Lettera aperta alla CdB di Piossasco di CdB di San Paolo

Care amiche e cari amici della Comunità di Piossasco,

il vostro interrogarvi sulle fondamenta su cui costruire e vivere la fede, ci ha coinvolto e spinto ad esprimere il nostro pensiero sui temi che voi proponete, anche perché avete espresso il desiderio di proseguire con altre comunità questa riflessione, pur non avendo indirizzata direttamente a noi la lettera.

Dobbiamo innanzitutto dire due parole sul metodo che abbiamo seguito e che spiegano anche il motivo per il quale il nostro contributo giunge dopo tanto tempo.

La nostra comunità è suddivisa in sei gruppi di preparazione delle assemblee eucaristiche, quattro su base territoriale e due tematici (il gruppo biblico ed il gruppo donne).

In questi gruppi ognuno porta naturalmente le proprie competenze e le proprie sensibilità, per cui alla fine risulta che anche ciascun gruppo assume caratteristiche differenti che si riflettono nel modo in cui si svolgono le assemblee domenicali. È questo il nostro modo di vivere, non senza problemi, la nostra “convivialità delle differenze”.

Quindi, riuniti in una assemblea comunitaria in una domenica dello scorso novembre, abbiamo pensato di sperimentare, per rispondervi, il metodo di elaborare in ciascun gruppo una riflessione sui punti che portate alla nostra attenzione e poi provare a metterli insieme. Questo che leggete è il tentativo di sintesi dei diversi apporti.

Va detto che non tutti i gruppi hanno prodotto qualcosa e che qualcuno di essi ha anche avuto molte resistenze prima di decidere di esprimere una propria opinione, in quanto riteneva i temi trattati nella vostra lettera lontani dai propri attuali interessi. Inoltre occorre dire che vorremmo  rifuggire dalla tentazione di proporre/inseguire modelli unitari, nella consapevolezza che i diversi contesti in cui sono inserite le comunità, le rendono esperienze marcatamente originali e diverse le une dalle altre.

Rispetto alla vitalità del movimento delle CdB, è indubbio che un tempo le comunità fossero più numerose e anche nel Mezzogiorno più diffuse. Riteniamo che ciò abbia a che vedere sia con l’affievolirsi dei movimenti nel cui alveo si è iscritta anche l’esperienza delle CdB, sia con l’azione della Chiesa istituzionale tesa a contenere gli effetti del  Concilio Vaticano II e ad emarginare le CdB, con conseguente progressivo  oscuramento della presenza delle comunità di base da parte dei media. È anche vero che, specialmente nei primi anni, quando le comunità non avevano ancora maturato quel ripensamento progressivo del rapporto con  il sacro, molte di esse hanno concluso la loro esperienza con il venir meno del presbitero per i più svariati motivi (allontanamento d’autorità, per scelta, etc…).

Pensiamo tuttavia che questa situazione non debba influire sulla prosecuzione del nostro impegno ad approfondire i contenuti della nostra fede ed a rinnovare le modalità con cui viverla ed esprimerla. Nella nostra comunità, peraltro, almeno tra alcuni/e di noi, questo problema della continuità non è sentito in modo drammatico. E’ certamente auspicabile che persone di grande carisma e preparazione si dedichino alla Comunità. In ciò, dobbiamo confessarlo, noi ci sentiamo privilegiati perché possiamo contare su una ancora  relativamente ampia consistenza numerica e qualitativa di fratelli e sorelle. Ma anche nella malaugurata ipotesi che la nostra  Comunità e altre Comunità di base scomparissero, confidiamo tuttavia che dalla morte risorgerà la vita, non sappiamo come dove e quando, anche per il segno che esse hanno lasciato. Anche le prime comunità cristiane sono sparite, ma esse ci illuminano ancora. Dunque non sta a noi conoscere i tempi e i modi della resurrezione, ma dobbiamo vivere con e in questa speranza.

Quanto alla sensazione che il “privilegiare il sociale-politico ….vada a scapito della ricerca e testimonianza più specificatamente di fede”, siamo di diverso avviso.  La nostra quarantennale ricerca ci ha portati a rifiutare una fede che si esprime solamente in riti  e liturgie, e ad impegnarci, per quanto possiamo, nella nostra vita quotidiana in una prassi di attenzione e condivisione col prossimo, in particolare  con coloro sui e sulle quali maggiormente pesano i problemi dei tempi in cui viviamo. Questo non toglie che resti centrale, nella vita della comunità, la celebrazione dell’eucarestia, segno di unità perché lì, di fronte allo spezzare del pane e della vita di Gesù, sono presenti tutte le componenti della comunità e nello stesso tempo sia fonte di coraggio per riprendere il cammino ciascuno/a per la sua strada. Del resto crediamo che le CdB siano sorte e si siano sviluppate proprio coniugando fede e impegno sociale e politico (con scelte a livello individuale, contro ogni neo-integralismo), da cui il motto che campeggiava sul nostro settimanale Com: “Fede, Politica, Vita Quotidiana”. Quel motto secondo noi ha mantenuto intatta la sua pregnanza.

Riguardo all’attenzione ai fermenti spirituali presenti nella Chiesa, dobbiamo dire che al nostro interno sono presenti diverse sensibilità: c’è chi crede utile il confronto con persone che manifestano il loro “disagio” nel trovarsi in una Chiesa la cui gerarchia ha spento le speranze suscitate dal Concilio Vaticano II (speranze che le CdB hanno invece cercato di interpretare in uno sviluppo del cammino intrapreso con il Concilio), e chi ritiene inutile parlare con chi ha ancora una visione patriarcale e clero-dipendente della Chiesa e si illude ancora in una sua possibile “riforma”, non si sa da chi operabile.

Tuttavia dobbiamo anche dire che più volte negli ultimi anni la nostra Comunità si è trovata a promuovere iniziative con gruppi di base romani e riviste di area cattolica e non solo (Adista, Confronti). Attualmente siamo impegnati nella preparazione di un altro convegno insieme allo stesso gruppo di promotori. A livello nazionale, abbiamo, insieme a un centinaio di altri gruppi, comunità e riviste, partecipato alla organizzazione a Roma di un molto partecipato convegno all’Istituto “Massimo” sui 50 anni dall’apertura del Concilio.  Su questo stesso tema poi ci risulta che altre Comunità si siano mosse o si stiano ancora muovendo (Villaggio artigiano a Modena, il Cassano a Napoli).

Per quanto concerne lo studio biblico, in Comunità esiste un gruppo che da anni studia le scritture in maniera sistematica; inoltre tutti i gruppi si confrontano, nel preparare le assemblee eucaristiche, con le letture, bibliche e non solo, che ogni domenica propongono.

Per quanto riguarda il tema del “prete” nelle comunità, noi,  invece di usare il termine “pastori” che richiama quello, correlato e passivo, di “pecore”, preferiamo  parlare di “ministeri” e quindi di “ministerialità” diffusa, articolata e pro-tempore: ministeri della parola, della liturgia, dell’assistenza ai malati e alle persone sole, della presidenza dell’Eucarestia e delle altre assemblee, del collegamento interno ed esterno, ecc. Queste persone, dotate di carismi anche apparentemente modesti (ma per l’apostolo Paolo tutti i carismi sono egualmente necessari) vanno certamente apprezzate e riconosciute dall’assemblea. Se ci sono.

Su questo tema ci sembra significativo riportare integralmente il parere espresso dal gruppo Montesacro e dal gruppo donne:

«Quanto ai “buoni pastori” diciamo con franchezza che non ne sentiamo la “vitale necessità”. Per la nascita della nostra comunità è stato decisivo il carisma di un presbitero, cioè di Giovanni Franzoni. Ma   lo stesso Giovanni (come del resto gli altri numerosi ex presbiteri presenti nella nostra comunità) pur continuando ad arricchirci con il suo contributo di pensiero e la sua testimonianza di vita, non è stato di ostacolo a che la comunità crescesse nel tempo sempre più autonomamente e che tutti e tutte potessero pienamente esprimersi. Per questo già in occasione del trentennale dall’uscita dalla basilica chi tenne la relazione nella assemblea che ricordava quell’evento poté affermare che da un pezzo ormai la nostra non era più la comunità di Giovanni Franzoni, ma semplicemente la comunità di San Paolo.» (gruppo Montesacro)

«Il problema della “pastoralità” ha attraversato anche la nostra comunità e non è certo esaurito. Nella nostra esperienza, favorita dall’essere in tanti e tante, abbiamo potuto privilegiare la “corresponsabilità” adottando la suddivisione in gruppi e, all’interno del singolo gruppo, scegliere di volta in volta il/la presidente dell’eucarestia. Questo non garantisce ovviamente la serenità programmata in partenza, ma invece di volta in volta il confronto e, non ultimo, il conflitto. L’impegno totalizzante da parte di qualcuno è  scongiurato e non vorremmo neanche che esistesse tra noi una figura così connotata, che non può – da sola – dare “ossigeno”, aprire al nuovo e alla creatività.

L’immaginario che Gesù aveva di Dio può ostacolare la nostra ricerca e allontanarci dalla sequela di Gesù? Noi pensiamo che non sia così. In particolare noi del gruppo donne di San Paolo pensiamo che il nostro apporto, dal Convengo sulle Scomode figlie di Eva in poi, sia stato utile per compiere il lento e faticoso cammino che ci ha portato a ridefinire la figura del presbitero e a superarla in senso comunitario, sia in relazione  alla presidenza dell’Eucarestia che dell’occuparsi degli altri aspetti pastorali della comunità. 

Certo, non siamo ancora stati messi alla prova della mancanza del presbitero intorno al quale si è formata la comunità e che continua a essere un importantissimo punto di riferimento per la sua presenza costante e attenta, per la sapienza nel donarci una parola che è sempre fonte di riflessione, di unione e, anche, di meraviglia. Come sarà il futuro? E’ sufficiente la nostra debole organizzazione per garantirci che la Comunità continuerà negli anni? Non lo sappiamo e non possiamo imbrigliare il futuro, solo aiutarci vicendevolmente.  E’ purtroppo vero che le comunità si sono spesso esaurite con la scomparsa dei loro presbiteri. Siamo convinti/e che sia necessario far emergere tutti i carismi presenti nelle comunità, collaborando attivamente perché questi si realizzino.». (gruppo donne)

Riguardo, infine, all’argomento che il collegamento ha scelto per il prossimo seminario, ci dispiace molto che il tema sul “divino” non trovi il vostro interesse. Anche noi abbiamo in Gesù, nella sua vita e nelle sue scelte, il riferimento fondamentale per la nostra ricerca di fede. Ci sembra che il Gesù storico che tanto amiamo sia intimamente compenetrato col divino. Lui lo indica con i termini di Dio e Padre, secondo  le immagini, la cultura e la religione del suo tempo. Noi, se pensiamo che Gesù e la Bibbia abbiamo ancora un senso, lo dobbiamo fare con parole e concetti del nostro tempo, usando  gli strumenti derivanti dall’esegesi storico-critica e facendoci aiutare dalla moderna teologia, compresa la teologia femminista, e dalle più recenti scoperte scientifiche sull’evoluzione. Solo un Gesù liberato dalla “cristolatria” potrà far riscoprire il suo messaggio liberatore.

Concordiamo sulla esigenza di “interrogarci sulla nostra vita, il nostro tempo, il nostro modo di essere credenti oggi”. Proprio per questo ci stiamo impegnando sempre più nel leggere e cercare di interpretare i segni dei tempi. E riteniamo importante che vada maturando un’altra idea di Dio sicché ci sembra appropriato il tema proposto per il prossimo seminario nazionale.

Questo non toglie che il tema del “Gesù storico”, come, ad esempio, quello dello studio della nascita delle prime comunità cristiane e delle loro diversità, possa impegnarci in successivi seminari che potranno essere proposti sia a livello locale che nazionale.

In attesa di potervi incontrare, certi che lo scambio diretto di esperienze sia più ricco e coinvolgente di un semplice scambio epistolare, vi giungano i nostri più cari saluti.

La Comunità cristiana di base di San Paolo

Roma,  20 gennaio 2013

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LA LETTERA DELLA CDB DI PIOSSASCO

ALCUNE RIFLESSIONI    DI MARCELLO VIGLI

CONSIDERAZIONI    DI MARIO MAGINI