Cattoliberista? No, grazie

Lorenzo Scheggi Merlini
www.lindro.it

Forse l’acuto maldipancia uscirà allo scoperto. Magari con un manifesto, una raccolta di firme. Un convegno. Per fare massa critica. Per richiamare l’attenzione dei mass media. Per fare notizia.
O forse invece resterà un brontolio interno, che troverà voce solo in dichiarazioni, articoli, commenti a titolo personale secondo la strategia del marciare divisi per colpire uniti.

Sono le due opzioni, fra loro alternative, che si stanno confrontando all’interno di quella parte del mondo dell’associazionismo cattolico che non è comunque rimasto soddisfatto dalle conclusioni, la scorsa settimana, del convegno di Todi2 (vedi L’indro del 24 ottobre) e ancora meno dal lancio del manifesto “verso la terza repubblica” , nei giorni successivi, nel quale alcuni dei più rappresentativi esponenti appunto dell’associazionismo cattolico, si sono uniti a Luca di Montezemolo e ad altri esponenti di primo piano del mondo liberal-confindustriale. Obiettivo: “aprire una stagione di riforme di ispirazione democratica, popolare e liberale, legittimata dal voto, in continuità con quanto di meglio ha fatto il governo Monti”; e ancora: avviare “un urgente e radicale cambiamento della politica e una sua estesa apertura alla società civile, premessa per ogni tentativo di ricostruzione morale, politica ed economica del paese” pensando a “un’Italia migliore, che ispiri fiducia, prenda sul serio ogni legittimo desiderio di benessere e non abbandoni nessuno”

Una grande operazione lungimirante? Un tentativo di portare “alla mescolanza e all’incontro di culture diverse” per rinnovare dalle fondamenta questo paese come sostiene il presidente delle Acli Andrea Olivero? O è stato dato vita, come sostiene il presidente del Partito democratico, Rosy Bindi, a “un cartello eterogeneo subalterno a una impostazione di moderatismo tecnocratico e liberista”?
Ad aprire il fuoco a palle incatenate è stata, appunto, Rosy Bindi con una intervista, domenica 28, a l’Unità col giudizio che abbiamo riportato. E mercoledì 31sempre su l’Unità, è uscito un articolo altrettanto critico nei contenuti anche se più criptico nella forma, del coordinatore dei Cristiano sociali, il drappello di esponenti e deputati cattolici nel Partito Democratico, Mimmo Lucà che più diplomaticamente giudica “ardimentosa” una offerta politica “basata sul binomio agenda Monti-Dottrina sociale della Chiesa”.

Ma quali sono dunque le principale critiche che vengono rivolte al manifesto Montezemolo-Bonanni-Riccardi? Si possono sintetizzare in quattro categorie che proviamo, schematicamente, a sintetizzare.

Critiche di carattere democratico-procedurale. Spieghiamo. La decisione di passare dalla partecipazione a un convegno (Todi1) a una iniziativa direttamente politica (Todi2, poi manifesto) è stata presa, ci riferiamo essenzialmente a Acli e Cisl, senza che gli organi dirigenti delle organizzazioni siano stati coinvolti. Per le Acli la cosa è particolarmente grave perché la decisione di dar vita, di fatto, a un partito o anche solo a una lista, comunque ad un soggetto politico, contraddice lo statuto dell’organizzazione che nel lontano 1969, nel congresso di Torino, aveva stabilito la “fine del collateralismo” (con la Dc allora, ma con qualunque forza politica) e il “voto libero” degli aclisti. Fu una battaglia interna durissima che adesso il presidente Olivero ha tranquillamente archiviata assieme allo statuto della associazione. Non era forse materia di una riunione del Consiglio nazionale se non addirittura di un altro congresso?

Quanto alla Cisl. Nacque, nel 50, come sindacato laico e aconfessionale- anche per scelta delle Gerarchie- tanto che vi hanno aderito sempre anche lavoratori laici. E laici sono stati molti suoi dirigenti. Adesso, Bonanni spende la sigla Cisl in una operazione che parte da Todi1 e 2, benedette dalla Gerarchia, e partecipa al manifesto di Montezemolo come cofirmatario principale in nome appunto dell’associazionismo “cattolico”. Non è anche questo un capovolgimento della natura storica dell’associazione, avvenuta per l’iniziativa personale del segretario generale? Di certo, per ora, è il silenzio che viene dalle organizzazioni. Nelle Acli, già si fanno i conti sul prossimo organigramma, una volta che Olivero si sarà sistemato in Parlamento. Nella Cisl, un tempo teatro di scontri al coltello, o comunque di serrata dialettica interna, regna la “pax bonanniana” che non prevede dissensi, pena la cacciata dal paradiso. E comunque, la politica la fanno i leader, e non esistono più numeri 2 o 3, o comunque non ci sono più i gruppi dirigenti.

Critiche di carattere “ecclesiale”. A partire dal Concilio, era stata stabilita la responsabilità personale dei laici “cristianamente ispirati” nell’azione politica. E soprattutto dopo il crollo della Dc e la fine del partito unico dei cattolici, era stata faticosamente acquisita la pluralità delle presenze dei cattolici nelle diverse forze politiche. Il manifesto Montezemolo-Bonanni-Riccardi denuncia Rosy Bindi, “riporta i cattolici alla nostalgia di un centro di cui sono stati protagonisti con la Dc”; li schiaccia, denuncia Lucà, “sull’equazione cattolico=moderato” , anche “in virtù dell’abitudine contratta da taluni nel lungo sostegno a Berlusconi”. Mentre, al contrario, Bindi rivendica al Pd il dovere di “presentarsi anche come la casa dei cattolici riformisti italiani”. Insomma, sintetizza ancora Lucà, si mescolano “valenze e valori che il Concilio suggerisce di tenere distinti”. E per finire. Oggi firmano assieme il manifesto catto-liberista, organizzazioni come Acli e Compagnia delle opere (leggi Comunione e Liberazione) che hanno militato storicamente su sponde opposte nell’interpretare il messaggio cristiano. Come è possibile? Tutto superato? Chi ha mollato, e su cosa?

La Chiesa infine, notano inoltre i critici, ha chiaramente denunciato i limiti delle politiche liberiste, i danni dell’economia asservita alla spietata logica capitalistica. Non c’è contraddizione con i valori professati da molti dei promotori?

Critiche sui valori di riferimento. E’questo dunque il nodo più intricato: come possono organizzazioni di lavoratori trovarsi a condividere un manifesto oggi e poi una lista o più liste domani assieme a ex presidenti della Confindustria, visto che alla fine del giro sembra saranno della partita anche Emma Marcegaglia e Luigi Abete? Facciamo un esempio: nella terza Repubblica, la Fiat dovrà o no eseguire le sentenze della magistratura che impongono la riassunzione nei suoi stabilimenti, degli operai discriminati perché iscritti alla Fiom? Più in generale: il prossimo governo dovrà tenere duro sulla linea del rigore montiano, o dovrà, almeno in parte, cambiare rotta? E in quale direzione? E’ vero che, per adesso, sul treno non è montato Oscar Giannino che ha criticato, da posizioni liberiste più radicali, il manifesto. E di questo si vanta Olivero per sostenere che sarebbe la dimostrazione dell’impostazione più sociale della nuova alleanza. Ma la strada è ancora lunga e sarà difficile che ci possa essere spazio per tutti. E i più piccoli dovranno andare alla Canossa dei più grandi. E sant’Egidio, il cui fondatore Riccardi, ministro in carica, è il terzo “grande elettore” assieme a Bonanni e Montezemolo? Lui non ricopre incarichi formali. E non doveva consultare nessuno. Ma l’equivalenza Riccardi/Sant’Egidio è innegabile. Il suo è un movimento terzomondista, critico con la logica capitalistica dominante. Come farà a conciliare, ancora una volta, Africa e Confindustria, è difficile, oggi, immaginarlo.

Critiche più propriamente politiche. Il nuovo soggetto politico catto-liberista, andrà ad insistere, inesorabilmente, nello spazio presidiato da Casini. Il punto di riferimento, fino ad ora, di parte di aclisti, cislini e cattolici vari. Per ora ci sono state reciproche punzecchiature. Ma non è difficile immaginare prossime scintille. C’è, di sicuro, chi pensa esplicitamente ad un listone di centro unico. Molto dipenderà dalla legge elettorale. Ma appare evidente, comunque, che l’operazione Montezemolo-Bonanni-Riccardi ha assemblato, per ora, un esercito di generali, “todos Caballeros”, che non è affatto certo se avrà anche i soldati-elettori.

Chi fa i conti col numero di iscritti delle diverse organizzazioni, pensando possa essere un bacino elettorale, sbaglia. E il loro voto sarà del tutto indipendente dalla collocazione dei capataz. Molti iscritti, ad esempio alla Cisl e certamente alle Acli, sono solo clienti dei Caf, che si ritrovano con la tessera assieme alla dichiarazione dei redditi. O con la tessera abbinata alle pratiche per la badante.