L’importanza di essere laici

Dalai Lama
La Repubblica | 12.06.2012

Sono ben consapevole che, per alcune persone, e in particolare per certi fratelli e sorelle cristiani e musulmani, il mio ricorso al termine «laicismo» possa comportare delle difficoltà. Per qualcuno questa parola implica un fermo rifiuto, se non addirittura un’ostilità, nei confronti della religione.

Potrebbe quindi sembrare che, servendomi di tale vocabolo, io intenda sostenere l’esclusione della religione da qualsiasi sistema etico, se non addirittura da tutti gli ambiti della vita comunitaria. Non è certo questo che ho in mente: al contrario, la mia lettura della parola «laico» deriva dalle modalità secondo cui è comunemente impiegata in India.

L’India moderna si è dotata di una costituzione secolare e afferma con orgoglio di essere un Paese laico. Secondo l’accezione indiana del termine, quando si parla di laicismo non si sottintende un antagonismo nei confronti della religione o di chi pratica una certa fede, bensì un profondo rispetto e un’assoluta tolleranza per ogni credo. Inoltre, il laicismo prevede un atteggiamento inclusivo e imparziale, anche verso i non credenti. Tale interpretazione del termine – che implica tolleranza reciproca e rispetto per tutte le fedi, così come per chi non ne segue alcuna – è un retaggio specifico del retroterra storico e culturale indiano. Ho motivo di credere che l’accezione occidentale della stessa parola derivi a sua volta dalla storia europea.

Non sono uno storico, né un esperto in materia; ciò nonostante, mi pare che dal momento in cui la scienza ha cominciato a progredire rapidamente nel continente europeo, ci si sia automaticamente orientati verso una maggiore razionalità. E tale razionalità ha causato, tra l’altro, un netto rifiuto di quello che era considerato un insieme di superstizioni, retaggio del passato. (…) Per come la vedo io, i concetti di giustizia sociale non sono in alcun modo in contraddizione con i principi cui aderisce la religione, giacché il nocciolo di tutte le grandi fedi è la promozione delle qualità umane più positive, nonché lo sviluppo di valori come la gentilezza, la compassione, il perdono, la pazienza e l’integrità personale.

Empatia e conoscenza

Ogni volta che incontro qualcuno, il presidente di un Paese o un semplice cittadino, alto o basso, ricco o povero, proveniente da questa o quella nazione o appartenente a una fede religiosa piuttosto che a un’altra cerco di instaurare un rapporto in cui siamo semplicemente esseri umani che fanno del loro meglio per raggiungere la felicità e fuggire il dolore. Ho scoperto che, adottando questa prospettiva, si genera una sensazione naturale d’intimità anche con persone sconosciute.

Le due dimensioni della spiritualità

La prima dimensione, del benessere spirituale, non dipende dalla fede ma nasce dalla nostra natura, che ci vede predisposti alla compassione e alla gentilezza. La seconda è quella della spiritualità che potremmo considerare radicata nella fede. Tra queste due dimensioni c’è una differenza analoga a quella che c’è fra l’acqua e il tè. (…) In qualunque modo sia preparato, l’ingrediente principale del tè è pur sempre l’acqua. E se è vero che possiamo vivere senza tè, ci è impossibile vivere senz’acqua.

Essere aperti all’amicizia
Non è forse possibile che gli individui che ci circondano non siano tanto nostri amici, quanto amici dei nostri soldi, del nostro status o del nostro bell’aspetto?

Persone che sembrano avere molti amici potrebbero sentirsi isolate. Vorrei ricordare a chiunque provi qualcosa del genere che il solo antidoto a una tale solitudine è una disposizione mentale caratterizzata dall’affetto, dalla sollecitudine e dalla gentilezza amorevole nei confronti di tutti gli altri esseri umani.

Pazienza e tolleranzaNel contesto dell’etica laica, l’antidoto alle emozioni distruttive di cui abbiamo più urgente e immediata necessità nel quotidiano è con ogni probabilità ciò che i tibetani chiamano soe pa.

Sebbene sia normalmente tradotto con «pazienza», il termine include anche le qualità della tolleranza, della sopportazione e del perdono. Comprende tutto ciò di cui abbiamo bisogno per tollerare la sofferenza, e implica il non dare libero sfogo alle reazioni negative suscitate istintivamente dalle difficoltà.

La compassione verso gli altri

Tutti nasciamo da una madre e dipendiamo dalle sue cure e da quelle degli altri adulti. La stessa guarigione da una malattia non dipende soltanto da cure mediche adeguate, ma è dovuta in modo significativo anche alle attenzioni che riceviamo. Ma ancora più importanti del calore e dell’affetto che riceviamo sono il calore e l’affetto che sappiamo dare. Infatti, è grazie a queste qualità, a un’autentica sollecitudine nei confronti del prossimo – in altre parole, alla compassione – che ci garantiamo le basi per la felicità.

La visione olistica

Se vogliamo che la comprensione del mondo in cui viviamo sia realistica, il discernimento è un fattore essenziale. In questo contesto, l’idea chiave che dobbiamo capire appieno è quella dell’interdipendenza.
Pensiamo all’interdipendenza della finanza o dell’economia mondiale, o dell’umanità stessa nell’era della globalizzazione, o ancora a quella del mondo naturale, che i biologi descrivono in termini di «catena alimentare» e «simbiosi» tra i diversi organismi viventi.

Cooperazione e ottimismo

Gli esseri umani sono già riusciti molte volte a superare gli ostacoli che si sono trovati di fronte. Nel corso della nostra evoluzione abbiamo attraversato con successo varie fasi. Ciò rappresenta una testimonianza della nostra capacità di adattarci e delle grandi risorse sociali e morali di cui siamo dotati. Il nostro successo in quanto specie è stato reso possibile dalla nostra attitudine a cooperare, cui abbiamo saputo attingere soprattutto quando erano a rischio i nostri interessi più vitali.

L’arte della meditazione

Mi dedico a due esercizi di addestramento mentale: la meditazione razionale, analitica, e la meditazione di assorbimento. Poiché viviamo in un’epoca in cui possiamo fare una infinità di cose semplicemente premendo un tasto, molti si aspettano che nell’ambito dell’addestramento mentale gli effetti siano immediati, che la trasformazione interiore si possa cioè ottenere limitandosi ad applicare la formula giusta o a recitare il mantra più adeguato. In realtà, non è così: l’addestramento mentale richiede tempo e sforzo.