Gay: la rivoluzione francese

Rosa Ana De Santis
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La promessa elettorale di Hollande diventerà legge di Francia. In un discorso programmatico in Parlamento il primo ministro, Jean-Marc Ayrault, ha annunciato che dal primo semestre 2013 gli omosessuali potranno sposarsi e adottare figli. Finiranno quindi le odiose discriminazioni che ad oggi penalizzano i gay rispetto agli eterossessuali. La società civile francese è pronta per questo cambiamento, anche se molto di più per il matrimonio che per l’adozione.

Oggi, in Europa, il diritto al matrimonio per i gay esiste in 7 paesi: Danimarca, Spagna, Belgio, Olanda, Svezia, Norvegia e Gran Bretagna e la svolta socialista francese preoccupa i cattolici, in modo particolare i vicini di casa italiani. Avvenire parla di pericoloso “zapaterismo” e mette in evidenza la resistenza della Conferenza dei vescovi francesi e del Partito democristiano. Anche se i toni della Chiesa cattolica francese non sono in alcun modo sovrapponibili a quelli del Vaticano e alla modalità di confronto con le Istituzioni cui siamo abituati nel nostro Paese.

La Chiesa francese rivendica il diritto di “manifestare ciò che rifiuta”, come in qualsiasi dinamica democratica e liberale che si rispetti. Ma la politica fa e farà il suo corso, senza interferenze legate al credo religioso e alle letture soggettive del bene. La legge ragiona squisitamente in termini di diritti e in Francia questo è patrimonio dei costituzionalisti, ma anche della gente comune.

Si fa strada l’idea che esistano diversi modelli familiari e non uno solo, dogmatico e rigido. Del resto sono già 200mila i bambini che in Francia vivono in famiglie omoparentali.

Lo sguardo all’Italia è piuttosto desolante perché è principalmente nella società civile che sono radicate forme di discriminazione e di rifiuto e nessuna opera di educazione e sensibilizzazione, che non sia qualche campagna spot, è mai stata seriamente promossa dalle Istituzioni. Soltanto pochi giorni fa era stata la televisione, attraverso le parole di un calciatore molto popolare, a veicolare tutti i tradizionali pregiudizi contro i gay e a farlo in orario di cena.

Del resto in un paese dove ancora i numeri di violenza contro le donne sono da capogiro, è evidente che la strada dell’emancipazione e della cultura della differenza è ancora tutta da costruire. Soprattutto, lo sappiano i teorici della famiglia giusta, aspettiamo di veder dimostrato il valore intrinseco della famiglia eterossessuale che continua ad essere confuso con la naturalità della procreazione.

Uno sguardo alla cugina Francia ancora una volta, come tante altre nella storia, potrebbe aiutarci a diventare un vero paese liberal-democratico e a riconoscere il valore di tante, anonime – e oggi clandestine – famiglie. Sacre come tutte le altre.