Sempre Concilio

Giancarla Codrignani

Sono sempre la stessa, fortunatamente e ogni tanto me ne compiaccio. Infatti sono una dei tanti e tante che mordevano il freno ai tempi di Pio XII e facevano manutenzione della propria appartenenza di fede studiando aggiornamenti meditati.

Quando Raniero La Valle, direttore dell’Avvenire d’Italia ai tempi del Concilio, mi chiese di collaborare, fu perché ero in possesso del linguaggio ossigenato dalle idee nuove. Nonostante le queli, per quel contagio risanatore che toccava le strutture tradizionali, poco dopo ricevetti l’incarico di dirigere il giornale delle donne di AC, “Il nostro impegno” accolto con grande entusiasmo dalle redattrici.

La “proprietà”, tuttavia, conservava cautele che resero difficile far digerire, per esempio, l’espediente con cui cercammo di far passare inosservata l’enciclica Humanae Vitae, impaginando in basso il semplice titolo in latino e velandolo con il “retino”.

Quando “dall’alto” venne la decisione “paritaria” di dare all’Azione Cattolica degli adulti un solo periodico mediante, ovviamente, la soppressione di quello femminile, diventai, come le Comunità di Base, non così bene accetta. Lo racconto a conferma dell’imprudenza di una Chiesa che limitando, censurando, usando il rullo compressore senza mai argomentare, non si accorge di essere controproducente.

Sono tornata di recente dalla Germania, paese in cui la legge prevede che chi intende definirsi seguace di una religione, paghi una tassa per le spese di esercizio della ministerialità. Si tratta di rapporti statuali su cui non c’è nulla da dire, anzi, meglio del nostro otto per mille.

Sennonché la Conferenza Episcopale tedesca, con l’ approvazione del Papa, ha deliberato che chi non paga viene escluso dai sacramenti, non potrà accedere al funerale religioso e, se è impiegato in un ospedale, una scuola, un’associazione cattolica dovrà lasciare il posto. Non faccio commenti, perché non ce n’è bisogno.

Possibile che “in alto” nessuno si renda conto che molti tedeschi seriamente credenti accetteranno la sfida e smetteranno di pagare, lasciandosi definire atei o agnostici? Negli ultimi vent’anni si sono cancellati più di centomila soprattutto a causa dei casi di pedofilia e questo intervento sembra perfino più grave delle indulgenze che scandalizzavano Lutero, perché allora, se pagavi, almeno ti davano l’indulgenza.

TV7 ha dedicato al Concilio una puntata dell’Infedele di Gad Lerner. Buona, tutto sommato, la scelta di invitare gente di contrapposta collocazione che al massimo aveva 20 anni a quei tempi. Invece molto deludente il dibattito con un cardinal Scola in interlocuzione continua senza subire interruzioni nemmeno da Giuliano Ferrara, leone in disarmo riapparso nelle vesti del “devoto per finta” (come gli è scappato di dire).

Incredibile la presenza del prof.Roberto De Mattei che non è un conservatore, ma presiede quella Fondazione Lepanto che spera di rivincere i musulmani, onora san Pio IX e la messa di Pio V. E teme, dopo che la rivoluzione francese ha inventato il terrorismo e la modernità del secolo ventesimo ha prodotto milioni di morti per diventare materialista e comunista, la Chiesa sia tornata “al Colosseo”, perseguitata e martire.

Il così definito fronte dei “bolognesi” – Don Giovanni Nicolini e Alberto Melloni – ha preso atto della situazione paradossale: Melloni con ironia (riferendosi a Scola che è arcivescovo a Milano dopo il patriarcato a Venezia: “i vescovi sposano una Chiesa, poi divorziano e vanno in un’altra”), Nicolini – con la coerenza dei cosiddetti “piccoli” che credono ancora che la Chiesa postconciliare dovrebbe essere povera (e Scola: “Ma anche il Papa nel grande Vaticano vive in due stanzette con qualcuno che lo accudisce”) – si meravigliava che la Chiesa si occupasse solo delle leggi dello Stato e della morale. E ha accusato: “noi non annunciamo il Vangelo”.

Una serata che è scivolata nella noia ha confermato che il tempo passa lasciando come traccia l’ovvietà. Infatti i contemporanei non pensano più che sia peccato ascoltare il Papa con la riserva mentale di sentirlo come optional.

Il Concilio era tutt’altra cosa: non accomodava, decostruiva non la tradizione delle vie di salvezza, ma le incrostazioni di potere e di pregiudizio. Certamente nessuno crede più che gli ebrei siano tutti colpevoli della morte di Gesù; ma, nonostante gli scandali della pedofilia, la Chiesa non ragiona di sessuaità, di corporeità, di omosessualità per distinguere il peccato dalla responsabilità.

Nè riconosce realmente “genio femminile” neppure alle consorelle degli ordini religiosi e continua a tenere sotto controllo le suore americane che appoggiano Obama e la sua riforma sanitaria che riconosce contraccezione e aborto. (Nessuno del resto ricorda il confronto in Concilio con molti vescovi favorevoli al controllo delle nascite e l’enciclica Humanae Vitae che pose fine alla questione).

Il clero condanna la pedofilia, ma non non evangelizza gli uomini sull’intera violenza intrafamiliare fatta di uso del corpo di mogli non sempre consenzienti, di maltrattamenti, di femmicidi. Sempre meno gente si sposa in chiesa, ma nessuno chiede che venga cancellata dai principi fondanti del rito il remedium concupiscentiae, forse perché non sa che il Vaticano II vi ha inserito il principio dell’amore.

Adriana Valerio dimostra nel suo libro “Le madri del Concilio” (così venero chiamate le 23 donne chiamate a dare testimonianza di genere e poi scomparse dall’informazione) erano una bella riserva di potenziali riforme “a partire da sé”: Luz Maria Longoria Gama ammonì i Conciliari “con tutto il rispetto, signori padri conciliari, vi dico che le vostre madri vi concepirono senza questo timore della concupiscenza”.

Il convegno delle Teologhe Italiane (Donne rileggono il Vaticano II, Roma 4-6/ X / 2012) ha messo in rilievo che solo questo Concilio ha incrinato il “monopolio teologico”, come dice Marinella Perroni, anche se il Sinodo apertosi il giorno dopo l’iniziativa delle teologhe e composto solo di “padri” ha ribadito il ruolo tutto maschile di una “nuova evangelizzazione” e di un “anno della fede” evidentemente rivolti ai soli maschi. Così non arriveremo mai a nessuna conversione.

Forse bisognerà cambiare metodo e parlare delle singole “novità” del Vaticano II – l’amore messo per la prima volta a fondamento del matrimonio, la libertà religiosa, la collegialità… – prima che la gente creda che i concili sono tutti uguali e, come dice Scola, “hanno bisogno del loro tempo per realizzarsi”. Evidentemente cinquant’anni valgono per dimenticare…

Il 31 ottobre 1517 Lutero aprì la Riforma. Nemmeno le altre confessioni saranno senza problemi alla celebrazione del quinto centenario, ma noi cattolici ci presenteremo “riformati”, ecumenici, veri traghettatori del regno al futuro? Gesù di Nazaret insegna: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!» Lc, 17, 21) ?