La Chiesa cattolica in Brasile – Intervista a P. Arnaldo DeVidi

Raffaele Gaddoni

P.Arnaldo, secondo le previsioni, in Brasile il cattolicesimo perderà la maggioranza nel 2040. I cattolici che nel 1970 erano 91,8%, sono ora 64,6% (censimento del 2010). Di questo passo, nel 2030 saranno meno di 50%; e saranno raggiunti dagli “evangelici” nel 2040. Tutto per volontà popolare, senza rivoluzione armata: sarà un caso inedito. Come ti senti davanti a questi dati? 

Come cattolico la prima reazione è di disagio. Sappiamo inoltre che solo una minoria dei cattolici frequenta. E la decrescita dei cattolici è avvenuta negli anni della mia attività missionaria, quindi mi domando: Dove ho sbagliato?   Anche se in religione vale piuttosto la qualità, la quantità ha il suo peso: è essa stessa una qualità. Non possiamo negare che un Paese è avvantaggiato se la maggioranza professa la stessa religione. Per esempio, nella mia infanzia nel trevigiano, la vita era ritmata e celebrata con partecipazione unanime a scuola, in parrocchia, in paese…, grazie alla forte unità di ius soli, ius sanguinis e… ius religionis: diritto del territorio, dell’etnia e della religione.

Ma in seconda battuta penso che viviamo un cambiamento di epoca. Nel secondo millennio la presenza della Chiesa era misurata seguendo il “vettore della progressiva espansione”, quindi si dava molta attenzione alle statistiche. La Chiesa era considerata massa più che lievito. Tale epoca della cristianità è passata o sta passando. Il terzo millennio si prospetta caratterizzato dal meticciato; aumentano i no-logo e il glocale, migrazioni e transitorietà, matrimoni misti, diversi gruppi etnici occupando lo stesso territorio… Tutto ciò affetta anche il credo delle persone, chiedendo una nuova attitudine. In una città, i cittadini di Chiese o religioni diverse, hanno interessi differenti, con possibili conflitti… Bisogna imparare a vivere in un mondo misto e cominciare ad essere non gregge ma testimoni. Il caso limite che conosco è Nevè Shalom – Waahat as-Salaam, il villaggio della pace. Là, grazie a una scelta profetica, ragazzi israeliani e palestinesi frequentano la stessa scuola e celebrano insieme le feste che sono di vittoria per gli uni e… di sconfitta per gli altri!

Torniamo al Brasile, dove tu sei approdato a metà degli anni 70. Noi ci siamo tenuti in contatto con te nel fervore delle Conferenze di Medellin e Puebla, delle CEBs (Comunità Ecclesiali di Base) e del Movimento dei SemTerra. Adesso risulta che gli evangelici sono cresciuti giustamente in quegli anni!? Come lo spieghi?

Voglio offrire prima qualche elemento che aiuti a capire la crescita degli “evangelici”; tratterò poi della decrescita dei cattolici. L’investita evangelica ha ricevuto l’appoggio di Ronald Reagan – presidente degli USA dal 1981 all’89 -, il quale era convinto che il monolitismo cattolico dell’America Latina fosse di ostacolo agli interessi degli Stati Uniti. Di là vennero le Chiese evangeliche e il pentecostalismo. Vennero la predicazione forte della Bibbia, l’avversione alla Madonna e ai santi, la molteplicità delle professioni cristiane, la benedizione del successo economico, il proselitismo finalizzato alla conversione, il micro delle chiesette e il macro delle Chiese elettroniche in tv… 

Insomma, il grande apostolo delle Chiese evangeliche è stato… Ronald Reagan!?

Inizialmente sì. In seguito le Chiese evangeliche hanno tagliato il cordone ombelicale dalle Chiese madri nordamericane. Oggi esse sono autonome e economicamente si sostengono bene con le decime (tassa compulsoria del 10%) e le offerte di autosustento per grazia da ricevere, o grazia ricevuta (miracolo ricevuto), o pulsione emotiva. Le Chiese più organizzate hanno montato strutture di industria religiosa, veri imperi economici, con investimenti, reti televisive, capitali da lavare e da esportare e da giocare in borsa…

Nelle Chiese evangeliche non vedi qualche lato positivo?

Sì, senza dubbio. Le Chiese evangeliche hanno la centralità della Parola di Dio e della cura: cura fisica, psichica,  spirituale  (perfino economica). Esse sono inclusive, accoglienti: rockeiros, divorziati, drogati, prostitute che si sentivano fuori della Chiesa, si convertono e si sentono accettati, fino a diventare pastori! Infine, sono convertiti convinti.

Il numero dei pastori e di altri agenti di pastorale rendono le Chiese abbastanza ministeriali. La loro strategia di chiese micro e saloni mega è ciò che io suggerivo alla mia diocesi in città. Da notare negli evangelici la valorizzazione del canto e della musica, l’attendimento e la visita ai malati e carcerati (seppure per motivi proselitisti)…

E’ antievangelico cercare gli errori nelle altre Chiese o religioni. Il Vangelo (cf. Mc 9,38) relata il caso dei discepoli che, incapaci di fare un esorcismo, proibiscono a un estraneo di farlo, solo perché “non è dei nostri”. Nei discepoli la frustrazione era diventata arroganza, pretesa di potere e monopolio sul Nome santo. Ma lo Spirito ci parla attraverso tutti i credo.

La mia perplessità con le Chiese evangeliche (condivisa dalle Chiese protestanti classiche) è dovuta alla loro ricusa di ogni ecumenismo, agli abusi nelle collette di denaro e ai lobby politici anti-etici…

Ti stai riferendo al “vescovo” Edir Macedo, fondatore della Chiesa Universale del Regno di Dio, condannato per ciarlatanismo, curandeirismo e stellionato?

I casi sono molti. Ma io preferirei riflettere su altri motivi del “successo” delle Chiese evangeliche. Di fatto esse aiutano a leggere i segni dei tempi, di cui sono seme e frutto.

Le Chiese evangeliche sono salite sul convoglio dell’era dell’acquario caratterizzata dal ritorno di Dio (o rivincita del numinoso). Le vedo quasi un’estensione della rivoluzione culturale. Negli anni ’60 la rivoluzione dei flowers kids, degli hippies della beat generation ha sollevato i giovani,  con base nella musica e nella liberazione dei costumi. Col pentecostalismo uomini e donne evangelici, e non solo i giovani, escono di casa a sera e a fine settimana, e si “liberano” in celebrazioni che sono show della fede.

Un altro favore viene dalla globalizzazione, che ha scelto il pentecostalismo come sua religione, così come ha scelto il calcio come suo sport. Col pentecostalismo và il ventaglio di new e next age, bahai, buddhismo, holismo, yoga…  In questa religiosità la musica ha un grande ruolo. Analisti religiosi parlano della musica evangelica come la punta di diamante per creare una nuova cultura che si sta espandendo nel mondo. Ieri i brasiliani che non frequentavano nessuna chiesa si dicevano cattolici; ora è moda dirsi evangelici: per essere evangelici è sufficiente ascoltare CD di musica evangelica.

C’è poi il fenomeno dell’urbanesimo, che interessa il Brasile e tutto il terzo mondo. Giova ricordare che il fariseo Paolo, ligio alla morale, ha ricevuto uno choc culturale nelle città della Grecia, i cui cittadini, pure dopo la conversione, erano interessati ai carismi, alle manifestazioni dello spirito, a una religione individualista e intimista, a concentrazioni di massa, a certa libertà nella vita sessuale e matrimoniale…  Tutti elementi che ritroviamo oggi nelle grandi città e nelle Chiese evangeliche.

Si potrebbe dire che la Chiesa cattolica è contadina e le Chiese evangeliche urbane?

Più rispondente al censimento è dire che gli evangelici sono numerosi nelle periferie e nelle regioni del flusso migratorio (Sudest e Centro-Ovest del Brasile), grazie ai molti pastori e alle innumerevoli chiesette “fai da te”, che non dipendono da gerarchie centralizzate. La mentalità “fai da te” s’è diffusa dopo che la globalizzazione ha smantellato il welfare dello stato (o assistenza sociale), privatizzando molti servizi base della società.  Il popolo capisce che deve arrangiarsi, senza ricorrere alle istituzioni insufficenti di ieri. Donne e giovani si aggiustano più in fretta alla nuova situazione, di fatto… essi aderiscono facilmente alle nuove Chiese (a perseverare nel cattolicesimo sono più gli anziani e gli agricoltori). E le Chiese funzionano come supermercato, con una clientela fatta non di persone comunitarie, ma di individui e di massa. La religione è ridotta a merce. Il rapporto è commerciale piuttosto che comunitario, con la concorrenza tra le varie Chiese. Anche l’aiuto che i fedeli praticano è intra-ecclesiale, tra i correligionari, di tipo corporativista (che è il massimo possibile in tempo di individualismo e massificazione).

Si potrebbe dire che le Chiese evangeliche hanno indovinato delle strategie migliori?

Non tutta l’erba del prato del vicino è più verde. Vediamo. L’apice della crescita delle Chiese evangeliche si ebbe negli anni 80; i dati del censimento del 2010 dicono che la crescita delle Chiese è in via di diminuzione. Gli evangelici contestano la percentuale di 22,2%, assegnata loro dal censimento, dicendo che pecca per difetto. Il censimento dice inoltre che a crescere sono gli evangelici generici, cioè quelli che transitano in più di una Chiesa, dove si sentono bene.

Un interrogativo che le Chiese evangeliche dovranno porsi, è l’uso della Tv e di altri MCS. Non s’arriverà alla saturazione di miracoli e prediche televisive? La caccia di audience leva i tele-pastori a mostrare casi sempre più “mostruosi”, che richiedono miracoli sempre più improbabili.

Infine c’è il circolo, più vizioso che virtuoso, di religione-e-politica (il discorso sarebbe lungo).

Le frequenti conversioni corrispondono alle adesioni partitarie in politica: la democrazia moderna conosce l’ascesa-e-caduta dei partiti, non più ideologici e programmatici, ma fisiologici o di affitto.

Da tutto si ricava che il concetto di religione sta cambiando: la religione è palestra di fitness più che àncora di salvezza (seppure molti evangelici giurino che “fuori della loro Chiesa non c’è salvezza”). Non interessa la perseveranza alla religione dei padri, ma l’opportunità di benestare .

Veniamo al punto che più ci interessa: la drastica decrescita dei cattolici è merito della strategia delle Chiese evangeliche, o anche demerito della Chiesa cattolica? 

Siamo a questo interrogativo che tormenta: la Chiesa cattolica ha fatto l’opzione per i poveri; perché allora essi frequentano il luogo di culto evangelico più vicino a casa? Di qui la tesi: la ‘Chiesa della liberazione’ è responsabile dell’esodo dei fedeli dalla Chiesa cattolica. Faccio presente che la nascita delle Comunità Ecclesiali di Base (CEBs), con la Teologia della Liberazione e l’opzione per i poveri, è frutto del Concilio Vaticano II, che qui è stato tradotto alla situazione dell’America Latina dalle Conferenze episcopali di Medellin e Puebla. E’ stata una scelta “profetica” che ha messo la Chiesa cattolica latino-americana come città in cima al monte. La scelta ha incontrato qualche difficoltà nella base, forse perché non si sono rispettati sufficientemente la gradualità e l’universo simbolico religioso del popolo. Ma poi le CEBs arrivarono ad essere centomila: una pentecoste, come Paolo VI le riteneva.

Se ho capito bene, tu dici che la coincidenza temporale tra la decrescita della Chiesa cattolica e la crescita delle Chiese evangeliche non è causale ma, chissà, casuale?

Dico di più. Riporto qui l’analisi che alcuni antropologi della religione fanno e che condivido.

La decrescita coincide non con la Chiesa della liberazione ma col suo smantellamento  e con l’impiantazione del regime cattolico neo-conservatore.

La decrescita coincide con la nomina di vescovi conservatori, orientati a distruggere ogni vestigio della Chiesa profetica (il caso più emblematico si è avuto col successore di Mons. Helder Cámara nella diocesi di Recife).

La decrescita coincide con la diffida di Roma alle CEBs e la terra bruciata attorno ad esse, sostituite dai movimenti pentecostali cattolici.

La decrescita coincide con l’arrivo in Brasile delle reti cattoliche di televisione, coi loro programmi apologetici, preti in vesti clericali o medievali, moltiplicazione di padri cantori…

La  decrescita coincide con le comunità esotiche, le liturgie romanizzate, i seminaristi mediatici plugati nel cyber…

Durante il pontificato di Giovanni Paolo II la Chiesa della liberazione è stata messa al bando, accusata d’essere “viziata di marxismo”, “un rischio al futuro della Chiesa in America latina”. Ma è il progetto neoconservatore che ha minato il futuro della Chiesa, ottenendo l’effetto opposto allo sperato. Imputare la decrescita dei cattolici alla Chiesa profetica? Ma i cattolici non sono diminuiti dove le CEBs hanno perseverato (non ostante i sospetti di Roma)! I vescovi latino-americani l’hanno ammesso quando, nella Conferenza di Aparecida, hanno rilanciato le CEBs. Ma pare che sia troppo tardi; inoltre nel Documento finale di Aparecida le CEBs sono sempre citate insieme… ai movimenti.

E’ però evidente lo sforzo del papa per una riscossa del mondo cattolico!

Riconosco e rispetto lo sforzo del papa. Chi sono io per questionarlo? Ma como cristiano adulto, mi sento in dovere di esprimere un parere divergente. Ritengo che lo sforzo di Benedetto XVI sia troppo centrato nella catechesi piuttosto che nell’evangelizzazione; troppo nell’apologia piuttosto che nel dialogo; troppo nel dogma piuttosto che sulla pastorale. Tutte le iniziative, anche la Nuova Evangelizzazione e l’Anno della Fede, mostrano una preoccupazione intra-ecclesiale e romanizzante. Come capisco gli ultimi interventi del Cardinale Martini! Troppe cose sono ancora “ingessate”: sui ministeri, il celibato e il discorso di genere (femminile) restano “tabù”. La morale è poco attenta alle persone (cf. Bernard Haring) e al sociale (cf. Marciano Vidal, Francisco Rejon…).

Misticamente possiamo vivere la crisi (in questo cambio di epoca che si prevede epoca di cambio permanente di una società liquida) come una kenosi, un’umiliazione che solo chiede perseveranza, con la croce come segno paradossale di vittoria creduta-sperata. Ma bisogna affrontare ancora il discorso sull’essenza del cristianesimo. La Chiesa Cattolica dovrebbe colocare più chiaro: il respiro umano e dello Spirito, lontano da ogni fanatismo; la cittadinanza e la centralità del Regno di Dio, lontano da ogni alienazione. Oggi purtroppo non è più l’utopia del Regno a pungolare il sistema vigente; la politica delle Chiese, anche di quella cattolica, consiste in occupare quegli spazi che il sistema permette, dentro al sistema stesso.

Ma la missione della  Chiesa resta quella che essa ha ricevuto da Gesù: essere sale buono, lievito, luce; evangelizzare i poveri, liberare gli oppressi, condividere con affamati, malati, stranieri (cf Mt 25); e proclamare l’anno di grazia del Signore (cf Lc 4,14-21).