Cina, storie di donne

Gabriele Battaglia, da Pechino
@Chen_the_Tramp

“Possiamo inviare una taikonauta nello spazio, e possiamo anche far abortire forzosamente il feto di una donna di campagna, incinta di sette mesi. Il netto contrasto tra i destini di due donne, la 33enne Liu Yang e la 22enne [in realtà 27enne, ndr] Feng Jianmei, è la più chiara illustrazione dello stato di lacerazione di questa nazione. Gloria e sogni illuminano disgrazia e disperazione, tecnologie d’avanguardia coesistono con lo spudorato schiacciamento del popolo. Razzi volano in cielo mentre la morale raggiunge nuovi minimi, la nazione sorge mentre il popolo si inginocchia in sottomissione. Questo è il modo in cui il migliore dei tempi incontra il peggiore”.

Alla faccia dell’”armonia” di Stato, questo è il messaggio postato su Weibo – il principale social network cinese – da tale Jiǎzhuāng zài Niǔyuē (che potrebbe essere tradotto come “falso a New York). Ripreso da Han Han, il più famoso blogger dell’Impero di Mezzo, è stato ripostato e letto migliaia di volte in Cina e poi ha fatto il giro del mondo. Sintetizza alla perfezione le due storie che hanno riempito i media cinesi nello scorso week-end.

Da una parte Liu Yang, l’astronauta. È la prima donna cinese che va nello spazio, a bordo della navicella Shenzhou-IX. È una specie di Valentina Tereškova postmoderna che rappresenta l’orgoglio patrio. Secondo un portavoce del programma spaziale, la selezione del pilota da caccia dell’Esercito Popolare di Liberazione, Liu Yang, “mostra l’immagine positiva delle donne cinesi”. La stessa Liu ha affermato che è stato per lei un grande onore rappresentare le donne della Cina.

Non ha figli perché troppo impegnata nell’addestramento. Ma i suoi familiari, intervistati dai media, hanno già detto che finita la missione vorrebbero che ne mettesse uno in cantiere. Prima taikonauta, poi madre: è una donna con un senso delle priorità molto chiaro.

Dall’altra parte c’è Feng Jianmei, la contadina dello Shaanxi, che il 2 giugno è stata costretta a sottoporsi a un aborto tardivo, al settimo mese, perché non poteva pagare 40.000 Rmb di multa (circa 5mila euro) per tenersi il secondo figlio. Un parente l’ha fotografata distesa in un letto d’ospedale, e l’immagine ha fatto il giro del web cinese, portando alla sospensione di tre funzionari locali e a un’indagine di alto livello. Gli aborti obbligatori, voluti dalle autorità locali per rientrare nelle quote previste dalla politica del figlio unico, sono un tema scottante, di cui si era occupato Chen Guangcheng, il dissidente cieco che è di recente riparato negli Usa.

Le due vicende, affiancate volontariamente dei netizen cinesi, non dimostrano solo, ancora una volta, che la Cina è un universo dove il livello più alto dello sviluppo (capitalistico) coesiste con problemi da Paese in via di sviluppo.
Rivelano anche che il governo centrale non ha una posizione univoca. Non è un caso che la discussione online sulle due storie parallele sia stata consentita senza troppi interventi dei censori.
Se infatti la politica del figlio unico è ancora la linea ufficiale, in realtà si moltiplicano le eccezioni dettate dai timori per un invecchiamento della popolazione e per una futura carenza di forza lavoro.

Una ricerca ufficiale del 2007 stimava che la politica del figlio unico raggiungesse solo il 40 per cento della popolazione cinese, anche perché le minoranze etniche hanno diritto a un secondo figlio, così come i contadini se il primogenito è femmina. Pagare la “tassa di mantenimento sociale” (di fatto una multa) per il secondo (e magari terzo) figlio è ormai spesso il surrogato dell’acquisto di un permesso speciale, soprattutto nel caso delle famiglie benestanti. He Yafu, studioso indipendente e critico della politica del figlio unico – citato dall’Economist – calcola che dal 1980 il governo abbia già raccolto più di 2mila miliardi di yuan (314 miliardi di dollari) da questo balzello. Altrimenti funziona il guanxi, la rete relazionale, che può farti “scontare” la multa.

Nulla ha funzionato nel caso di Feng Jianmei. Il suo è quindi un caso di diseguaglianza.
Ma in rete, c’è anche chi ratifica questa diseguaglianza, la fa propria, anche se più o meno tutti condannano il trattamento a cui la donna è stata sottoposta. È il caso per esempio del netizen che scrive: “Se non puoi trovare 40mila yuan, come puoi sperare di allevare bene un bambino? Se alla fine basta stare nascosti sette mesi per fare un terzo o quarto figlio, tutti finiranno per nascondersi, e a questo punto come la controlli la popolazione?”

Discorso crudo, che però rivela un sentire diffuso: se non hai soldi, guanxi, non sei parte di una minoranza o di una categoria protetta (i pescatori di Shanghai possono fare un secondo figlio se sono stati in mare almeno cinque anni), perché metti al mondo figli?