Italia: maglia nera per gli aiuti allo sviluppo

Alessandro Graziadei
www.unimondo.org

In tempi di crisi anche la cooperazione e gli aiuti ai Paesi impoveriti soffrono. Quanto lo certifica il dato sull’aiuto pubblico nazionale allo sviluppo pubblicato lo scorso 3 aprile dall’OCSE per il 2012, secondo cui lo scorso anno la quota totale degli aiuti dei paesi Development Assistance Committee (Dac) è scesa a 125 miliardi di dollari, pari allo 0,29% del reddito nazionale lordo, un 4% in meno rispetto al 2011.

L’andamento medio dei 23 Paesi OCSE e degli europei tra 2011 e 2012 è, infatti, negativo, tranne per l’Austria, il Lussemburgo, la Germania, l’Australia, la Svizzera e la Nuova Zelanda. La contrazione è quasi nulla per Danimarca, Finlandia e Regno Unito, ma rispetto all’impegno europeo per l’aiuto allo sviluppo che doveva essere raggiunto nel 2010 (lo 0,51% del PIL), solo Finlandia, Danimarca, Lussemburgo, Olanda, Svezia e Regno Unito continuano a rispettare quanto sottoscritto nel 2005.

In Italia si registra la riduzione di 1,5 miliardi di dollari del contributo rispetto all’anno precedente, la contrazione più alta tra i Paesi OCSE, dopo i 2 miliardi di dollari in meno della Spagna. Non è la prima volta che il Belpaese indossa la maglia nera per gli aiuti allo sviluppo, ma in questa particolare classifica l’Italia si colloca ancora più in basso della Spagna e avendo raggiunto solo lo 0,13% del rapporto tra aiuti e ricchezza nazionale, il dato più basso dal 2000, rimane ultima davanti alla Grecia con uno stanziamento pari a 2.639 miliardi di euro contro i 4.326 dell’anno precedente. La Spagna, infatti, dimezza il suo sforzo finanziario di cooperazione allo sviluppo sul PIL, ma resta appesa allo 0,15%, assieme ad altri Paesi che affrontano delicate congiunture economiche come il Portogallo che si ferma allo 0,27% del PIL e l’Irlanda che conferma lo 0,48%. Tutte percentuali migliori di quelle italiane.

Per Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid, “

I dati confermano il declino della cooperazione italiana, che nonostante il timido risultato del 2011 che aveva portato il rapporto tra aiuti e ricchezza nazionale allo 0,20%, evidenzia tutte le criticità del nostro sistema di Aiuto Pubblico allo sviluppo”. “Il dato del 2011, risultava gonfiato, poiché oltre il 30% degli aiuti dell’Italia era costituito da risorse non autentiche, cioè derivanti dal interventi di emergenza per il sostegno ai rifugiati, erogati in occasione della primavera araba, mentre il 36% era costituito da operazioni di riconversione e cancellazione del debito” ha continuato De Ponte. Così nel 2012, venendo meno queste due voci di spesa, “l’aiuto italiano è sceso nuovamente toccando quota 0,13%”.

La differenza è da attribuire alla riduzione per le risorse di cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri, nell’ultima finanziaria nel novembre 2011 del governo Berlusconi, una deriva parzialmente “raddrizzata” nel documento d’economia e finanza dell’aprile scorso, quando l’Esecutivo Monti s’era impegnato a realizzare un lento ma graduale riallineamento della cooperazione italiana sulla media OCSE. È lo studio OCSE a indicare che, “grazie allo stanziamento di risorse aggiuntive sul bilancio 2013, l’inversione di tendenza c’è già stata e l’aiuto pubblico nell’anno in corso raggiungerà lo 0,15%-0,16%”.

Ma nonostante il non scontato miglioramento, l’investimento futuro negli aiuti allo sviluppo di un nuovo Governo rimane incerto, come la formazione dello stesso, e il riallineamento alla media OCSE sembra ancora molto lontano. Infatti, nei prossimi quattro cinque anni si tratterebbe di arrivare ad ottenere quasi un raddoppio delle risorse messe in campo per il 2013 con incrementi costanti, anche se modesti, per evitare un’eccessiva volatilità che pregiudica il valore dell’aiuto e la qualità delle relazioni con i Paesi partner. Una situazione difficile, ma per ActionAid “A questo punto, avendo toccato il fondo nella lotta alla povertà, non possiamo che risalire, ma serve un intervento di tutte le istituzioni per far ripartire la cooperazione allo sviluppo in Italia”.

“In questo momento di crisi politica e istituzionale è necessario che vengano riattivati al più presto tutti gli organi parlamentari e governativi, per riprendere iniziative fondamentali per il rilancio della cooperazione italiana, a partire dalla riforma della legge sulla cooperazione e dall’approvazione del Documento di Economia e Finanza”, ha concluso De Ponte. “Nonostante, secondo le previsioni fornite dal Ministero della Cooperazione, si intravedano timidi segnali di ripresa, resta prioritario rilanciare subito la lotta alla povertà e il ruolo del Paese in questo ambito, perché anche su questa partita si gioca la credibilità internazionale dell’Italia”.

Una missione non impossibile, anche se deve fare i conti con i dati contenuti nell’Interim Assessment sempre dell’Ocse di qualche settimana fa, che indicavano il prodotto interno lordo italiano avviarsi verso una nuova “flessione congiunturale dell’1,6% nel primo trimestre del 2013, per poi calare di un altro 1% nel secondo trimestre”, registrando il dato peggiore tra i grandi del G7. Come Unimondo anche ActionAid ha manifestato speranza anche grazie all’elezione di Laura Boldrini alla presidenza della Camera e di Piero Grasso alla presidenza del Senato. 

”Si tratta di due personalità che per decenni hanno agito con impegno in favore di diritti umani, giustizia sociale e legalità – ha concluso Action Aid -. Laura Boldrini, che tra l’altro è firmataria dell’appello Italia Svegliache ActionAid ha sottoposto a tutti i candidati, ha svolto per anni, prima nella Fao e poi nell’UNHCR, attività su temi nei quali la politica è quasi sempre assente, come quello della lotta alla fame e del diritto d’asilo”.

Oggi queste due elezioni sono un segnale di rinnovamento politico e fanno pensare e sperare ad una maggiore attenzione del Parlamento e forse del nuovo Governo verso la lotta alla povertà e alle ingiustizie, in Italia come nel resto del mondo, dove sempre all’interno dell’analisi dell’OCSE colpiscono le performance dei “nuovi donatori”: la Turchia come la Slovenia hanno messo a disposizione nel 2012 stanziamenti pari a quelli dell’Italia e gli Emirati Arabi hanno registrato uno sforzo di cooperazione pari allo 0,27% del PIL. “Siamo convinti che investire di più nello sviluppo globale si può e si deve non solo sulla base di principi e valori, ma perché questa è la cosa giusta da fare per combattere la crisi e uscirne assieme” ha dichiarato Francesco Petrelli, portavoce della piattaforma Concord alla quale hanno aderito numerose Ong europee.

“Per questo chiediamo al Parlamento italiano due impegni precisi: assumere un Piano di riallineamento rispetto agli impegni internazionali per la cooperazione al 2017, che ridia un minimo di credibilità e ruolo all’Italia; far sì che almeno una percentuale dei proventi della Tassa sulle Transazioni Finanziarie Internazionali, adottata di recente anche dall’Italia, venga utilizzata per finanziare progetti di lotta alla povertà e al cambiamento climatico, così come chiedono molte organizzazioni della società civile”. Forse possiamo farcela anche in Italia, magari prendendo come esempio il Trentino che nonostante la crisi e i tentativi di ridimensionare o addirittura cancellare l’apporto pubblico alla cooperazione internazionale stanzia ancora lo 0,25% del proprio budget.