Usa, torturatori benemeriti

Michele Paris
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Al termine di un’inchiesta durata tre anni, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti settimana scorsa ha deciso di non procedere con accuse formali nei confronti dei responsabili di alcuni degli abusi commessi dalla CIA nell’ambito della “guerra al terrore”. La chiusura dell’indagine, senza l’apertura di un solo procedimento legale per le torture e gli assassini che hanno segnato l’ultimo decennio di storia americana, segna la tappa finale di una strategia perseguita deliberatamente dall’amministrazione Obama per occultare i metodi criminali adottati dal governo dopo l’11 settembre e sui quali ha fatto ampio affidamento lo stesso presidente fin dal suo ingresso alla Casa Bianca.

Ad annunciare la decisione è stato il ministro della Giustizia (“Attorney General”), Eric Holder, lo stesso esponente del gabinetto Obama che qualche mese fa aveva descritto pubblicamente le basi pseudo-legali a cui la sua amministrazione fa riferimento per giustificare l’assassinio di cittadini americani accusati di terrorismo senza prove né processo. Per Holder, dopo tre anni di indagini, le prove raccolte “non sono sufficienti per chiedere ed ottenere una condanna al di là di ogni ragionevole dubbio”. A supporto di questa conclusione, Holder non ha presentato nessun’altra motivazione.

Degli innumerevoli abusi commessi, il Dipartimento di Giustizia si era alla fine limitato ad indagarne soltanto due che avevano portato al decesso di altrettanti detenuti sotto custodia della CIA. Nonostante il governo non abbia rivelato i nomi delle vittime, la stampa d’oltreoceano ha riportato le identità dei due sospettati di terrorismo. Il primo caso è quello di Gul Rahman, un afgano catturato a Islamabad, in Pakistan, nell’ottobre del 2002 e trasferito clandestinamente nel suo paese natale, dove morì di freddo il 20 del mese successivo in una prigione a nord di Kabul dopo essere stato sottoposto a ripetute torture.

Il secondo riguarda invece Manadel al-Jamadi, cittadino iracheno la cui vicenda emerse con lo scoppio dello scandalo degli abusi nel famigerato carcere di Abu Ghraib, in Iraq. Al-Jamadi morì per asfissia durante un interrogatorio il 4 novembre 2003, quando, con i polsi legati dietro la schiena e un sacco avvolto attorno alla testa, venne appeso alle sbarre di una finestra.

Ai responsabili di questi e altri episodi avvenuti sotto la presidenza Bush, il ministro di Obama ha voluto esprimere tutta l’ammirazione e la gratitudine del suo governo. Per Holder, gli “uomini e le donne della nostra comunità dell’intelligence…svolgono un servizio incredibilmente importante per il paese e lo fanno in circostanze difficili e pericolose”. Per questo, essi “meritano tutto il nostro rispetto”.

Anche il direttore della CIA, l’ex comandante delle forze di occupazione in Afghanistan e in Iraq, generale David Petraeus, si è unito al coro degli elogi, ringraziando l’agenzia che egli stesso dirige per la collaborazione mostrata verso gli investigatori del Dipartimento di Giustizia. Secondo i media americani, la CIA non avrebbe gradito l’indagine appena conclusa, anche se appare estremamente probabile che l’agenzia, se mai fosse stato necessario, abbia ricevuto rassicurazioni fin dall’inizio sul fatto che il procedimento non avrebbe portato a nulla di concreto.

Il messaggio lanciato da Holder con l’atteso epilogo dell’indagine è dunque chiaro. In primo luogo, coloro che hanno torturato e assassinato prigionieri accusati di terrorismo, così come quelli che hanno diretto e approvato tali metodi dall’alto – dal presidente Bush al suo vice, Dick Cheney, dall’ex direttore della CIA, George Tenet, ai consulenti del Dipartimento di Giustizia, John Yoo e Jay Bybee, i quali hanno redatto i pareri sulla legalità delle torture – non avranno nulla da temere per le loro azioni criminali. Inoltre, su queste stesse basi l’amministrazione Obama intende proseguire le medesime politiche relative alla sicurezza che calpestano ogni regola democratica e i più fondamentali diritti civili.

L’indagine che Holder ha dichiarato chiusa giovedì scorso era iniziata nel gennaio 2008, quando l’amministrazione Bush diede incarico al noto procuratore federale John Durham di fare luce sulla distruzione nel 2005 da parte della CIA delle registrazioni che documentavano l’uso di torture durante gli interrogatori di sospettati di terrorismo. Tra di essi spiccava quello di Abu Zubaydah, cittadino saudita rinchiuso a Guantanamo da dieci anni senza accuse formali e sottoposto per 83 volte a “waterboarding” in un solo mese e ad altre forme di “tecniche di interrogatorio potenziate”.

In realtà, solo nell’agosto del 2009 Eric Holder ampliò le competenze di Durham, affidandogli il compito di indagare su un centinaio di maltrattamenti di detenuti sotto custodia della CIA. Nel 2010, Durham decise che non sarebbe stato aperto alcun procedimento legale per la distruzione delle registrazioni e, nel giugno dello scorso anno, che sul fronte delle torture solo i due casi già ricordati sarebbero stati oggetto di indagine. Anche questa minima parte dei casi portati all’attenzione del Dipartimento di Giustizia ha però finito per essere archiviata, confermando come l’intera operazione non sia stata altro che un colpo di spugna per nascondere ogni prova di colpevolezza.

Sostenendo fin dall’inizio del suo mandato di voler “guardare avanti”, senza fare i conti con i crimini del suo predecessore, d’altra parte, il presidente Obama e il suo gabinetto hanno sempre posto il segreto di stato nelle cause intentate nei confronti dei responsabili materiali e dei mandanti delle torture.

Un certo zelo nell’avviare azioni legali, in realtà, l’amministrazione democratica l’ha dimostrato, ma nei confronti di coloro che hanno rivelato gli abusi del governo. Uno degli esempi più clamorosi è quello dell’ex analista della CIA, John Kiriakou, primo “insider” ad ammettere pubblicamente l’uso di metodi di tortura negli interrogatori e attualmente sotto processo secondo il dettato dell’Espionage Act per aver rivelato informazioni riservate.

Probabilmente non a caso, l’annuncio di Holder è giunto in concomitanza con il discorso di accettazione della nomination di Mitt Romney nell’ultimo giorno della convention repubblicana di Tampa, in Florida. Come ha fatto notare il New York Times, la decisione di archiviare ogni accusa contro gli agenti della CIA ha l’obiettivo di “rimuovere un possibile bersaglio per i repubblicani durante la campagna per le elezioni presidenziali”. Obama, cioè, ha voluto mandare un altro segnale di fiducia all’establishment della sicurezza nazionale, evitando allo stesso tempo di essere accusato di debolezza dai rivali repubblicani sulle questioni legate all’anti-terrorismo.

Come previsto, la decisione annunciata da Holder ha suscitato le critiche durissime delle associazioni a difesa dei diritti civili. L’American Civil Liberties Union, ad esempio, ha definito “vergognosa” la condotta dell’amministrazione Obama nella difesa dei responsabili dei crimini commessi in nome della guerra al terrore. Per Human Rights Watch, invece, la mancata apertura di un procedimento legale priva gli Stati Uniti “di qualsiasi credibilità nei confronti di altri paesi” chiamati a rispondere delle torture e dei maltrattamenti di cui si rendono responsabili i loro governi.