Intervista a Giovanni Franzoni – “La Chiesa? Monarchia assoluta”

Eleonora Formisani
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Una riforma in nome della trasparenza, per avvicinare i fedeli alla Chiesa. Ne è convinto il teologo Franzoni, “dimissionato” dal Vaticano per le sue posizioni radicali in difesa dei poveri e contro il capitalismo. Oggi il problema non è l’addio di Benedetto XVI, ma il papato che definisce privo di partecipazione. E si dice favorevole al matrimonio per il clero

“Ci vuole un annuncio evangelico chiaro e per fare questo ci vuole una Chiesa più pulita, più trasparente”. E’ questa la Chiesa che ci si aspetta dopo il 28 febbraio, la Chiesa che serve i fedeli, per i fedeli di tutto il mondo. Ne è fermamente convinto Giovanni Battista Franzoni, classe ‘28, un teologo e scrittore “scomodo” che ha fatto scelte “estreme”, all’interno dello stato clericale. Sacerdote nel 1955, abate dell’abazia di San Paolo fuori le mura nel ‘64. Il più giovane dei padri conciliari a partecipare al Concilio Vaticano secondo, Franzoni è diventato “famoso” per le sue omelie di fuoco lanciate dalla Comunità di base San Paolo, a favore della Chiesa dei poveri e contro il capitalismo, ma anche per la sua opposizione al concordato tra Stato e Chiesa e la sua posizione critica verso le operazioni finanziare dello Ior. Favorevole al divorzio che nel ‘74 definì “bisturi necessario” fu dimissionato due anni dopo per aver appoggiato apertamente il Partito comunista italiano durante la campagna elettorale.

“Una Chiesa che apra le finestre e lasci entrare aria nel palazzo – continua Giovanni Franzoni – Che discuta del sacerdozio femminile e dell’abolizione dell’obbligo del celibato, che esiste ancora oggi, perché non si vuole che i figli dei preti che pure ci sono, non possano ereditare. L’imposizione del celibato che c’è sul clero di rito latino non è di diritto divino, ma viene da una pratica che è stata diffusa, si insinua, soprattutto per motivi finanziari, perché non si voleva che il clero avesse figli legittimi che potessero ereditare. Ci sono state delle ampie indulgenze o tolleranze nei confronti del clero concubinario, cioè di preti che convivono con una persona, magari mascherata da segretaria o perpetua, con cui ha anche dei figli non legittimati. Questo è un problema vivissimo su due fronti, perché è contro la dignità della donna che è costretta a nascondersi, a nascondere il suo amore e il suo ruolo davanti al suo uomo, toglie dall’asse ereditario i figli perché li rende tutti illegittimi. In secondo luogo viola anche il diritto del prete che vorrebbe sposarsi ma se lo fa perde la parrocchia e poi fa la fame. Questo problema va discusso apertamente e non nei corridoi e dietro le quinte. Bisogna che la Chiesa accetti il dibattito”.

Per tutti i commentatori le dimissioni di Benedetto XVI sono state un gesto umile e coraggioso, per lei?

“Le dimissioni devono essere ricondotte nella loro dimensione di normalità. C’è un rigonfiamento del ruolo del Papa nel mondo che secondo me è eccessivo. Sia che la causa principale sia stata la salute che le tensioni, gli scandali più o meno occultati all’interno dell’istituzione del Vaticano o che siano state queste due cose messe insieme. Il tutto deve essere ricondotto ad una dimensione terrena. Il fatto più importante in questo momento non sono le sue dimissioni o di chi sarà il successore. Tutto ciò sta infatti occultando un punto centrale: il problema non è il Papa ma il Papato. Un’organizzazione istituzionale antiquata, dove non c’è partecipazione. Una monarchia assoluta, neanche costituzionale che va avanti per successore, neanche naturale, organizzata con il sistema cardinalizio. Una organizzazione che va riformata con la collaborazione del successore. Non dico che si debbano organizzare le primarie, ma delle forme partecipate sì. E ci sono già stati in questi ultimi anni, vescovi, cardinali e laici, maschi e femmine, che hanno chiesto maggiore partecipazione nel discutere le cose. Si sono fatti anche dei Sinodi in cui si sono discussi argomenti come il celibato ecclesiastico obbligatorio, ma le conclusioni del dibattito sono state lasciate al Papa che poi le ha messe in un cassetto. Bisognerà vedere se il successore, conservatore o progressista che sia, se sarà disponibile ad aumentare la partecipazione della base. In tanti hanno notato infatti che la Chiesa si sta svuotando. Diminuisce sempre più il numero dei preti, quelli che ci sono non sempre si comportano bene, e diminuisce sempre di più la partecipazione dei fedeli alla vita della chiesa. A parte le manifestazioni con i papaboys e le grandi manifestazioni oceaniche, infatti la partecipazione al culto, al domenicale sta diminuendo di continuo. Le chiese si stanno svuotando perché manca l’interesse, il coinvolgimento.

Una crisi su due fronti, quello partecipativo e quello politico-istituzionale, se pensiamo agli ultimi scandali Vatileakes, la questione dei preti pedofili, lo Ior…

Sì, tra l’altro c’è chi sussurra che stia per esplodere un altro scandalo, che lega lo Ior al Monte dei Paschi. Pare che infatti dietro la crisi dell’Mps ci sia l’Istituto per le opere di religione. Qualcuno ha insinuato però che prima che esploda il Papa abbia preferito lavarsene le mani. Ratzinger ha tentato in tutti i modi di riformare la banca vaticana, deponendo il direttore, ad esempio.

Un bilancio dal suo punto di vista: cosa pensa del papato di Benedetto XVI?

Non sono stato un estimatore di Ratzinger. Quando si fece il processo per la beatificazione di Carol Wojtyla io testimoniai a sfavore. Che Giovanni Paolo II fosse una persona energica, importante e patriota, sí lo pensavo. Ma che fosse santo no. Mentre Wojtila operava il suo esecutore era Ratzinger, che allora era prefetto della congregazione della dottrina della fede. Dico questo per dire che se hanno fatto delle cose negative le hanno fatte insieme. Penso alla strage di teologi, decine e decine, come Stachelburg o Gutiérrez e tutte le donne che sono state suore, tutte falcidiate. Ratzinger è stato l’esecutore di tutto questo. Per non parlare dell’isolamento imperdonabile di Oscar Romero di cui Wojtyla fu responsabile. Altra cosa ancora è il fallimento del Banco Ambrosiano, l’assassinio di Calvi, le responsabilità gravissime di Marcinkus sul quale ci sono anche gravissime insinuazioni molto pesanti sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Tutto è da verificare, certo. Ma quando la procura di Milano chiese le rogatorie per potere interrogare Marcinkus, Giovanni Paolo II si è appellato alla extraterritorialità del Vaticano, salvando l’arcivescovo negli Stati Uniti. Una responsabilità gravissima. Per tutti questi motivi mi opposi.