Mondo cattolico: manovre pre-elettorali di M.Vigli

Marcello Vigli
www.italialaica.it | 23.08.2012

Puntuale, come avviene ormai da 33 anni, il meeting di Rimini di Comunione e Liberazione entra prepotentemente nelle cronache politiche italiane riproponendo, anche a chi preferisce ignorarlo, il problema dell’influenza in Italia delle dinamiche interne al mondo cattolico. Incontestabile è il diritto dell’uso ideologico del cattolicesimo da parte di gruppi cattolici e di settori della stessa gerarchia ecclesiastica.

Palesemente opportunistico l’orientamento di quei politici che, pur proclamandosi cultori della laicità delle Istituzioni, con quei “cattolici” stringono alleanze politiche o condividono attività economiche. Inaccettabile, invece, la legittimazione che a quell’uso viene offerta dai rappresentanti delle Istituzioni che non riflettono sulla sua anomalia in un Paese in cui alla Chiesa cattolica è assicurato un regime di privilegi e di finanziamenti garantito da Accordi con valore internazionale.

Quest’anno l’evento ha offerto una preziosa occasione per approfondire il problema perché, in pieno svolgimento del meeting, proprio quella legittimazione è stata denunciata dal settimanale cattolico Famiglia cristiana, pur se indirettamente, perché in verità la critica è rivolta a Comunione e Liberazione!

Un lungo applauso del popolo dei ciellini ha accolto il premier. Tutti gli ospiti del Meeting, a ogni edizione, sono stati sempre accolti così: da Cossiga a Formigoni, da Andreotti a Craxi, da Forlani a Berlusconi. Qualunque cosa dicessero. …. C’è il sospetto che a Rimini si applauda non per ciò che viene detto. Ma solo perché chi rappresenta il potere è lì, a rendere omaggio al popolo di Comunione e liberazione. Non ci sembra garanzia di senso critico, ma di omologazione.

Con queste parole, per di più, non si denuncia, certo, la contraddizione che il meeting rappresenta nei confronti della inequivocabile alterità del messaggio evangelico e del suo “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Si rimprovera, infatti, a CL la sua scelta di schierarsi a sostegno del governo Monti e, soprattutto, del disegno che dietro a quel sostegno si va costruendo. Applaudiamo i contenuti e non il potere, hanno puntualmente risposto i ciellini.

L’intervento di Famiglia cristiana va, infatti, letto all’interno dello scontro in atto, in questa vigilia preelettorale, fra quanti, cattolici, intendono usare l’etichetta confessionale più o meno esplicitamente esposta, per assicurarsi sia l’appoggio dell’apparato organizzativo sia i voti del mondo cattolico; all’interno, cioè, di quella rissa fra spezzoni del mondo cattolico analizzata da Massimo Franco sul Corriere della Sera del 23 agosto.

A suo avviso si tratta di una crisi d’identità che viene da lontano, dalla fine della Democrazia cristiana; è frutto di una frattura molto profonda destinata a non sanarsi.

Non sembra convenire con questa tesi l’articolista de Il Giornale che rileva solo un cauto attendismo della gerarchia di fronte a quanto si muove nell’arcipelago dei gruppi e delle associazioni cattoliche sollecitate da chi pensa di riesumare una “cosa bianca”. Franco più realisticamente pensa, invece, che le gerarchie religiose non siano in grado di rimettere insieme un esercito atomizzato in sottogruppi. Anche il richiamo a valori irrinunciabili è diventato insufficiente.

Più interessante, però, in questa sede è la conclusione che Franco trae nel riconoscere che, in verità, non esiste più l’esigenza stessa dell’unità dei cattolici: probabilmente andrebbe archiviata anche la classificazione di «laici» e «cattolici».

Sono le scelte politiche che fanno la differenza e possono costituire la base per alleanze e i temi di un programma comune di governo.

Questa condivisibile affermazione non va però intesa come un invito a porre fine alla lotta per affermare la laicità delle Istituzioni, compromessa, come è noto, spesso anche da partiti e gruppi ispirati al laicismo. La crisi, che sta attraversando la credibilità della gerarchia ecclesiastica, potrebbe favorire questo abbandono.

Neppure la ricerca di una nuova cultura della laicità può essere considerata conclusa.

L’uso ideologico della religione non è tipica dei soli ciellini italiani. Pur senza richiamare il fin troppo evidente esempio della funzione dell’Islam e delle sue diverse versioni nella conflittualità diffusa nel Medio Oriente e non solo, non si può ignorare quanto avviene in Paesi cristiani non cattolici. Negli Usa, fin qui modello di rapporto corretto fra Stato e Chiese, una rivista della Chiesa episcopale ha pubblicato le risposte di Obama e Romney ad un questionario sul loro modo di rapportarsi alla fede prima ancora che sul modo d’intendere i confini fra Stato e comunità religiose. Nel riportare le loro risposte la Repubblica del 23 agosto, che riferisce dell’intervista, propone significativamente il titolo Obama – Romney, sfida sulla fede.

Né meno inquietante è la condanna a due anni di reclusione inflitta da un Tribunale dello Stato russo alle tre ragazze delle Pussy Riot per teppismo motivato da odio religioso su denuncia del Patriarca della Chiesa russa.

C’è ancora molta strada da fare per arrivare ad un comune sentire sul ruolo della religione e quindi al ridimensionamento delle diverse religioni e delle loro chiese, condizione necessaria non solo per garantire un’autentica libertà per tutti gli orientamenti culturali, ma anche per costruire una coesistenza pacifica adeguata al livello planetario assunto dalla umana convivenza.