delle parrocchie, di alcuni vescovi e della stampa ispirata alla linea intransigente di Famiglia cristiana, combattuta su un fronte apertamente antileghista sul terreno delle scelte politiche e sociali e non solo.

Queste diverse posizioni, a suo avviso, non esprimono solo diverse valutazioni politiche frutto di scelte occasionali o fondate su orientamenti personali o di gruppo, ma rivelano diversi modi di vivere la fede e d’intendere la Chiesa: il cattoleghismo è pienamente coerente con il cattolicesimo tradizionale.

L’autore, nel confermarsi totalmente estraneo al dio dei leghisti, si dichiara indifferente anche alla domanda se è la tradizione cattolica ad aver prodotto le menti leghiste o sono le menti leghiste ad aver stravolto la dottrina cattolica.

Si limita a sostenere che una Chiesa corteggiata dai fascisti italiani, dai franchisti spagnoli, dai mafiosi meridionali e dai leghisti settentrionali, prima di attivare risposte reattive farebbe meglio a interrogarsi su come mai risulti simpatica e attraente a gente che non ha capito nulla del Vangelo o che, se lo ha capito, non intende minimamente seguirne le indicazioni rivoluzionarie.

La sua risposta a questa domanda è radicale: fare della Chiesa e delle chiese, dei luoghi insopportabili, irrespirabili, per chiunque viva in un’ottica egoistica e corporativa a spasmodica ricerca del profitto del comando.
A indicare le caratteristiche di questa Chiesa sono dedicate le ultime pagine del libro che si rivelano, in verità, come un’autentica dichiarazione di fede. Una fede intelligente condivisa con tante personalità e riviste, preti e laici, intellettuali e politici, che ispirandosi al Concilio hanno rivisitato i temi della teologia con più chiari riferimenti all’attualità per giungere alla riscoperta della centralità dell’agape fondamento di uguaglianza e in nessun modo fonte di identità, come vorrebbero tradizionalisti e leghisti.

Non, invece, per proporre quel teoprogressismo di cui alcuni interlocutori cattoleghisti hanno sollecitato l’autore a liberarsi suggerendo di leggere un manuale di sopravvivenza per cattolici in aperto contrasto con il “dogma” della incarnazione, cioè, di quella storicizzazione di Dio che fa del cristianesimo una fede compatibile con la rappresentazione dell’uomo come animale che vive nella Storia al quale il creatore ha affidato il compito di continuare la sua opera superando la fissità della Natura.

(*) Augusto Cavadi, Il Dio dei leghisti, Edizioni San Paolo, Cinisello Balzamo, 2012