Politica e religione di M.Vigli

Marcello Vigli
www.italialaica.it| 15.06.2012

Mentre i protagonisti dell’incontro di Todi si sono dati appuntamento per l’autunno per trovare una collocazione politica per i cattolici non allineati e in questi giorni a Milano altri si incontrano Travolti da un’insolita passione per qualificarsi come una nuova generazione di cattolici in politica, torna a fibrillare fra quelli schierati nel Partito democratico l’esigenza di marcare una propria identità. Beppe Fioroni si è detto contrario all’urgenza di una “legge che faccia uscire dal far west le convivenze stabili tra omosessuali, conferendo loro dignità sociale e presidio giuridico “affermata dal segretario del suo partito nel messaggio inviato al Bologna pride.

Si è anzi dichiarato, in un’intervista ad Avvenire, pronto a candidarsi per le primarie se Pier Luigi Bersani dovesse fare di una legge sulle unioni omosessuali una delle priorità programmatiche del partito. Le primarie infatti sono anche per individuare le priorità nel programma del partito e, a suo avviso, quella legge non è sentita urgente mentre incombono i temi del lavoro, della crescita, del futuro dei giovani e della famiglia.

Come era prevedibile le dichiarazioni di Fioroni, al di là della sua proclamata intenzione di non voler creare divisioni e tensioni in momenti così difficili, hanno prodotto reazioni diffuse e critiche pesanti nei confronti del permanere dell’uso della religione nella dialettica politica nel partito.

Anche a destra il problema si pone se Giancarlo Galan dichiara di volersi candidare alle primarie del partito della libertà in alternativa ad Alfano, per restituire rappresentanza alle posizioni laiche, quelle dei diritti civili, della regolamentazione delle coppie di fatto. Senza entrare nel merito, né condividere l’accusa di strumentalizzazione avanzata da La Russa, c’è da rilevare la convenienza dell’uso di riferimento a motivi religiosi, sia pur per rifiutarli, per caratterizzare una propria identità politica.

La religione e la sua negazione sempre più hanno assunto la funzione delle ideologie politiche, in presenza della loro cosiddetta crisi.

C’è chi pensa che questa funzione di supplenza garantisca il diritto di cittadinanza al tema della solidarietà in un una società in cui ogni rapporto sembra condizionato dal primato del mercato sullo stato sociale. Questa convinzione spiega, anche se non giustifica, l’attenzione alle organizzazioni religiose e l’acquiescenza verso le loro autorità, di gruppi e uomini politici che si proclamano atei, agnostici o che fanno professione di laicismo riducendo la laicità a ideologia.

È estremamente difficile in questa confusione culturale, che inquina non solo la vita politica ma lo stesso confronto delle idee, affrontare il rapporto fra religione e politica. Ne è un esempio il grave equivoco creato intorno al tema della libertà religiosa. Nessuno pensa di negarne il valore, anche se poi diversi sono i modi d’intendere gli spazi e i limiti in cui esercitarla.

Lo rivelano le difficoltà e le contrapposizioni che da tempo sta incontrando l’approvazione della legge sulla libertà religiosa, che dall’inizio degli anni ’80 non riesce a vedere la luce, scontrandosi con difficoltà dimostratesi praticamente insormontabili, tra veti incrociati e indifferenze varie. Recentemente la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha organizzato un convegno Una legge sulla libertà religiosa. Urgente, inutile, impossibile? con l’intento di richiamare l’attenzione sulla necessità che si torni a discuterne, non solo per superare l’anomalia tutta italiana nata con l’approvazione del Nuovo Concordato e delle Intese, ma anche per rispondere alla nuova situazione creata dall’aumento della presenza di altre comunità religiose oltre quelle cristiane e quella ebraica.

Attualmente esistono quattro condizioni giuridiche: il regime concordatario per la chiesa cattolica, quello delle confessioni che godono delle Intese previste dalla Costituzione, le confessioni che sono in attesa dell’approvazione parlamentare di un’Intesa già stipulata e quelle che non hanno stipulato o non intendono stipulare Intese con lo Stato. Per queste due ultime vale la vecchia Legge fascista dei Culti ammessi approvata quando la cattolica era la sola religione di Stato. In questa confusione le nuove comunità vivono in condizioni di precarietà che trova spazio mediatico quando sorgono controversie per l’apertura di spazi e per il culto, in particolare per la costruzione di moschee .

Questa anomalia dà ragione delle difficoltà di cui si è detto per l’approvazione di una legge che, per essere uguale per tutti, dovrebbe eliminare le condizioni di privilegio di cui godono le chiese che fruiscono dell’attuazione degli articoli 7 e 8 della Costituzione.

C’è da chiedersi se questi articoli hanno ancora ragion d’essere in questo terzo millennio, il primo dell’era planetaria, in cui la religione non si è estinta, come pure sembrava emergere alla fine del secolo scorso, si è anzi rinvigorita, ma viene sempre più apparendo priva di quella sacralità che la rendeva una visione del mondo radicalmente diversa da quelle offerte dalla filosofia e dal senso comune.

Lo conferma, indirettamente, anche il suo uso in funzione di ideologia politica che va ben oltre i casi prima citati, come rivelano i tanti focolai di guerra in cui spuntano qua e là croce, mezzaluna, stella di David. Pensare un mondo con dio, senza dio o avvolto nell’incertezza di una sua esistenza, caratterizza molto meno di un tempo donne e uomini preoccupate/i piuttosto di salvaguardarne sopravvivenza e integrità, e desiderose/i di assicurare a tutti i popoli pari opportunità di abitarlo nelle migliori condizioni possibili.

C’è da chiedersi, cioè, se anche la legge per la libertà religiosa non sia da considerare frutto del desiderio di voler salvaguardare una diversità qualitativa fra religioni, ideologie, visioni filosofiche del mondo, concezioni nichilistiche assumendola come metro di valutazione e di giudizio dell’agire di chi ad esse si ispira.

Conviene assumere l’operosa solidarietà sociale, la concordia fra i popoli e il concreto amore per il proprio pianeta come parametri di valore per orientarsi nelle scelte politiche, senza evadere dalla realtà rifugiandosi nel virtuale delle religioni – magari demonizzando il relativismo – con cui si possono manipolare le coscienze accecandole di assoluto.

Le opere devono diventare metro comune di giudizio. Da esse dice il Vangelo vi riconosceranno.