Diritti umani, l’Italia arranca

Umberto De Giovannangeli
l’Unità | 28.06.2012

Una radiografia dettagliata dello stato dei diritti umani in Italia. Uno stato ancora deficitario. Una verifica puntuale del rispetto da parte del nostro Paese delle 92 raccomandazioni ricevute dall’Italia due anni fa dal Consiglio dell’Onu per i diritti umani. Un lavoro di straordinaria importanza, quello fatto da 86 Ong e Associazioni della società civile italiana, sintetizzato in un rapporto presentato ieri a Roma nella sede della Fnsi.
«Sono trascorsi due anni da quando il Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, attraverso la Revisione Periodica Universale, espresse 92 raccomandazioni all’Italia sullo stato dei diritti umani nel nostro Paese – spiega Carola Carazzone, portavoce del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani-.

Con questo rapporto le Ong e associazioni del Comitato italiano intendono tenere alta l’attenzione e il dibattito su questi temi. Ad oggi il governo italiano non ha ancora tradotto il testo e siamo in attesa di un mid term report, così come auspicato dal Consiglio. Chiediamo quindi al Governo di preparare, seguendo l’esempio di altri paesi dell’Unione Europea, un Rapporto di follow up a medio termine, di inviarlo all’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e di prodigarsi per dare attuazione alle raccomandazioni».

«Priorità – aggiunge Carazzone – venga data alla costituzione di un’Istituzione nazionale indipendente per i diritti umani in Italia, essendo il nostro l’unico paese dell’Ue privo di un meccanismo garante e indipendente, la previsione del reato di tortura nel nostro codice penale, la protezione dei diritti fondamentali dei migranti, dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle donne vittime di violenza e dei detenuti e il diritto all’informazione libera e indipendente».

Alcuni focus particolarmente significativi.

Reato di tortura: il 20 maggio 2011 l’Italia è stata riconfermata Stato membro del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite per il triennio 2011-2014. In fase di candidatura per il secondo mandato, il Governo italiano ha indicato gli impegni volontari in materia di diritti umani che intende perseguire: pesa, tra questi, l’assenza di una precisa intenzione a introdurre il reato di tortura nell’ordinamento penale interno. Su questa grave inadempienza, suffragata dal respingimento della raccomandazione numero 8 da parte del Governo italiano nel 2010, grava anche il mancato richiamo alla ratifica del Protocollo opzionale del Consiglio d’Europa contro la tortura (Opcat).

In materia di riconoscimento dello status di rifugiato non esiste tuttora una legislazione organica; le Commissioni Territoriali per il riconoscimento della Protezione Internazionale emettono troppo spesso dinieghi alle domande di riconoscimento, costringendo i richiedenti a fare ricorso giurisdizionale per vedersi riconosciuto il loro status. Nel rapporto, si rileva un’inadeguatezza pesante nel sistema generale di accoglienza, al di sotto degli standard minimi europei.

Tratta: la manovra di bilancio per il 2011 ha segnato un drastico taglio ai fondi statali per le politiche sociali, abbassando gli stanziamenti di bilancio da 1472 milioni di euro del 2010 a 349,4 milioni di euro (2520 nel 2008, e 271,6 previsti per il 2013). Fra le diverse conseguenze, il 1 agosto 2010, per ridurre i costi del servizio, sono stati chiusi i 14 uffici territoriali del numero verde salvaprostitute per sostituirli con un’unica postazione centrale. In virtù del pacchetto sicurezza Legge 15.07.2009 n˚ 94 che introduce il reato di clandestinità come reato penale, la politica migratoria italiana si è orientata fortemente verso la repressione del fenomeno dell’immigrazione clandestina, e questa fattispecie si è sovrapposta alla necessità di individuare e sostenere le vittime della tratta.

Diritti delle persone minori di età che vivono nel nostro Paese. Per quanto riguarda l’accesso all’istruzione – rileva il rapporto – e la scolarizzazione dei bambini Rom e Sinti restano ancora irrisolti i problemi legati alla frequenza e all’abbandono scolastico. Sarebbero almeno 20 mila i Rom sotto i dodici anni, in grandissima parte rumeni e dell’ex Jugoslavia, che evadono l’obbligo scolastico in Italia e si stima che «i restanti coetanei Rom e Sinti siano in un generalizzato ritardo didattico di non meno di tre anni». Inoltre, le condizioni abitative, il minor tasso di scolarità, le difficoltà di accesso ai servizi sanitari sono tra i fattori di rischio per la salute delle persone di origine Rom, in particolar modo per i minori.

In tema di autonomia dell’informazione, le raccomandazioni all’Italia del Consiglio Onu per i diritti umani continuano a cadere nel vuoto, rimarca Roberto Natale, presidente della Fnsi. «Nell’ultimo anno – spiega Natale – il Governo è cambiato, ma non è cambiato il sostanziale disinteresse a risolvere la concentrazione delle risorse, la soffocante sudditanza del servizio pubblico, il conflitto di interessi».