Napolitano e Ravasi: vaneggiamenti ad Assisi

Alessandro Baoli
www.cronachelaiche.it

Preceduto da un falso allarme bomba, venerdì il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha fatto visita ad Assisi, dove si è inaugurato (e sabato si è concluso) l’appuntamento umbro col Cortile dei gentili. Un’edizione, secondo il cardinal Gianfranco Ravasi che la presiede, destinata a restare nella storia «per la molteplicità degli interventi» e «per la partecipazione e la ricchezza delle relazioni». La stampa riporta dell’incontro iniziale tenuto da Napolitano con monsignor Ravasi (moderato da Ferruccio de Bortoli), nel quale entrambi hanno esibito il consueto eloquio fumoso e vuoto di contenuti che caratterizza la vasta platea degli ‘atei devoti’ e dei loro leader ecclesiali.

Affermando che «abbiamo bisogno in tutti campi di apertura, di reciproco ascolto e comprensione, di dialogo, di avvicinamento e unità nella diversità. Abbiamo bisogno cioè dello spirito di Assisi» (dimenticando quanto sia stato guardato con sospetto Francesco dalla Chiesa stessa, avendo smascherato la sua ipocrisia e incoerenza), il presidente ha detto no alle «contrapposizioni sterili e delegittimazioni reciproche che soffocano il nostro Paese e la nostra società», no al muro contro muro tra chi rappresenta in questo paese i credenti e i non credenti (e chi li rappresenta, ci chiediamo noi?), soprattutto in tema di famiglia e valori morali. L’Italia deve ritrovare il valore essenziale del bene comune e dell’interesse generale «che dovrebbe spingere a una larghissima assunzione di responsabilità, ad ogni livello della società, in funzione dei cambiamenti divenuti indispensabili». Il presidente nel suo esordio ha anche affermato di rappresentare in quella sede tutti gli italiani, credenti e non credenti.

Da parte sua, il cardinale Ravasi ha espresso una forte consonanza sul concetto di ‘antropologia di base’, che sarebbe luogo d’incontro fra laici e cattolici: «Le identità vanno affermate ma c’è sempre una base comune che chiamiamo umanità». Bisogna «ritrovare le grandi domande sul senso della vita e della morte, sul dolore, sull’amore». Sono queste, dice Ravasi, «le domande che debbono svegliare coscienze assopite» dal torpore delle coscienze. Facendo intendere che lui, ovviamente, ha tutte le risposte. Questo è stato il controcanto di monsignor Ravasi, a sottolineare che questa è l’unica cosa che gli interessa: parlare di aria fritta a chi vuole farsi abbindolare, mentre la sua Chiesa continua a opprimere chi non si adegua all’etica cattolica.

Tutto questo ad evidenziare una volta di più quanto sia davvero poca cosa il Cortile dei gentili, solo uno specchietto per le allodole messo in piedi da gente che puntualmente si rifiuta di osservare la realtà. In vista della tappa svedese della tournee del Cortile, a Stoccolma, Ravasi aveva messo in evidenza la «dilagante secolarizzazione che ha investito un po’ tutte le nazioni scandinave, ove la frequenza al culto è ridotta a percentuali irrisorie e lo standard di vita e le concezioni dominanti sono del tutto spoglie di rimandi religiosi o trascendenti». La ‘terra degli atei’, l’aveva definita: si è chiesto per caso come mai proprio nelle nazioni più secolarizzate del mondo lo stato sociale è più vicino alle esigenze reali della cittadinanza, a cominciare dalla tanto mitizzata famiglia eterosessuale? Come mai solo dove i cattolici hanno scarso peso nella politica e nella società i diritti civili sono garantiti?

Per quanto riguarda Napolitano: a parte il fatto che il presidente della Repubblica rappresenta gli italiani in quanto cittadini titolari di diritti (e doveri), non in quanto credenti o non credenti, ci chiediamo di quale paese parli, perché se parla dell’Italia ha sbagliato. Infatti, qui non c’è contrapposizione reale, concreta, a parità di condizioni tra credenti e non credenti, ci sono solo i primi che – attraverso i loro rappresentanti nelle istituzioni – opprimono i secondi, negando loro diritti civili e libertà individuali attraverso il potere legislativo ed esecutivo. Fa specie che la figura istituzionale del garante della Costituzione non si renda conto di come questa venga calpestata ogni giorno. Che ne è stato, signor presidente, dell’articolo 3, quello che recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese»?

Intende fare qualcosa, il presidente della Repubblica, per mettere un freno alla deriva politico-ecclesiale che sta tentando con tutte le sue forze di trasformare una democrazia laica in uno stato etico?