Religione e potere di M.Vigli

Marcello Vigli
www.italialaica.it| 05.10.2012

Ci sono certo problemi più urgenti e situazioni ben più inquietanti dell’inseguire il ministro Profumo nella sua proposta, non si sa quanto estemporanea, di introdurre a scuola un insegnamento sulla religione in alternativa, o in con concomitanza, con quello della religione cattolica (Irc) mantenuto dal concordato craxiano del 1984. Il tema ha, però, interessato i lettori di Italialaica, dato il numero e la qualità degli interventi. Uno in particolare ha indotto la redazione ad auspicare l’avvio di un dibattito perché rovescia paradossalmente la prospettiva comunemente scelta per affrontare il problema. Comunemente l’insegnamento della o sulla religione viene considerato, da opposti punti di vista, utile alla formazione culturale e/o morale dei giovani, sia nell’attuale forma confessionale, sia, come male minore, trasformato in storia delle religioni inserita fra le discipline curriculari.

Il giovane docente di islamistica presso la facoltà di Lettere dell’Università di Aix-Marsiglia chiama invece a riflettere in modo nuovo sull’argomento a partire dalla sua peculiare esperienza personale che lo ha portato in una università della laicissima Francia a proporre un approccio laico allo studio dell’islam a una platea composta quasi esclusivamente di studenti musulmani ferventi, per lo più di origine immigrata.

Dopo aver dichiarato di condividere pienamente il giudizio sull’avventurismo del ministro Profumo, formulato dubbi sulla possibilità che la storia del fenomeno religioso possa essere insegnata da docenti preparati, ed aver espresso la sua sfiducia sulla efficacia dell’insegnamento confessionale nelle scuole italiane, s’interroga se non sia nell’interesse delle società europee, sempre più avviate a diventare multietniche e multi confessionali, assicurare un insegnamento sulle religioni. Potrebbe favorire un confronto informato fra diverse esperienze confessionali per garantire pacifica convivenza e corretta integrazione.

Non c’è dubbio che è irta di difficoltà la soluzione di affidare agli insegnanti delle diverse discipline scolastiche il compito di privilegiare la prospettiva storica per avviare i giovani alla comprensione di un fenomeno così complesso e che per di più si è manifestato e si manifesta in forme molto differenti nei diversi tempi e paesi. Tale difficoltà si deve aggiungere a quelle che s’incontrano nel tradurre i contenuti della ricerca accademica in disciplina scolastica specie nelle prime classi e negli ordini di scuola in cui non s’insegna la storia della filosofia.

Il confronto sull’argomento potrebbe continuare per affrontare tutti gli altri problemi e interrogativi, che la soluzione proposta come alternativa all’Irc presenta, ma, a mio avviso, è utile venirne fuori contestando la premessa che la renderebbe necessaria a garantire la convivenza delle diverse culture.

Mi pare opportuno perciò riflettere, per superarla, sulla assimilazione fra multiculturalismo e pluralismo culturale.

Il primo presuppone la staticità delle diverse culture e ne auspica la coesistenza pacifica sulla base della tolleranza reciproca lasciando a ciascun gruppo, per evitare conflitti e tensioni, la convinzione di essere il depositario della verità. Pluralista è una società in cui prevale il reciproco riconoscimento della pari dignità delle diverse opzioni, religiose e non, di rapportarsi alla realtà considerandole tutte figlie della storia e non della natura.

La fede del credente dà valore alle verità, anche se considerate rivelate! Nessuna verità può arrogarsi il diritto di essere più vera delle altre. Anche per le religioni vale quel primato dell’uomo sulle stesse idee alle quali ispira la sua azione, che papa Giovanni XXIII aveva proclamato per le ideologie.

Questo si deve insegnare a scuola per porre così le premesse perché i giovani imparino che la religione non può essere uno strumento di potere – come ancor oggi si sta verificando in diverse paesi del mondo ricchi e poveri, industrializzati e non, più meno alfabetizzati – ma fonte di fratellanza.

La nostra scuola non è ancora preparata a questa svolta, ma il problema non si risolve con l’introduzione della storia delle religioni, anche se giustificata in nome dell’interesse non di questa o quella religione, ma della collettività nell’intento meritorio di favorirne la coesione.

A rifiutare questo uso strumentale del loro credo dovrebbero essere proprio i fedeli, ma così non è! Dovrebbero, però, almeno coinvolgersi con quanti pensano che si può avviare la costruzione di una scuola all’altezza dei tempi, capace cioè di promuovere reale pluralismo attraverso il rilancio della educazione civica intesa non tanto come informazione sull’assetto istituzionale e sul suo funzionamento, quanto, piuttosto, nel suo significato di formazione alla Cittadinanza. Questa è molto più del senso civico, è la dimensione nella quale la convivenza diventa fratellanza a partire dalla creazione di condizioni reali per l’esercizio effettivo dei diritti, garanzia prima della realizzazione dell’uguaglianza, a sua volta condizione essenziale per la democrazia.

L’analisi della Costituzione offre, non solo nei fondamentali articoli della sua premessa, ma in quelli di tutte le altre parti, gli elementi necessari per quella formazione. In essi si esprime, infatti quella codificazione dei valori in diritti, fondamento della cultura della laicità che è la grande conquista della modernità.

Quei valori universali, faticosamente elaborati in secoli di sviluppo culturale e di lotte sociali in occidente, e non solo, escono dal limbo delle affermazioni teoriche per calarsi nel vivo della quotidianità proprio diventando diritti: ieri concessi per benigna volontà dei sovrani, oggi rivendicati in nome della dignità della persona presente in ogni singolo individuo.

Fondamentale fra questi diritti quello di rappresentarsi il mondo nelle forme più diverse fra le quali le religioni. Queste oggi hanno, così, il posto che, ieri, una male intesa laicità ha per secoli negato, riuscendo a produrre in Francia le condizioni sociali con cui Francesco Zappa è costretto a misurarsi nel suo compito di proporre un approccio laico allo studio dell’islam a una platea composta quasi esclusivamente di studenti musulmani.

Proporre come fondamento della cultura scolastica e della formazione dei suoi insegnanti non una filosofia o una teologia, ma la cultura della laicità diventa quindi un obiettivo da perseguire senza perdersi nel tentativo di costruire una disciplina aggiuntiva che, se non porta allo scetticismo, promuove tolleranza, ma non certo rispetto per la libertà religiosa.