I mercati non vanno letti come il fondo della tazzina o le interiora di pollo

Giovanni La Torre
www.criticaliberale.it

Ogni giorno leggiamo su tutti i giornali interpretazioni sugli umori dei mercati. Ogni variazione viene letta con riferimento a qualche evento anche banale di breve periodo. Si ha l’impressione che l’andamento dei mercati venga analizzato un po’ alla stessa stregua con la quale gli indovini e le fattucchiere leggono il fondo della tazzina di caffè o le interiora di pollo. Per avere informazioni significative dalle variazioni dei corsi dei titoli bisogna vedere i trend di lungo periodo, lo stare dietro alle variazioni giornaliere può addirittura fare il gioco della speculazione (e dei “banksters”) che spesso le provoca ad arte per creare discontinuità e lucrare lauti guadagni in pochi giorni.

Altre volte possono essere coincidenze con scadenze tecniche a provocare sussulti improvvisi. Allora vediamo cosa dicono i trend di lungo periodo. Questi dicono che i corsi continuano a scendere regolarmente in tutto il mondo per effetto di quello che noi abbiamo chiamato il “rasoio di Keynes”, cioè l’eliminazione di quell’eccesso di risparmio che negli ultimi venti-trenta anni non si è trasformato in investimenti (in ossequio alla condizione di equilibrio keynesiano S = I).

Per quanto riguarda l’Italia si aggiunge la considerazione che il nostro paese è ormai entrato in uno stato di recessione cronica dal quale non facciamo nulla di veramente concreto per venirne fuori. E’ quello che fino a pochi mesi fa veniva chiamato “declino italiano”. Chi scrive ha già sostenuto più volte che i due mali assoluti italiani sono il livello del debito pubblico e il livello della corruzione. Il costo di entrambi divora i due terzi di tutte le imposte dirette e, per quanto riguarda la corruzione,
determina un crollo nella produttività generale dei fattori e scoraggia gli investimenti (non solo esteri).

Purtroppo questo governo non ha fatto nulla nei due sensi. Bisogna decidersi a istituire una “gestione separata” per la riduzione del debito dove far confluire le entrate di imposte straordinarie, come la patrimoniale, e il ricavato della vendita di beni pubblici. Bisogna fare una legge severissima sulla corruzione. Sono costretto a ricordare che l’Italia, nell’ultima classifica di Transparency International, è al 69° posto come corruzione con un voto di 3,9 (la sufficienza è 6).

Siamo a pari “merito” del Ghana e veniamo superati in onestà pubblica, a titolo di esempio, da paesi come Montenegro, Turchia, Namibia, Seychelles, Costarica, Repubblica Dominicana, ecc.. Per intenderci, i nostri governanti vengono considerati dalla comunità internazionale, grosso modo a ridosso di quei governanti del Terzo Mondo che mettono in tasca gli aiuti internazionali per le loro popolazioni affamate. Nessuno ne parla.

L’unica volta che Monti ne ha accennato è stato quando ha incontrato l’emiro del Quatar, ma giusto perché glielo ha fatto presente questi. In compenso continuiamo a baloccarci con l’art. 18, i pensionati, gli esodati, e altre questioni che sono sì importanti ma che sono secondarie nella situazione italiana, tant’è che i mercati continuano a punirci.

Pur di non vedere i reali problemi si avanzano anche motivazioni improbabili per giustificare le nostre ambasce, del tipo: i “mercati si preoccupano per quello che succederà dopo le elezioni”, come se l’attuale governo avesse veramente invertito la rotta verso il declino del nostro paese.

Oppure (e pare lo abbia detto lo stesso ministro Grilli) “dei 500 b.p. di spread solo 200 sono addebitabili a noi, mentre la differenza è da ascrivere al rischio di dissolvimento dell’euro”, ma perché se l’euro si dissolve lo è solo per noi? Non lo è anche per la Germania, la Francia, l’Olanda, ecc., non dovrebbero subire anche loro questi 300 b.p. di spread? Ricordo infine che il livello di corruzione rientra nei parametri che usano le società di rating per calcolare il rischio paese.