Assemblea eucaristica a cura di Gruppo Donne cdb

Comunità cristiana di base di San Paolo
ASSEMBLEA EUCARISTICA DEL 27 GENNAIO 2013
(a cura del Gruppo donne)

 

Canto iniziale: Da molto lontano (pag. 15)

Intenzione: questa domenica vogliamo fare memoria delle tante donne uccise da persone a loro vicine: padri, mariti, fidanzati, conviventi,  o ex mariti, ex fidanzati, ex conviventi; ma vogliamo ricordare anche tutte quelle donne che subiscono  maltrattamenti, percosse, violenze fisiche e psicologiche.  Nel solo anno 2012 le donne uccise  sono state 120;  le vittime erano buone o cattive, belle o brutte, puttane o vergini, ma sono morte solo perché erano donne.

 

Dalla I lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi (12, 12-27)

Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.

E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: Poiché non sono mano, non appartengo al corpo. E se l’orecchio dicesse: “Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo”, non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato?

Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; oppure la  testa ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli  sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggior onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.

Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra.

 

Da “Cecenia, il disonore russo” di Anna Politkovskaja

In una bella mattina di sole alla fine dell’estate 2001, quando era appena finito il coprifuoco, a un incrocio nel centro della città di Argun, vicino al mercato che cominciava appena ad animarsi, alcuni soldati stavano in cerchio con i fucili puntati verso il basso. Per terra, ai loro piedi, giacevano tre ragazze nude, di tredici o quattordici anni. Non cercavano neanche di rannicchiarsi o di coprirsi con le mani. Erano vive ma probabilmente inebetite. Erano coperte di sangue, lividi e fango. Appeso a un bastone c’era un cartello che indicava il suolo. Diceva: “E’ quello che vi aspetta, tutte, troie schifose. Scoperete tutte con noi”.

Poco a poco intorno a loro si era raccolta una folla, nessuno aveva dubbi su cosa fosse successo. Alcune donne si strappavano il velo e le commesse si toglievano il grembiule per coprire le ragazze, prima di tutto la faccia, per non farle riconoscere. Gli uomini si voltavano dall’altra parte e continuavano per la loro strada.

“Chi siete?”, chiedevano le donne. Le poverette tacevano. “Dove sono i vostri genitori? Dove vi dobbiamo portare?”. Insistevano le donne, ma le ragazze rimanevano in silenzio.

 

Da “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo

“Dei quarantacinque muscoli facciali, a parte quelli necessari per masticare, baciare, odorare, soffiare, tutti gli altri servono per esprimere emozioni. Più articolato e complesso sarà il carattere, intendendo per carattere la nostra essenza più profonda, più individuale sarà l’espressione del volto. Cosa stanno nascondendo questi volti? Perché le donne non possono più apparire con la loro vera faccia in TV? Perché non c’è più nessuna donna adulta che possa mostrare il suo volto? Perché questa umiliazione? Dover nascondere le nostre rughe: il passaggio del tempo che lascia le sue tracce sul nostro volto è una vergogna?  (…)

Il volto esprime la nostra autenticità. Anzitutto, c’è la sua esposizione diretta, senza difesa, nella quale appare la sua nudità dignitosa. E’ proprio il volto che inizia e rende possibile ogni discorso ed è il presupposto di tutte le relazioni umane. Il volto dell’Altro, dunque, mi coinvolge, mi pone in questione, mi rende immediatamente responsabile. La faccia umana reca un messaggio di vulnerabilità assoluta. E come restare vulnerabili, come restare noi stesse in un mondo dove si è vincenti solo se ferocemente invulnerabili? Che scelta difficile per le donne!”

 

Dal Vangelo secondo Luca (4, 14-21)

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nazaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato”.

Per queste letture:  rendiamo grazie a Dio

 

Momento penitenziale:  Vieni qui Gesù (pag. 78)

Antonietta Paparo, 36 anni, uccisa nella notte dell’11 novembre 2012 a San Sebastiano al Vesuvio, accoltellata dal marito per motivi di gelosia. Aveva un bambino di 7 anni. Lui pensava che Antonietta fosse sua, pensava di avere il diritto di scegliere per lei, e ha scelto di ucciderla.

C’è chi piange ….

Olga Riccio e sua sorella Franca sono state uccise dal marito di Olga che non aveva accettato la separazione e aveva promesso di ucciderla a Natale; ha mantenuto la promessa. A nulla sono servite le denuncie ai carabinieri e la richiesta di togliergli i fucili da caccia.

C’è chi muore….

Antonia Stanghelloni, 46 anni, è stata uccisa dal marito da cui si era separato un anno fa.  Poiché il marito Mustafà Hashuani era marocchino, al sindaco leghista di Bernareggio (Monza) non è parso vero di strumentalizzare la morte della donna (senza una sola parola di pietà per lei) dicendo: “Se non si vuole finire ammazzati è meglio evitare di farsi una famiglia con un musulmano”.

C’è chi è complice …

Ad Amina, 16 anni, presa, portata nel bosco e stuprata, è stato imposto il matrimonio riparatore perché ormai disonorata. Ma dopo poco tempo il marito l’ha uccisa. Le donne marocchine con tenacia e determinazione sono riuscite a far annullare la legge che imponeva il matrimonio riparatore.

C’è chi lotta …

 Canone n. 53

 Colletta

Canto:  We shall overcome  (pag. 83)

 Preghiera alla Comunione:  La speranza non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.Canto: Eppure il vento soffia ancora (pag. 21)

 

Preghiera finale: La speranza sostiene ogni atto della vita; la fiducia sostiene la speranza. O Fonte della vita, tienile  entrambe vive  in noi, così da poter operare fiduciosi per un mondo migliore.

 

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Commento alla prima Lettera ai Corinzi

 

Nella Prima Lettera ai Corinzi Paolo introduce il concetto di “corpo-comunità”: “Cristo è come un corpo che ha molte parti…e tutti noi credenti siamo stati battezzati con lo steso Spirito per formare un solo corpo, composto non da una sola parte ma da molte.” Egli prosegua dicendo che le membra, i credenti hanno tutti la stessa importanza, funzionalità, dignità e anche la testa è posta sullo stesso piano delle altre parti del corpo. (I Cor.12-27)

Circa 30 anni dopo la sua morte viene diffusa come opera dello stesso Paolo la “Lettera agli Efesini”; al di là delle problematiche relative alla veridicità dell’attribuzione, essa testimonia comunque una linea evolutiva del nascente movimento, che sarà poi detto cristiano, la quale si discosta dal precedente pensiero paolino rispetto all’argomento che affrontiamo.

Leggiamo in Ef.4, 15-16 : “Al contrario vivremo nella verità e nell’amore, per crescere continuamente e per avvicinarci sempre di più a Cristo. Egli è il capo, e ogni parte del corpo collegata dalle giunture, che lo tengono ben unito, riceve da lui quella forza che fa crescere tutto il corpo, nell’amore.” Il corpo viene nettamente distinto dal capo, al quale sarà sottomesso come la chiesa a Cristo, come la creatura al creatore.

La tradizione veterotestamentaria aveva già assunto nella logica della categoria rapporto creatore- creatura, Jahvè- Israele anche il rapporto uomo-donna e il cristianesimo vedremo che si porrà nel solco di questa tradizione. In molti punti del Vecchio Testamento troviamo il parallelismo Jahvè-Israele, creatore-creatura, sposo-sposa, marito -moglie.

In alcuni casi Jahvè è benevolo e si compiace della sposa Israele:

“…Per amore tuo Sion non mi darò pace. Il tuo nome sarà “Gioia del

Signore” e la tua terra si chiamerà “Sposa felice”. Infatti sarai veramente

la delizia del Signore e la tua terra avrà in lui uno sposo. Come un giovane

sposa una ragazza così il tuo creatore sposerà te.” (Isaia 62, 4-5)

In altri invece si rivela col volto terribile del punitore: sono sconvolgenti per violenza e volgarità le invettive e le minacce del signore irato:

“Gerusalemme, prostituta, ascolta la parola del Signore. Ti sei spogliata

completamente e nuda ti sei data ai tuoi amanti e ai tuoi disgustosi sporchi

idoli. Inoltre a questi hai offerto il sangue dei tuoi figli. Ora io, Dio,

il Signore dichiaro: riunirò gli amanti ai quali sei piaciuta…li metterò

intorno a te e ti spoglierò così ti vedranno completamente nuda. Io ti

giudicherò e ti condannerò a morte come adultera e assassina. Sarò

implacabile. Ti abbandonerò nelle mani dei tuoi amanti…ecciteranno la

folla contro di te: ti colpiranno con le pietre, ti faranno a pezzi con le

loro spade e bruceranno le tue case. Eseguiranno la mia sentenza sotto gli

occhi di molte donne. Così finirai di prostituirti e di pagare i tuoi

amanti.

Quando avrò sfogato il mio furore contro di te non sarò più geloso, non mi

adirerò più e mi calmerò.” (Ezechiele, 16,35-42)

Il marito che domina la moglie (con modalità diverse, a seconda delle sue presunte ragioni e del suo umore) rappresenta Dio stesso e Dio stesso lo rappresenta: i valori, i simboli delle società patriarcali mediterranee sono diventati metafore e valori religiosi i quali, a loro volta, giustificano e legittimano le strutture sociali che li hanno generati.

Il rapporto Jahvè- Israele viene ripreso, nella costruzione del cristianesimo, con la metafora sponsale Gesù-chiesa. Gesù è il capo del corpo che è la chiesa. Gesù è lo sposo della chiesa. Viene sacralizzata anche nel cristianesimo la subordinazione delle donne, la quale è così confermata appartenente a un ordine divino. L’uomo può e deve esercitare la sua autorità sulla donna così come Jahvè su Israele e Cristo sulla chiesa.

“Le mogli ubbidiscano al marito come al Signore. Perchè il marito è capo

della moglie,come Cristo è capo della chiesa…e come la chiesa è sottomessa

a Cristo, così anche le mogli ubbidiscano in tutto al loro marito.”

(Efesini, 5, 21-24)

“Il maschio possiede la perfetta immagine di Dio mentre la donna, se presa

da sola, non possiede tale piena immagine, ma solo quando è considerata

insieme al maschio, che è il suo capo.” (Agostino, De Trinitate)

 

 

Commento a: “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo

 

Il corpo delle donne è un documentario che mette insieme pezzi di televisione d’intrattenimento.

si sofferma su l’uso del corpo femminile esposto ( ad es. le veline di contorno a “Striscia la notizia”), umiliato (una donna appesa a un gancio come un prosciutto o un quarto di bue) o insignificante (donne che fanno da decorazione al divo o conduttore di turno, le cosiddette ragazze cornicette). Tutti questi corpi di donne esposti, umiliati e insignificanti spingono le ragazzine e tutto il genere femminile a considerarsi di serie B.

Il documentario, uscito nel 2009 e messo su internet, è stato molto visto anche all’estero. Nel 2010 è uscito il libro e nel 2011 Zanardo è venuta al Convegno delle donne di Monteortone e ci ha spiegato la sua attività in giro per l’Italia a commentare

il documentario con i ragazzi/e delle scuole, attività militante fatta abbandonando un promettente lavoro di manager all’estero.

E’ stato proprio il suo sguardo esterno, l’aver vissuto fuori dell’Italia nel periodo dell’affermazione della Tv berlusconiana (emulata dalla Rai), che l’ha spinta in questa attività sulla televisione d’intrattenimento  italiana, perché  non ha uguali all’estero per come maltratta le donne, per come è diseducativa per uomini, donne e bambini/e.

Eppure la  televisione è un importante mezzo di socializzazione, oltre che d’informazione, a volte più della famiglia e della scuola. Questa televisione può spingere uomini e ragazzi alla sopraffazione. Spinge spesso le donne ad avere una cura maniacale del proprio corpo, a non accettare di invecchiare: un esempio sono le conduttrici televisive che verso i 50 anni scompaiono  o tornano rifatte dalla chirurgia plastica.

Vale la pena di vedere “Il corpo delle donne”, anche se sembra quasi un film pornografico, per capire il livello di degrado culturale raggiunto dal nostro Paese: come nell’attuale pornografia non c’è erotismo, gioia di vedere un bel corpo, ma desiderio di umiliare il corpo femminile.

 

 

Commento al Vangelo di Luca (4, 14-21)

 

Brano posto all’inizio della vita pubblica di Gesù, ma non storico. E’ un ripensamento post-pasquale della comunità di Luca alla luce della vita di Gesù per dimostrare, attraverso Isaia, che Gesù era realmente il messia.

Sappiamo che Gesù acquisì la consapevolezza del suo “essere per gli altri” a poco a poco, ma ciò non toglie che fin da subito la sua scelta fu verso i poveri, i prigionieri, i ciechi, gli oppressi, a cominciare da quelli più vicini e più poveri come erano gli abitanti della Galilea.

Ma noi oggi vorremmo attualizzare le parole di Isaia (fatte proprie da Gesù con la sua vita) privilegiando quella parte degli oppressi e dei poveri che sono le donne di cui oggi “onoriamo” la memoria. Ma vogliamo anche riflettere sui condizionamenti che rendono prigionieri, ciechi, oppressi quegli uomini che sono  contemporaneamente carnefici e vittime.

Per fare questo voglio usare le parole di Etty Hillesum che, in una situazione completamente diversa, riflette sul nazismo di cui è stata poi vittima insieme al suo popolo.

“La barbarie nazista fa sorgere in noi un’identica barbarie che procederebbe con gli stessi metodi se noi avessimo la possibilità di agire oggi come vorremmo. Dobbiamo respingere interiormente questa inciviltà: non possiamo coltivare in noi quell’odio perché altrimenti il mondo non uscirà di un solo passo dalla melma. E’ questa la ragione per cui il nostro atteggiamento contro il nuovo regime può anche essere maturo e basato su principi, però qui si tratta di altro. La lotta contro i propri istinti malvagi, che vengono risvegliati da loro,  è qualcosa di molto diverso dal cosiddetto “essere obiettivi” in simili faccende, è diverso dal “vedere il lato buono” nel nemico: un’ambiguità, questa, che non ha niente a che spartire con ciò che intendo. Ma si può essere tanto combattivi e attenti ai propri principi anche senza gonfiarsi di odio; si può d’altronde essere traboccanti d’odio senza sapere esattamente di cosa si tratta.

Per formularlo ora in modo molto crudo, (…) se un uomo delle SS dovesse prendermi a calci fino alla morte, io alzerei ancora gli occhi per guardarlo in viso, e mi chiederei, con un’espressione di sbalordimento misto a paura, e per puro interesse nei confronti dell’umanità: Mio Dio, ragazzo, che cosa mai ti è capitato nella vita di tanto terribile da spingerti a simili azioni?”

Questa risorsa vitale d Etty dovrebbe essere, ancora oggi,  l’atteggiamento profondo da imparare nelle situazioni di lotta derivanti dall’oppressione e dall’ annichilimento di intere popolazioni.