La truffa delle unioni civili. Una gabbia senza garanzie

Annamaria Bernardini de Pace
www.ilgiornale.it, 23 luglio 2012

Le unioni civili, gay ed etero, non costituiscono una questione di destra e neppure di sinistra. Il fatto che l’uno e l’altro schieramento se ne approprino, per strumentalizzare l’avanguardismo o il conservatorismo, è solo prova della malafede con la quale i politici affrontano qualsiasi tema che possa aggregare consensi o dissensi. Per fare numeri e fare parlare di sé.In realtà quello delle unioni civili è un problema non problema, artefatto e in buona parte sintomo di ignoranza.

Ogni cittadino ha diritti individuali e diritti riconosciuti. La Costituzione lo tutela sia come singolo, sia quale componente di una creazione sociale o familiare. E dice anche che la famiglia è riconosciuta in quanto fondata sul matrimonio e che il matrimonio è costruito sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi.A questo punto varie domande si impongono: perché, se la famiglia è riconosciuta in quanto fondata sul matrimonio, si discute sempre delle famiglie non «matrimoniate», pretendendosi che abbiano gli stessi diritti di quelle segnate dal vincolo coniugale? È un non senso e un controsenso: il matrimonio è imperniato sulla libera volontà delle parti di assumerne doveri e diritti. Libera volontà espressa in forma solenne e sempre revocabile.

Perché una ipotesi di legge, quali lo sono state le ineffabili Pacs, Dico, e Didore, dovrebbe sostituire il consenso personale e far trovare all’improvviso semisposate coppie solo conviventi in forza della precisa scelta di libertà di non sposarsi? O, peggio, fare trovare a sua insaputa sposato quello dei due che non ne aveva alcuna intenzione? O c’è, il matrimonio, o non c’è. E se c’è, deve contare solo la volontà libera e incondizionata di chi se ne assume le responsabilità. Non la volontà populistica dei tribuni pseudoprogressisti.

Di conseguenza anche queste manfrine delle unioni civili costituiscono un inganno: agli ideali, alla Costituzione, al convivente speranzoso di essere un giorno praticamente sposato all’altro, senza nessuna fatica. Le unioni civili sono la trappola della libertà, in cambio di qualche misero beneficio amministrativo. Hanno poco da raccontare, quelli che pensano di superare le discriminazioni istituendo il registro: così facendo discriminano tra coppie che si sposano, con la volontà e l’impegno di farlo, e coppie che non assumono le responsabilità del matrimonio, ma ne acquisiscono le tutele assistenzialiste. Per di più con l’ipocrisia pesante e risonante di fare di tutta l’erba fascio: etero e gay così saranno contenti. Se, invece, gli omosessuali hanno dignità, come sono certa, devono rifiutarsi di iscriversi a qualsiasi registro, perché questo è un contentino che li discrimina ancora di più, pur se da molti viene loro proposto come il regalone politico.

Ricordiamo, intanto, che esiste il matrimonio cattolico come quello laico e che il Concordato ha fissato le regole perché le nozze in Chiesa abbiano effetti civili nello Stato italiano. Il matrimonio civile ha pertanto natura e obbiettivi diversi, è un’altra cosa e riguarda solo lo Stato italiano. Con tutto il rispetto verso il matrimonio-sacramento, non si può dimenticare che il nostro Stato è laico e deve affrontare il matrimonio omosessuale in termini del tutto avulsi dal contesto e dal pensiero religiosi. Per i laici il matrimonio è una sorta di convenzione, che l’individuo sceglie per organizzare la famiglia; nel potere di autodeterminazione, può anche decidere di costruirla senza regole, nell’unione di fatto.

Ma l’individuo omoaffettivo non ha la scelta alternativa, non può decidere di sposarsi per formare la sua personalità nel contesto di vincoli e opportunità, che invece hanno gli etero: parentela, riserve ereditarie, pensione di reversibilità, tanto per richiamare la base solidaristica del matrimonio. Già tante sentenze hanno detto che la legge matrimoniale, del 1942, dovrebbe adeguarsi alla Costituzione, del 1948, rendendo attuale il matrimonio anche agli omosessuali. Senza del quale continuano a essere ingiustamente discriminati: perché c’è confusione tra nozze civili e canoniche; perché non c’è scritto nella Costituzione che i coniugi non possano essere dello stesso sesso, perché il matrimonio laico non obbliga alla procreazione; perché l’intento solidaristico non può vietarsi a chicchessia, se ha i presupposti per sposarsi, tra i quali non è previsto il sesso. Sono perciò ridicoli i registri per regolarizzare (??) le unioni civili, quasi sia per dare una possibilità agli omosessuali.

Le famiglie omoaffettive, invece, non devono coltivare questa speranza, perché hanno diritto al diritto di sposarsi. Una seconda scelta è patetica e irrispettosa degli inviolabili diritti di uguaglianza tra tutti i cittadini, indipendentemente dalla condizione personale e, cioè, anche dall’orientamento sessuale, che è un modo di porsi individuale, «una possibile variante del comportamento umano» (Oms, 1994). La Costituzione, per chi è in buona fede, è chiara e non richiede di istituire registri per aggirare i problemi irrisolti. Se gli studiosi del diritto negano la possibilità del matrimonio omosessuale, non resta che integrare la Costituzione e poi ricorrere al referendum confermativo sul tema, così da bypassare, una volta per tutte, politici vili, ignoranti e manipolatori.