Qualche voce sulle assise femministe marocchine. Suggestioni dal Marocco

Rosanna Marcodoppido
www.womenews.net

Il Marocco appare un paese in bilico tra arcaiche tradizioni e processi di modernizzazione, con una storia molto interessante e unica nel panorama del nordafrica per la sua capacità di integrazione tra culture religiose diverse e una straordinaria lotta di indipendenza fatta a suo tempo senza spargimento di sangue, una storia che di sicuro merita di essere conosciuta meglio.

Un breve viaggio organizzato, corredato di guida (maschile), ovviamente non basta per capire veramente cosa stia succedendo in questo paese, oggi che al governo c’è un partito islamico moderato e con un sovrano relativamente giovane grazie al quale anni addietro è stato approvato un Codice di famiglia che ha segnato una rottura profonda con il passato, un sovrano che, a detta della guida, sembra intenzionato ad impegnarsi per la costruzione di un vero stato sociale, spinto anche dalle recenti rivoluzioni che da noi hanno preso il nome di primavera araba.

Ci sono andata con una grande curiosità e ho potuto visitare velocemente tutte le città imperiali, ma soprattutto ho visto, ho voluto vedere le donne, tante donne, come capita a chi come me è convinta che la libertà femminile o è di tutte o resta un problema per tutte. Ho incontrato, per le strade o negli alberghi, giovani marocchine vestite come noi, ho visto agli incroci alcune in divisa di vigili urbane, ancora troppo poche quelle alla guida dei numerosi gruppi di turisti. Ma la maggior parte delle donne marocchine è a capo coperto nei bei vestiti lunghi e colorati.

Ogni tanto, però, mi sono imbattuta in una apparizione scura, come un fantasma che mi veniva incontro avvolto nel nero dalla testa ai piedi, coperte di nero persino le mani che stringevano la piccola mano di un bambino. Solo due strette fessure all’altezza degli occhi. Per me è stato come un buco nero nello stomaco prima ancora che inquietante interruzione nella luce multicolore e festosa del contesto.

Mi vengono in mente solo ossimori: una assenza presente, una presenza che mostra drammaticamente l’assenza, non so spiegarla in altro modo questa cancellazione totale del corpo (che è anche mente e sentimenti: è l’essere vivente), questa sensazione spiazzante, questo dolore direttamente legato alle radici più antiche e oscure della mia/nostra storia di donne.

La guida chiamava noi donne del gruppo “gazzelle” perché così in Marocco chiamano le donne: mi è sembrata una metafora gentile che evoca l’eleganza, la leggerezza della corsa, ma, pensandoci bene, evoca purtroppo anche la grande fragilità, il destino di preda privilegiata. E pensare che al momento mi ha fatto molto piacere sentirmi chiamare gazzella! Questo a dimostrazione che ci vuole un lungo lavoro politico per riuscire a leggere correttamente il livello simbolico della realtà che ci circonda e non sempre ci si riesce.

Ho saputo alcune cose dalla guida: per esempio che la poligamia è poco praticata per motivi economici e che il nuovo diritto di famiglia, il più evoluto di tutto il mondo arabo, stabilisce che il marito può sposare un’altra moglie solo se la prima è d’accordo e che con la seconda moglie è obbligato a vivere in un’altra casa. Ovviamente pochi uomini se lo possono permettere, la miseria è visibile e diffusa, nonostante il turismo, ampie zone di terra fertile e ben coltivata e un fiorente e non di rado assai raffinato artigianato.

Sono salita sull’aereo di ritorno con il rammarico di non aver potuto prendere contatti con nessuna realtà femminista ed è successo che, proprio nel giornale in lingua francese “L’opinion”, scelto tra quelli presenti a bordo, ho trovato in prima pagina la notizia che il sovrano ha nominato una donna, Amina Lamini El Ouahabi, Presidente del Consiglio superiore della comunicazione audiovisiva. Nella foto si vede la signora Amina seduta di fronte al re, a capo scoperto e gonna al ginocchio. E’ stato un bel guardare, vi assicuro. Ma ero solo all’inizio: all’interno una lunga intervista a Naima Chikhaoui, antropologa presso la facoltà di Scienze Umane all’università di Rabat, occupa una intera pagina. Il titolo dell’intervista allude ad Assise femministe che si sono svolte o si stanno svolgendo in Marocco.

Cosa dice Naima Chikhaoui

In questa intervista Naima ci parla dunque delle Assise delle femministe marocchine, dettate dall’adozione della nuova Costituzione che riconosce in modo esplicito l’uguaglianza di genere e su cui c’è da lavorare per la sua applicazione, ma sollecitate anche da quello che lei chiama “i grandi sconvolgimenti che hanno toccato il mondo arabo, denominati la primavera delle rivoluzioni”.

Ci informa che il movimento femminista marocchino, sulla base dell’iniziativa dell’Associazione Marocchina per la Protezione dei Diritti delle Donne (AMDF), ha ritenuto necessario fermarsi un po’ per riflettere sui nuovi orientamenti strategici da prendere.

“Quando si dice femminista si parla di un pensiero femminista, della visione e della concezione delle cose, ma soprattutto di un tipo di società fondamentale ed è questo che fa la differenza” e parla di lotta agli stereotipi e di “uguaglianza non in termini di complementarietà –la complementarietà essendo una scelta personale tra due persone uguali in diritti e libertà di scelta- (…) ma in termini di uguaglianza”

L’obiettivo delle assise era presentare una base di discussione per aprire un dibattito sereno sull’efficacia di un movimento che chiama ai cambiamenti sociali e che intende contribuire alla democratizzazione del Marocco in collegamento anche con le attiviste che hanno partecipato agli avvenimenti della primavera araba. A questo proposito Naima sottolinea il fatto che le donne che hanno lottato insieme agli uomini in Tunisia, Algeria, Yemen sono oggi minacciate perché tornino al loro spazio naturale, la casa, così come è successo in passato a quelle resistenti che hanno combattuto per l’indipendenza, costrette poi a tornare al punto di partenza, senza alcun riconoscimento, senza storia, “senza una reale implicazione uguale e legittima nella gestione della cosa pubblica.” E questo anche a noi Italiane ricorda qualcosa.

Durante i lavori molto è stato elaborato in materia di integrazione del principio di uguaglianza in tutte le politiche pubbliche, di armonizzazione delle leggi nazionali con le convenzioni internazionali, sulla riforma di tutte le leggi dove persistono delle discriminazioni compreso il Codice Penale, fino ad una vera e propria proposta di legge quadro. Si è parlato di problematiche particolarmente spinose come il diritto ad una eguale eredità e la violenza coniugale “che non si può occultare nel codice penale”. L’incontro ha permesso lo scambio di buone pratiche anche per contrastare la cancellazione permanente del lavoro politico delle femministe e individuare, soprattutto grazie alla presenza delle giovani, nuovi modi di lotta che utilizzino al meglio le nuove tecnologie e il potere dell’informazione. A questo proposito Naima sostiene che il nuovo governo dovrebbe mettersi in ascolto attento di queste giovani e del loro desiderio di cambiamento invece di restare prigioniero di una visione sconnessa dalle realtà sociali e dalla quotidianità. Il movimento femminista marocchino, conclude, è consapevole che “senza democrazia le donne non possono aspirare ad una giustizia sociale, ma senza l’uguaglianza di genere restano amputate della loro dignità e dei loro pieni diritti umani fondamentali che non tollerano le discriminazioni sessiste”.

Sono tornata a casa leggera come una gazzella, una gazzella non più vittima e mai sola, che conosce bene il nemico e ha imparato ad affrontarlo insieme alle altre non per ucciderlo, ma per cambiarlo. Sa che la cosa è difficile, richiede tempi lunghi, pazienza, passione politica. Questa è la sua/nostra forza, questa la sua/nostra radicale rivoluzione che coinvolge ormai da tempo tutto il pianeta.