Primavera araba, “le condizioni di vita non sono migliorate”

Ludovica Scaletti
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La primavera araba, che ha sconvolto l’assetto politico e sociale di Tunisia, Egitto e Libia e ha condizionato l’intera regione, finora non ha portato un miglioramento delle condizioni di vita delle persone. I cittadini si troveranno a dover affrontare un lungo periodo di instabilità, prima di poter vedere dei cambiamenti nel loro stile di vita. Queste sono alcune delle considerazioni contenute nel ‘Rapporto 2011 sulle sfide per lo sviluppo del mondo arabo’, realizzato dal Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) e presentato oggi in anteprima nazionale all’Aseri, il master in cooperazione e sviluppo internazionale dell’università Cattolica di Milano. “È iniziato un lungo processo di trasformazione – spiega Paolo Lembo, direttore del centro regionale dell’Undp al Cairo, che ha curato la redazione del rapporto – per una regione ricca di risorse ma dove il livello di sviluppo è basso”.

Il rapporto si concentra su cinque temi: il livello di povertà, l’ineguaglianza, crescita e sviluppo, il lavoro e la protezione sociale, la sicurezza alimentare e i cambiamenti climatici, oltre ad analizzare la situazione politica nella regione. In particolare viene evidenziato che nei paesi arabi la disoccupazione è calata dal 12% del 1990 al 9,3% del 2010, ma il tasso di persone senza lavoro resta il più alto tra le aree in via di sviluppo. Le più esposte sono le donne: meno del 20% ha un lavoro che non sia legato all’agricoltura. Le cause?

Il rapporto delle Nazioni Unite ne individua due: il basso livello di istruzione e la mancanza di incontro tra domanda e offerta di lavoro. La sfida per i nuovi governi del mondo arabo, si legge nel documento, sarebbe quella di creare oltre due milioni di posti entro il 2030, per raggiungere alti livelli di occupazione e per far sì che il 35% delle donne lavori. Inoltre gli esperti sostengono che la politica clientelare diffusa nella regione abbia indebolito le relazioni tra stato e cittadini e che abbia annullato i tentativi di creare equilibri tra le sfere economica e politica. “Occorre ripensare il modo in cui le persone interagiscono con il governo” commenta Lembo.

Il documento si conclude con una riflessione su cinque azioni che vengono proposte come possibili strade da percorrere verso lo sviluppo. Le proposte sono: realizzare riforme reali e non di facciata; creare una costituzione forte; combattere la corruzione; garantire la libertà di informazione; riformare i governi locali per aumentare il grado di fiducia tra istituzioni e cittadini. Il rapporto, che è alla sua seconda edizione, verrà presentato il 6 giugno a Bonn, a Parigi l’8, a Londra l’11, a Madrid il 13 e a Le Hague il 15.

Il testo può essere scaricato dal sito internet: http://www.undp.org/