La crisi economica e le mie perplessità di cristiana di G.Codrignani

Giancarla Codrignani
Tempi di fraternità, maggio 2012

Nel 1981 alla Camera dei Deputati intervenne Enrico Berlinguer per denunciare il pericolo della partitocrazia e indicare l’urgenza della “questione morale” nelle istituzioni. Poco più di vent’anni dopo dovevamo vedere la magistratura farsi carico di “Mani Pulite” e di una reazione esplosiva proprio perché la prima denuncia era stata sottovalutata e rimossa.

Ma il tempo giusto era passato e la corruzione, neppure più coperta (come in passato, quando sembrava meno rilevante perché i sistemi erano meno complessi), si era metastatizzata e Craxi aveva detto esplicitamente che, siccome rubavano tutti, rubare era un dato di realtà. Personalmente ho un convincimento preciso: se “Mani pulite” fece sparire di colpo la Democrazia cristiana, il Partito socialista, il Partito repubblicano e il Partito liberale, il problema vero era la vetustà dei nostri partiti di fronte all’impeto trasformativo della storia.

Li Pci si salvò in extremis cambiando nome, mentre crollavano ideologie e blocchi contrapposti, e tutto il resto della sinistra perse perfino il nome “partito” nelle proprie articolazioni. Oggi, tutto ciò che abbiamo chiamato “sinistra” sta scivolando inesorabilmente, per incapacità di avanzare analisi, progetti e proposte, nell’irrilevanza. D’altra parte non ci si deve far sedurre dall’antipolitica, ma piuttosto conservare la “forma partito”, perché sta nella Costituzione e perché l’anarchia della società civile è peggiore. Solo dobbiamo darle contenuti; certamente senza aspettare che calino dall’alto.

Lo stesso ragionamento vale per la “forma” sindacato: da trent’anni sappiamo che il lavoro sta cambiando natura (quando le macchine producono le macchine, il sistema produttivo è di necessità un altro) e oggi CGIL, CISL e UIL sono finanziate dai pensionati e tutelano gli interessi degli occupati. Gli aspiranti lavoratori di trent’anni fa sono cinquantenni che sperimentano il terrore della cassa integrazione e dei licenziamenti. Chi trent’anni fa era alle elementari al lavoro stabile non riesce neppure a pensare e il precariato finirà per superare il 50 % della popolazione attiva.

Quale il senso della premessa apocalittica? Prendere in considerazione che le crisi sono certo manovrate e manovrabili, ma avvengono quando ci rendiamo vulnerabili. Il vecchio serpente ci avvia sul piano inclinato, poi ci mette le bucce di banana e fa in modo che nel cadere ci spintoniamo reciprocamente. Una volta scivolati in fondo, non ci importa neppure più sapere come è accaduto; anche perché dovremmo domandarci dove siamo stati incauti.

Ai giovani può non interessare, ma più di trent’anni fa “quelli che stavano dalla parte dei poveri” si battevano contro “l’imperialismo delle multinazionali”. Poi l’argomento cadde nel silenzio: infatti la globalizzazione era già un dato di realtà. Di per sé non era un guaio, intanto perché non si nega mai l’esistente, ma anche perché richiamava la necessità di una globalizzazione culturale come antidoto ai veleni. Le nuove tecnologie erano a disposizione per essere lo strumento politico privilegiato per tutti. Invece la maledizione degli interessi ha prodotto la riduzione di importanza dell’economia, mentre i poteri forti puntavano tutto sulla finanza, “normale” e spazzatura.

Quando si fanno soldi comprando e vendendo su internet titoli e monete, perché mai tenere alla produzione e al lavoro? Quale orafo preferisce stare a lavorare lunghe ore per un gioiello fatto a mano quando può comperare oro stampato a Vicenza e venderlo guadagnando senza faticare? Così abbiamo perso le botteghe e guadagnato i centri commerciali dove portiamo i bambini la domenica perché diventino consumatori di cose brutte. Intanto i ricchi sono diventati più ricchi e hanno inventato anche le agenzie di rating, mentre noi siamo soggetti allo spread più o meno sconosciuto alla maggioranza.

Allora: io sono una che un po’ si dispera perché ha visto durante decenni avanzare i danni di un’impostazione del mercato e perfino della vita quotidiana che ha condizionato la gente a consumi e divertimenti indecenti, giochi idioti e chat demenziali, fino a far ripetere a qualcuno sulla rete la parte del giocatore compulsivo di Dostoevskij.

Non era il cammino di progresso che immaginavamo, ma intanto in questa miseria non ci accorgevamo di vivere al di sopra delle nostre possibilità e accumulavamo il debito più alto dopo gli Usa. Sono anche una che si dispera un po’ di più perché, pur sapendo che, dopo duemila anni, non viviamo da cristiani, le fa impressione che nel nostro paese non pagare le tasse sia un merito, le mafie dilaghino nell’indifferenza (a Bologna si faccia conto ancor oggi di non sapere che il 5 % dei commercianti paga il pizzo) o che la Corte dei Conti denunci la crescita delle truffe ai danni dello stato.

Trent’anni fa si davano pensioni di invalidità a chi invalido non era, oggi si tratta di falsificazioni di titolarità di ville, auto, barche pregiate intestate oltre confine e di cassette di sicurezza in Svizzera di cui nessuno, pur malignando sul vicino di casa, informa la Guardia di Finanza. I cristiani della messa domenicale sono informati?! La Chiesa della successione apostolica a che Parola di Dio fa riferimento in queste contingenze? A quali principi non negoziabili? A quale Europa cristiana?

Secondo l’etica laica, rubare una pensione di invalidità o portare i soldi nei paradisi fiscali è immorale. Gesù Cristo chiede di chi è l’immagine sull’euro e avverte che non è lì quella di Dio. A nessuno, tanto meno al cristiano, è vietata l’analisi delle condizioni reali in cui vive, sapendo per giunta che il mondo intero attraversa una fase “epocale”.

Una globalizzazione partecipata fra società diversamente complesse per creare conoscenza condivisa potrebbe forse ancora fornire soluzioni pacifiche senza neppure doversi impegnare per gli F35 (la cui minaccia, purtroppo, non consiste solo nello spreco). La precarizzazione del lavoro, lo stesso impoverimento non possono continuare a produrre solo passività, adattamento rassegnato al governo Monti, oppure indignazione rabbiosa senza proposta e addirittura “forconi” fascisti e non, invece, ricerca di misure migliori, di bisogni ricchi di cultura, di scuola (che cosa significano le masse ricomparse ai funerali di Dalla se non che fa più politica una poesia che Ballarò), ricerca di coraggio per mantenere coscienza dei diritti sospesi, soprattutto salvaguardia della democrazia. Che è veramente in crisi. Purtroppo non solo da noi.

Ci si sente un po’ soli. Lo diceva anche p. David (Turoldo):
…Egli credeva anche per noi,
ora invece dobbiamo
credere da soli:
e credere anche per l’altro
venuto dopo.