Il Concilio ieri oggi e domani di B.Manni

Beppe Manni
Cdb Villaggio Artigiano – Modena

Ho letto con grande attenzione e interesse il lungo racconto che don Paolo Losavio ha fatto del Concilio Vaticano II “Ieri oggi e domani”. (4-XI). Ha ben fotografato i momenti di grande attesa speranza ed entusiasmo che hanno caratterizzato quei magici momenti del post concilio a Modena: il fervore liturgico, la ri-lettura biblica, le innovazioni ecclesiali. Sotto la guida coraggiosa e prudente del Vescovo Giuseppe Amici.

Anch’io sono un testimone del Concilio e faccio parte di quella parte di innovatori che, come si dice nel pezzo, è andato troppo oltre. La rivisitazione di questi mesi del Concilio e dei suoi contenuti sta riscuotendo grande interesse nella nostra diocesi.

Io vorrei descrivere l’altra faccia della luna che fin troppo velocemente è stata classificato come un movimento contestatore e di dissenso. Nella nostra diocesi ha avuto comunque una rilevanza notevole. La storia è solitamente raccontata dai vincitori…ma tra noi non deve essere così chi è grande deve sentirsi piccolo e viceversa.

Lo faccio non per giustificare ma per completare il racconto e fare memoria di una pagina in parte cancellata. Il rinnovamento conciliare cominciò nelle parrocchie e nell’Azione Cattolica. Conferenze, dibattiti che coinvolsero tutta la città. Anche Nostro Tempo partecipò all’informazione e al dibattito. Nacquero sperimentazioni comunitarie. Gruppi spontanei e Comunità di Base anche gestite da laici. Furono una cinquantina. La parrocchia del Villaggio Artigiano con la sua comunità di preti operai fu una sperimentazione pastorale accolta dal Vescovo insieme a quella di Nonantola ed altre, che al di là di evidenti ingenuità produsse buoni frutti. I preti operai a Modena furono 24: erano sacerdoti che credettero di seguire Cristo povero andando in fabbrica. Fu in nome della ‘Povertà della Chiesa’, una parola nuova del Concilio, che furono fatte alcune scelte radicali. Si ricorda giustamente il gemellaggio della diocesi di Modena con una diocesi del Brasile, ma non si fa memoria di queste altre esperienze. Si parla di “Tensioni, inquietudine e lacerazioni”. E’ vero ma era tutta la società che era in fermento attraversata da sussulti alla ricerca di un nuovo equilibrio. Erano le doglie del parto.

Tra preti e laici si discuteva e ci si ascoltava. Poi il dialogo si spezzò per due motivi principali: molti cristiani e preti difesero la libertà dei cattolici di votare a sinistra e di potere esprimersi liberamente nel referendum sul divorzio del 1974.

Nell’articolo di Nostro Tempo si parla di un altro ‘frutto negativo’ del post-concilio: i seminari si svuotarono, ci fu un grande esodo dalle chiese. 14 preti ‘abbandonarono’ il ministero. In verità sono stati 25 e viene da pensare che è stata piuttosto la chiesa ad abbandonarli in quanto il matrimonio che avevano scelto non permetteva più per una legge ecclesiastica di esercitare. Non furono più contattati, lasciati a loro stessi. Cancellati. Molti di loro hanno continuato ad impegnarsi in nome del vangelo in vari campi. Alcune comunità esistono ancora e accolgono uomini e donne al margine che comunque non andrebbero nelle parrocchie. Ora queste realtà sono un punto di riferimento di molti credenti o di uomini e donne alla ricerca, che si trovano in grande difficoltà nella chiesa. E scelgono di non frequentare abitualmente le parrocchie. Il Concilio ci ricorda che il Regno di Dio non è solo la chiesa. A un vescovo dovrebbe fare piacere sapere che altri al di fuori delle parrocchie e dei movimenti adora Dio in Spirito e verità e confessa Gesù Signore e testimonia la carità di Cristo. O contano solo altre cose? Oggi dopo 50 anni l’esodo dalla chiesa cattolica è diventato drammatico, specialmente tra i giovani; mancano i preti; l’abbandono delle parrocchie specialmente quelle di montagna, l’invecchiamento del clero, l’immissione di preti stranieri, rendono drammatica la scelta di non aver avuto il coraggio di cercare altre strade come già suggerito da vescovi conciliari, per nuove figure di pastori.

Il dialogo che era stato suggerito dai padri conciliare è stato applicato con chiese riformate, con i musulmani, con i lefevriani e gli atei, ma non con parte della chiesa che scelse suo malgrado una strada diversa. Credo che se si fosse fin dall’inizio ascoltato, accolto, discusso forse ci sarebbero compresi tutti di più e ci troveremmo più preparati ad affrontare la “modernità”.
Nella narrazione che si fa del Concilio in questi giorni, sarebbe cosa buona e giusta, ripensare insieme, a quei fermenti degli anni 70 senza paura e recuperare quegli aspetti che anche in quel tempo riuscivano a bucare le mura inossidabili della cittadella-chiesa per aprirsi e dare speranza a tanti uomini e donne che si stavano allontanando da Cristo. In quel tempo infatti non ci fu solo un esodo dalla chiesa ma un rinnovato impegno e aggregazioni insperate di giovani intorno alla parola ritrovata del Concilio, la scoperta di una comunione nuova, del dialogo, della partecipazione attiva, di un impegno nel sociale, della povertà della chiesa libera da implicazioni politiche e d economiche.

Voglio concludere con una parola di speranza come era quella di Papa Giovanni che invitava a non essere ottimisti e a cercare nuove strade per evangelizzare gli uomini che comunque sono interessati oggi più che mai ad una Buona Novella.