Dove pensi di andare, Israele?

José Arregi
Adista Documenti n. 46 del 22/12/2012

La Palestina è stata accolta lo scorso 29 novembre come Stato osservatore dell’ONU, con 138 voti a favore, 9 contro e 41 astenuti. Congratulazioni, Palestina! Congratulazioni, palestinesi! Siamo molti lontani, con ciò, dal rimediare all’ingiustizia storica di cui siete vittime da 65 anni, quando un’altra, ben diversa, ONU, nel 1947, creò lo Stato ebraico assegnandogli più della metà delle vostre terre, senza tenere assolutamente conto di voi: si volle sanare a vostre spese un’altra spaventosa ingiustizia, di cui gli ebrei erano stati vittime, ma rispetto a cui voi eravate completamente innocenti.

Da allora siete stranieri sulla vostra terra o ne siete crudelmente espulsi. Da allora, il sangue e le lacrime dei vostri figli non hanno smesso di scorrere sulla vostra arida terra e i vostri figli non hanno smesso di versare il sangue e le lacrime dei loro fratelli ebrei, e di se stessi. Magari questo tardivo e ancora iniziale riconoscimento delle Nazioni Unite sia l’inizio di un futuro migliore! Che cessino l’odio e la carneficina. Se c’è volontà di giustizia e di pace, ci sarà terra per tutti.

Oggi voglio rivolgermi soprattutto al vostro odiato popolo fratello, il popolo ebraico. O, piuttosto, ai suoi ciechi governanti. Ammiro troppo il popolo ebraico per identificarlo con l’arroganza e l’infamia dei suoi dirigenti. Mi rivolgo a voi, Benjamín Netanyahu e ministri del suo governo: dove state conducendo il vostro popolo, tanto ammirevole per tante cose? È stato l’Abele della storia, e voi lo state trasformando in Caino dei suoi fratelli palestinesi. Siete stati erranti e apatridi per migliaia di anni, sì, ma ora state condannando milioni di palestinesi ad essere erranti e apatridi come siete stati voi. (…).

Dopo la votazione delle Nazioni Unite, nella stessa sede in cui il mondo vi riconobbe il diritto a possedere una terra in cui vivere in pace, abbiamo udito dalle vostre labbra dichiarazioni di questo genere: «Non ci importa quante mani si alzino in sede Onu a favore della Palestina o contro di noi. Non cambierà niente». E subito avete annunciato la costruzione di 3.000 nuove abitazioni in terre rubate ai vostri fratelli palestinesi. Grande cinismo è il vostro, o forse semplicemente un enorme disorientamento che vi offusca completamente, fino alla disperazione. La vostra reazione di fronte allo sguardo attonito del mondo intero non poteva essere più cieca e miserabile, né più sciocca. Era forse uno sfoggio di sicurezza e di potere? No, lo abbiamo inteso assai bene: era una dimostrazione di paura e di impotenza che non volete riconoscere. Non vivrete in pace finché non riconoscerete ciò che tutto il mondo vede, compresi i vostri migliori alleati, che ormai iniziano ad avere dubbi.

Dove pensi di andare, Israele? Nessuno vi nega il diritto di vivere su questa terra, o in qualunque altra, giacché non c’è che una terra, ed è di tutti, o dovrebbe esserlo. Lo stesso Yasser Arafat riconobbe la legittimità del vostro Stato, esponendosi all’incomprensione e all’ostilità dei suoi. Ma lo fece. Riconoscete anche voi il diritto dei palestinesi a vivere su questa terra, che è loro, altrettanto o più di quanto sia vostra. Su questa terra vivevano i loro antenati, prima che i vostri la conquistassero 3.000 anni fa. Ci fa rabbrividire la lettura del libro del profeta Giosuè, che fa parte del vostro Tanak, della nostra Bibbia, in cui si narra come i vostri antenati, guidati da Giosuè, si siano appropriati di questa terra e delle sue città-Stato, conquistando, per ordine di “Dio” e con il suo aiuto, l’antica e bella Gerico: “Votarono poi allo sterminio, passando a fil di spada, ogni essere che era nella città, dall’uomo alla donna, dal giovane al vecchio, e perfino il bue, l’ariete e l’asino” (Giosuè 6,21). Orrore! (…). Non impressiona anche voi la lettura del libro di Giosuè (che significa “Yahveh salva”, come “Gesù”, che è lo stesso nome)? È in questa storia di violenza e di sterminio che volete fondare il vostro diritto a vivere su questa terra? E quelli di voi che si considerano praticanti religiosi è questo “dio” dell’anatema che adorate come Dio della Giustizia e della Vita?

(…) È la vostra terra, perché no?, anche vostra, ma tanto o più lo è dei palestinesi. In essa vivevano i loro nonni, i loro genitori e loro stessi, quando l’ONU la concesse a voi 65 anni fa. Venivate da una grande catastrofe: l’Olocausto nazista, la Shoah. Riconoscete che il vostro arrivo fu una catastrofe per loro, per i palestinesi.

Ciononostante, e per quanto sia difficile, una qualche soluzione deve esserci per tutti. In qualche modo, dovete vivere su una terra condivisa o suddivisa, che è quanto concordarono i vostri rappresentanti e i rappresentanti palestinesi ad Oslo en 1993: due Stati con le frontiere anteriori alle occupazioni condotte dal vostro esercito nel ‘67. Ma voi, con Ariel Sharon alla guida, con una strategia suicida tanto diversa e tanto affine alla strategia suicida dei palestinesi più violenti, avete sistematicamente boicottato quegli accordi, con il consenso e il sostegno incondizionato degli Stati Uniti, che, tra il 1972 e il 2011, hanno esercitato in non meno di 31 occasioni il loro vergognoso diritto di veto contro le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a favore della Palestina. Non avete la forza del diritto, ma esclusivamente la forza delle armi e del denaro. Dove pensi di andare, così, Israele?

Dove pensate di condurre il vostro popolo, uccidendo i bambini con le loro madri, assassinando 100 palestinesi per ciascun ebreo, rubando le loro terre e la loro acqua, sradicando i loro alberi, distruggendo i loro raccolti? Dove pensate di condurre il vostro popolo con questi insolenti e perversi insediamenti e questo muro dell’infamia che rendono impossibili l’esistenza della Palestina e la vita quotidiana dei palestinesi, dividendo famiglie e case, città e villaggi, una terra dall’altra?

(…). State disonorando la vostra storia, piena di terribili sofferenze e di fantastici meriti. State offendendo la memoria dei vostri antenati perseguitati nel corso della storia, dei milioni di vostri fratelli e sorelle strappati dalle loro case, caricati su vecchi carri bestiame, torturati fino alla morte nei campi di concentrazione, asfissiati nelle camere a gas. State devastando il meraviglioso contributo del vostro popolo alla cultura universale, quello di innumerevoli intellettuali, poeti ed artisti. State dilapidando le formidabili ragioni storiche del vostro popolo. Siete il suo peggior nemico, la sua più grave minaccia.

«Abbiamo il diritto di vivere sicuri sulla nostra terra», dite. Sì, lo avete, e nessuno deve negarlo. Ma non vedete che la vostra politica arrogante e assassina è la maggiore fonte della vostra insicurezza? (…). Sappiatelo con ogni certezza: non avrete mai sicurezza finché non smantellerete i vostri insediamenti, non abbatterete il muro e non vi ritirerete entro le frontiere riconosciute dall’ONU nel 1947.

Innumerevoli donne e uomini, intellettuali, scrittori ed artisti del vostro popolo lo sanno e lo ricordano. Ascoltateli. (…).

Tornate a leggere nel vostro profeta Isaia: «Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Is 2,4). Tornate a cantare nei vostri Salmi: «Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano (…). Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: “Su di te sia pace!”» (Sal 122).

Dove pensi di andare, Israele? Dove ti porteranno i tuoi dirigenti, se non si convinceranno una buona volta – anche solo per ragioni strategiche, ma magari per motivi etici! – che la vostra sicurezza e il vostro benessere sono inseparabili da quelli dei vostri fratelli palestinesi?