Laicità di un marxista di M.Vigli

Marcello Vigli
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Io sono areligioso, irreligioso, antireligioso …. Ma aggiungo subito che non c’è dichiarazione più inessenziale di questa. Lo affermava Mario Alighiero Manacorda introducendo il suo breve saggio Costituzione concordato nel volume “Laicità ieri oggi e domani, la questione educativa” del 1996, che raccoglie gli interventi dei partecipanti ad un convegno sull’argomento, uno dei tanti a cui con costante impegno ha partecipato fino agli ultimi giorni della sua lunga vita.

Inessenziale perché, continuava, Dio è un’inessenzialità e inessenziale il mio ateismo. Non deve quindi turbare gli uomini, qualunque opinione abbiano di lui ed è pertanto sconcertante, invece, il doversi definire con espressioni negative, contrassegnate dall’alfa privativo, a-religooso, o dal prefisso negativo in, o addirittura di opposizione anti … cioè doversi definire per quello che non si è . È, prosegue, il risultato della tradizione e di una cultura al cui interno vive la società italiana e alla quale non c’è alternativa, per chi non la giustifica, che l’opposizione. Un’opposizione, però, in forma attiva: perché in quanto negazione di un qualsiasi Spirito divino è affermazione dello spirito dell’uomo. Che è forse il modo più radicale della laicità.

Dell’affermazione di questa laicità, Manacorda, marxista non pentito, ha fatto uno dei settori del suo impegno culturale e politico in totale disaccordo con l’orientamento prevalente nel Partito comunista, del quale è stato a lungo autorevole rappresentante nelle questioni scolastiche, soprattutto nelle successive sue trasformazioni.
Una laicità non ideologica, ma politicamente fondata.

Non strumento di lotta contro la religione, come fatto di coscienza, ma contro l’uso che se ne fa per invadere le coscienze altrui, giovandosi dei poteri dello Stato. Questo è clericalismo e integralismo, uno dei mali peggiori della società moderna contro il quale è lecito, anzi doveroso, dichiararsi anticlericali e antintegralisti. Cioè laici e democratici. Non è del resto un caso se nel mio movimento anticoncordatario Carta 89 mi sono trovato ad avere collaboratori e amici soprattutto dei credenti: credono nello Spirito di Dio, ma anche, come me, nello spirito dell’uomo. E questo ci unisce.
Così conclude il suo testo di analisi critica, serrata e ben argomentata, del carattere anticostituzionale del regime concordatario.

Su questa sua posizione ha trovato convergenza anche con liberaldemocratici non ossessionati dalla pregiudiziale anticomunista e ad essa ha ispirato la sua lotta contro quel regime, nelle sue due versioni, mussoliniana prima e craxiana poi, e la sua critica, senza riserve, agli articoli 7 e 8 della Costituzione, che lo hanno consolidato e legittimato.

Su di esso è fondata la presenza confessionale nel sistema dell’istruzione, sia attraverso l’insegnamento della religione cattolica in tutte le scuole di ogni ordine e grado, sia attraverso il progressivo trasformarsi delle scuole private in scuole paritarie, in contrasto con il dettato costituzionale che vuole la scuola una istituzione della Repubblica.

Su di esso si è costruito il sistema di finanziamento delle chiese che non solo sottrae risorse allo Stato, ma anche garantisce alla gerarchia ecclesiastica un’autonomia finanziaria di cui si alimenta il suo predominio autoritario nella comunità ecclesiale cattolica.

Sull’articolo 1 di quell’Accordo del 1984, che, aggiornando il testo del 1929, ha rafforzato il riconoscimento della reciproca indipendenza fra Stato e Chiesa con l’impegno alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese, si fonda, infine, la pretesa della Cei, e non solo, di interferire direttamente nella vita politica italiana.

Dura e inequivocabile è la critica di questa reciproca collaborazione contenuta in Stato e Chiese una pubblicazione promossa da Carta 89 nella serie dei mille lire di Stampa alternativa, a cui Manacorda ha ampiamente collaborato. Stampato in decina di miglia di copie ha diffuso il testo dell’Accordo craxiano commentato in ognuno dei suoi articoli e di quelli delle Intese attuative, rappresentando, forse più di altre iniziative, il metodo di affermazione della laicità che Manacorda preferiva: la denuncia ampia, documentata e circostanziata delle forme in cui clericalismo e integralismo s’innestano nelle strutture pubbliche. Un laicità integrata nella lotta per la democrazia.