Perché sostengo che l’ergastolo vada abolito

UMBERTO VERONESI
La stampa, 16 novembre 2012

Il dibattito sulla giustizia ci aiuta a delineare la società in cui vorremmo vivere. Per questo abbiamo voluto mettere al centro della quarta conferenza mondiale Science for Peace che si svolge oggi e domani a Milano il tema della violenza dei sistemi giudiziari nel mondo e in quest’ambito sosteniamo la campagna a favore dell’abolizione dell’ergastolo, che riteniamo una forma di pena antiscientifica e anticostituzionale.  
 
Antiscientifica perché è dimostrato che il nostro cervello ha cellule staminali che possono colmare il vuoto lasciato dalle cellule cerebrali che scompaiono; quindi, come gli altri organi del corpo, può rinnovarsi. Questo dato scientifico ha implicazioni importanti per la giustizia perché il carcerato dopo 20 anni può essere una persona diversa da quando ha commesso il reato. Inoltre l’ergastolo è anticostituzionale perché contro il principio riabilitativo della nostra Costituzione, che all’articolo 27 recita che le pene devono essere tese alla rieducazione del condannato. Ma per chi è condannato a morire in carcere, il futuro si consuma nei pochi metri della sua cella, e senza futuro non ci può essere ravvedimento. 
 
Dunque l’ ergastolo non risponde al bisogno di giustizia, ma a quello di vendetta, per soddisfare la reazione istintiva ed emotiva dei cittadini. Ma non risolve il problema reale, che è quello di vivere in un Paese civile e avanzato, in cui la sicurezza individuale è tutelata da una giustizia equa. Una giustizia vendicativa e non rieducativa infatti non riduce la criminalità, è un pessimo insegnamento per i cittadini, e difficilmente porta a un miglioramento nei rapporti umani.

L’abbiamo sperimentato con la pena di morte, da molti considerata una punizione esemplare per dissuadere i cittadini dall’omicidio. Ma in Italia dopo la soppressione della pena capitale si è progressivamente ridotto il numero annuale di omicidi fino al livello di 1 caso ogni 100.000 abitanti : il più basso del mondo assieme alla Finlandia. Del resto non è una novità che la violenza generi nuova violenza: è la conclusione di grandi pensatori, da Platone a Leonardo da Vinci fino a Gandhi.

Oggi la ricerca scientifica avvalora le loro tesi perché gli studi antropologici e genetici confermano che l’essere umano è biologicamente portato alla non-violenza e dunque l’aggressività, nelle sue varie forme, è nella maggioranza dei casi dovuta a cause ambientali, come il disagio sociale o la povertà, o a violenze e abusi subite durante l’infanzia.

Ecco allora che capire, prima di punire, diventa necessario per rimuovere le cause che sono alla radice dei conflitti e dei comportamenti criminali. L’Italia è l’unico Paese ad avere introdotto, nel ’92 l’ergastolo ostativo (il fine pena mai) per i condannati particolarmente pericolosi, come i mafiosi responsabili di omicidi. Possiamo obiettivamente affermare di avere così ridotto il potere delle mafie? Io credo di no. Allora aboliamo l’ergastolo e avviciniamoci a una giustizia che possa fare del nostro Paese un modello avanzato di civiltà.

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Pisapia e Veronesi: «Mai più l’ergastolo»

Pino Stoppon
L’Unità 17 novembre

L’ergastolo o il «fine pena mai» «non deve esserci più nel codice penale di un’Italia democratica». A dirlo il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, all’apertura a Milano della quarta conferenza mondiale  «Science for peace».

«Con la tutela dei diritti si ottiene anche l’osservanza dei doveri – spiega – c’è un collegamento diretto tra la pace e le sanzioni. Prima di essere sindaco ho lavorato alla commissione ministeriale di riforma del codice penale, che voleva uscire dall’equazione sanzione uguale carcere». Un progetto che non è stato accolto, ma che secondo il sindaco di Milano andrebbe ripreso. «Ci sono pene più efficaci – osserva – che consentirebbero sia di risarcire le vittime che di rieducare socialmente il condannato». Pisapia ha infine sottolineato come «l’alleanza tra scienza e pace sia indifferibile, indispensabile e decisiva per un mondo migliore. L’impegno per la pace richiede un salto di qualità e tutti, dalla politica al volontariato e alla società civile, devono adoperarsi per questo. L’antidoto alla guerra è lo sviluppo della scienza e della libertà».

E proprio l’abolizione dell’ergastolo in Italia è il tema della campagna di sensibilizzazione che «Science for peace» ha lanciato quest’anno. E non è solo l’intervento del sindaco di Milano che ha  chiarito l’intento ma anche quello dell’oncologo Umberto Veronesi.

«La scienza ci ha confermato che l’uomo è geneticamente non violento – spiega – nel nostro dna non c’è il gene dell’aggressività. La nostra vocazione naturale è alla solidarietà a protezione dei più  deboli, mentre l’aggressività è la nostra risposta ad una minaccia alla sopravvivenza, o il risultato di fattori esterni, come un’educazione sbagliata».

E una cultura di pace, secondo Veronesi, non può prescindere da una giustizia «ispirata al recupero e alla riabilitazione della persona. Non c’è solo la pena di morte, che condanniamo, ma anche l’ergastolo, che è una pena di morte più lenta – prosegue – un’agonia lunga senza speranza, futuro e creatività. L’ergastolo è una pena ingiusta e assurda, che non ha più senso. La violenza chiama violenza, e bisogna interrompere questa catena».

La giustizia spesso è «ingiusta – osserva Veronesi – ha delle connotazioni vendicative. Giudica senza capire. Bisogna abbandonare l’ergastolo, cosi come hanno fatto altri paesi europei. L’unico strumento efficace per una società più sicura – conclude – è la rimozione delle cause che portano alla violenza, come gli squilibri e le ingiustizie sociali, il mobbing, l’intolleranza verso persone o etnie o religione diversa».

Il cervello umano, a differenza di quanto si pensava fino a poco tempo fa, si rigenera durante tutta la vita, quindi, ha detto ancora Veronesi, «chi ha commesso un crimine a 20 anni non è la stessa persona a 40» ed è una «ingiustizia grave» tenerlo in carcere tutta la vita. «L’anno scorso – ha ricordato l’oncologo – ci siamo battuti per l’abolizione della pena di morte. Uno Stato che uccide infatti legittima i propri cittadini a fare altrettanto, oggi invece vogliamo parlare di violenza nei sistemi giudiziari, dove spesso non c’è giustizia. La violenza chiama altra violenza, bisogna interrompere la catena, e l’ergastolo è spesso il risultato di una giustizia poco giusta. La giustizia deve giudicare, ma anche capire, e oggi la regola è il contrario».