Family 2012 – La famiglia del terzo millennio di G.Codrignani

Giancarla Codrignani
Adista Segni nuovi n . 23/2012

Mentre i terremoti stremavano l’Emilia e un gran numero di chiese crollavano, Milano ha ospitato, dal 30 maggio al 3 giugno, il grande “evento” del Family 2012 organizzato dalla Chiesa del card. Scola, un “grande” di Cl, in difficoltà per lo scandalo regional-diocesano prodotto dal presidente Formigoni, uno dei cosiddetti memores Domini che ha avuto il coraggio di intervenire a rappresentare la Lombardia. Un “evento” alla presenza del papa (in Duomo, alla Scala e all’incontro popolare nello stadio Meazza) che, nelle intenzioni, doveva essere «un’occasione privilegiata per contemplare all’opera il dono dello Spirito». Ovviamente tutto per la famiglia (rigorosamente al singolare): e, quindi, Congresso della famiglia, Fiera della famiglia, Libreria della famiglia, Arte della famiglia. Gli iscritti hanno ricevuto un kit contenente zainetto, cappellino, maglietta, spilla, foulard, portabadge. I 1500 giornalisti accreditati e le 40 tv collegate (e la Rai con tutte le reti) hanno trovato il traffico ufficialmente bloccato anche nel circondario, mentre l’Enel aveva messo a disposizione vetture elettriche a emissioni zero (per la verità non di facile accesso).

Per il card. Scola questa «occasione missionaria di primo ordine» nei temi proposti – la famiglia: il lavoro e la festa – doveva aiutare a scoprire il desiderio infinito che abita il cuore di ogni persona: «Essere definitivamente amato da un padre, da una madre, da fratelli, sorelle e nonni e nonne, edificare il mondo, vivere tempi gratuiti e comuni». Così «faremo risplendere il nostro contributo alla vita buona personale e comunitaria» . Anche «per potenziare la vita ordinaria della Chiesa». Guardando al Vaticano, splendore ne vedeva poco.

Adesso i cattolici attenti al Concilio Vaticano II – in particolare le donne – verranno accusati di essere, oltre che comunisti, “protestanti”. Infatti ci permettiamo di sostenere che proprio “la famiglia” è un luogo sociale su cui non si ammettono le ideologie. Una famiglia è cattolica solo se i suoi componenti sono buoni cristiani che applicano il Vangelo. Non sono state le Chiese ad inventare le famiglie. Che non sono nemmeno un’istituzione, anche se, come i clan, le tribù, le nazioni hanno a che vedere con il potere e le trasformazioni storiche. Parlarne al singolare riconduce all’origine, purtroppo proprietaria; in particolare a quell’uomo che “domina” la donna e la vuole “propria” per definire “legittimi” i figli alla cui nascita collabora senza certezza. Il patrimonium controlla la dote femminile del matrimonium. Questa è la storia sociale che dovremmo conoscere tutti, anche i preti che benedicono (e di fatto legittimano) un sacramento in cui i ministri sono gli sposi e non il sacerdote.

Dire “famiglie” al plurale è ormai ineludibile, a partire dai conviventi e dai divorziati cattolici (anche figli di genitori conservatori più o meno lefebvriani) o dall’accoglienza a omosessuali e lesbiche, come da sempre sono “famiglia” i single e le comunità (anche religiose). Proprio chi è debitore alla famiglia d’origine di qualche felicità capisce che è sostanzialmente priva di senso la «famiglia normocomposta» (ma che aggettivo è?!) di un uomo e una donna in relazione di fedeltà e apertura alla vita, «desiderio e realizzazione concreta del desiderio… in una società complessa». Nessun sospetto che per una donna l’apertura alla vita possa diventare tragedia. Nessuna finezza rispetto al dono della sessualità da parte di Dio e nemmeno l’ombra del sospetto che il remedium concupiscentiae, come una delle finalità del matrimonio, sia una bestemmia. D’altra parte un cardinale, si sa, non ha di queste sensibilità. Non gli fa neppure impressione che in tutti e quattro i Vangeli la parola “famiglia” non ricorra e che, quando la si menziona indirettamente, Gesù obietta «chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?».

Problema centrale anche per il convegno è stato il rapporto con il lavoro. Riconosciuto dalla Chiesa nella sua dignità, anche per la lavoratrice che è – come diceva Eugenia Scabini, Consultore del Pontificio Consiglio della Famiglia – «una risorsa» che per la grandezza del suo contributo di cura alla società reso all’interno della famiglia, «si potrebbe monetizzare», secondo l’ideologia della donna ammortizzatore-sociale-a-basso-costo. La conciliazione famiglia/lavoro, detta cattolicamente “armonizzazione”, come la complementarietà della coppia che non dà mai parità, prevede un uomo che collabora per senso caritatevole verso la moglie. I più se la sono cavata con le citazioni bibliche e l’esempio di Gesù lavoratore, mentre chi ha tentato il sociologico è rimasto nei toni clericali. Soprattutto nei confronti delle donne, trattate con un senso dei loro diritti alquanto discutibile. Nessun pensiero per la consorelle americane che non si arrenderanno, dopo le ispezioni e il commissariamento dell’organismo che comprende l’80% delle superiore delle congregazioni femminili statunitensi: troppo liberal, troppo ben disposte verso l’“abortista” Obama, troppo attente all’accoglienza di gay, lesbiche, trans, troppo studiose del sacerdozio. Anche queste sono vertenze di famiglia; e non delle meno significative. Ma se chi parla di amore non rispetta i diritti, la famiglia non regge: si divorzia anche dalla Chiesa…