Coming scout: negli USA storica apertura ai ragazzi gay

Ludovica Eugenio
Adista Notizie n. 21 del 08/06/2013

La sezione maschile degli scout statunitensi (Bsa) ha deciso, dopo anni di dibattito, di consentire l’accesso ai ragazzi gay, finora precluso (la sezione femminile dell’associazione è stata sempre più aperta nel proprio rapporto con il “mondo”, tanto da diventare anche oggetto di investigazione da parte dei vescovi Usa, v. Adista Notizie n. 20/12). Il Consiglio nazionale dell’associazione ha infatti votato il 23 maggio scorso, durante l’assemblea annuale svoltasi a Grapevine, in Texas, un provvedimento che abolisce il divieto di adesione sulla base dell’orientamento sessuale (entrerà in vigore il primo gennaio 2014). Il Bsa ha affermato di aver voluto rivedere la questione «in seguito a una spinta crescente in questa direzione all’interno della famiglia scout». Tale emendamento, tuttavia, non riguarderà gli adulti, i capi, per il quale il divieto continuerà ad essere valido. «Il Bsa – si legge in una dichiarazione ufficiale – non sacrificherà la sua missione né i giovani cui il movimento dedica il proprio servizio, permettendo all’organizzazione di essere logorata da una singola questione sociale divisiva e irrisolta».

Reazioni contrastanti

La misura ha suscitato un ampio dibattito all’interno del mondo cattolico (che rappresenta l’8% dello scoutismo). Per Richard Gaillardetz, docente di Teologia sistematica al Boston College, «permettere ai ragazzi gay di aderire ai boy scout e permettere a gay e lesbiche adulti di fare i capi non significa condonare il comportamento omosessuale; ha a che fare con il riconoscere la dignità fondamentale di gay e lesbiche e con il loro diritto di non essere discriminati a causa del loro orientamento sessuale». «Anche se pochi lo diranno pubblicamente, uno degli argomenti contro l’ammissione degli omosessuali come guide è la convinzione infondata che gli omosessuali siano più inclini all’abuso sessuale di minori di quanto lo siano gli eterosessuali».
A preoccupare i cattolici – e a causare prese di posizione anche di segno opposto – è precisamente la questione che mette sui due piatti della bilancia la necessità di garantire la dignità di ogni essere umano e l’omosessualità come orientamento ma anche come comportamento, in contraddizione con l’attuale insegnamento della Chiesa.
Tanto che c’è anche chi, cattolico e scout da una vita, con la nuova misura del Bsa è entrato in crisi. Come Paul Sefranek che, sul settimanale cattolico Usa National Catholic Reporter (20/5), afferma di essere intenzionato a lasciare gli scout: ha già pronta una lettera di dimissioni. «Con il cambiamento preannunciato – ha detto – non si può continuare a essere cattolico e capo scout. Questo cambiamento non farà che portare confusione ai ragazzi, riguardo alla loro identità». Opinione, questa, avversata dai vertici del Bsa: «Riteniamo che questa politica sia fedele alle virtù, ai principi di fondo del movimento scout, non di una religione specifica, ma del movimento scout in sé», ha detto Nathan Rosenberg, membro del comitato esecutivo del Bsa.
E d’accordo con il provvedimento è la denominazione religiosa più diffusa tra gli scout (che per il 70% sono legati a una istituzione religiosa), normalmente caratterizzata da posizioni piuttosto conservatrici: la Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni (ossia la Chiesa dei mormoni, presente con il 37% di aderenti), mentre la seconda e la terza in ordine di rilevanza, quella dei metodisti e dei cattolici (questi ultimi rappresentano l’8%, come detto), hanno manifestato parere diverso. «Attendo con ansia il giorno – ha detto Kevin Kloosterman, vescovo mormone dell’Illinois – in cui i nostri fratelli e sorelle lgbt verranno giudicati non per orientamento o identità di genere ma in base alla loro persona. Non siamo ancora arrivati a quel giorno, ma vedo dei progressi. Spero che la mia comunità di fede e il Bsa continuino in questa direzione di inclusività e accoglienza dei nostri amici e amati gay e che lo scoutismo torni alla sua onorata tradizione di sviluppo della leadership e dei valori in tutti i nostri ragazzi e che il divieto di avere capi gay sia eliminato».

Le variegate risposte della Chiesa cattolica

Molto variegata la reazione delle Chiese cattoliche locali, alcune delle quali hanno minacciato di chiudere con il Bsa (i cattolici che hanno espresso questa volontà sono circa un quarto dei 273mila presenti tra gli scout), come quella di Saint Raymond of Penafort a Springfield, e quella di St. Joseph a Richmond, entrambe in Virginia («Il cambiamento condurrà inevitabilmente non solo ad accettare l’omosessualità ma anche alla tacita approvazione di quello stile di vita peccaminoso; la compassione ha i suoi confini, non possiamo promuovere qualcosa che abbiamo definito peccato», ha affermato il parroco Robert Novokowski), mentre il parroco di St. John Neumann di Irvine, California, si è detto soddisfatto: «Accogliamo tutti, e tutti sono ben accetti tra gli scout. Questo passo non cambierà i rapporti con loro».
Secondo quanto riporta il Washington Post (24/5), due diocesi limitrofe hanno reagito in modo opposto: quella di Arlington con un comunicato che mette in forse la prosecuzione della propria sponsorizzazione degli scout in circa 50 parrocchie; mentre quella di Washington accetta la nuova politica come «non in conflitto con l’insegnamento cattolico». La posizione della diocesi di Allentown (Pennsylvanya) esprime efficacemente il dissidio interiore tra rispetto della dignità umana e osservanza del magistero sull’omosessualità: «Difendiamo la dignità intrinseca di ogni giovane ma ci opponiamo all’accettazione del comportamento omosessuale come moralmente o culturalmente buono», ha affermato p. Thomas Dailey, docente di Teologia alla DeSales University di Center Valley. Prudente la diocesi di Fargo (North Dakota) che non ha voluto esprimersi, in attesa di sentire la posizione ufficiale della Conferenza episcopale, per poi seguirla pedissequamente, secondo quanto ha dichiarato la portavoce della diocesi.
L’arcidiocesi di Washington è intervenuta con un documento autonomo che sottolinea che il cambiamento apportato dal Bsa «non tocca l’insegnamento della Chiesa cattolica e il modo in cui l’arcidiocesi di Washington porta avanti i programmi di scoutismo sotto la propria supervisione». Questi programmi, spiega, cercano di instillare «l’importanza del dovere nei confronti di Dio e del Paese, e i gruppi legati alla Chiesa cattolica testimoniano la propria fede continuando allo stesso tempo a offrire un’opportunità di coinvolgimento dei giovani nella vita parrocchiale». Spetta alla Chiesa, conclude, attraverso il clero e i propri responsabili della pastorale, «la responsabilità di insegnare il Vangelo e incoraggiare le persone a vivere gli insegnamenti di Cristo, a prescindere dal loro orientamento sessuale».
Anche l’arcidiocesi di Denver è intervenuta, affermando che la Chiesa cattolica «concorda sul fatto che nessun gruppo debba ridurre l’individuo al suo orientamento o alla sua inclinazione sessuale. Tuttavia, la formazione morale dei giovani deve comprendere un fermo impegno al rispetto e alla promozione di una visione autentica della sessualità, radicato nel Vangelo stesso». Pertanto, l’arcidiocesi «continuerà a permettere la presenza di gruppi scout cattolici, ma allo stesso tempo insisterà sulla visione cristiana della dignità e della sessualità umana».
Ma c’è anche chi considera l’ammissione di ragazzi gay un punto di non ritorno: «Oggi, il programma per giovani più importante degli Usa ha preso una decisione deleteria», è il commento drammatico di John Stemberger, fondatore di OnMyHonor.net, un’associazione nazionale che raccoglie genitori, capi, finanziatori ed altri aderenti al movimento scout. Nel corso di una conferenza stampa a Grapevine, Stemberger ha sottolineato che i «valori eterni» di cui parla il motto degli scout hanno dimostrato di non essere tali, ma di essere, invece, «governati dai venti variabili dei sondaggi, della politica e dell’opinione pubblica». Secondo Stemberger, questo passo del Bsa causerà la fuoriuscita di circa 400mila aderenti. Né lo rassicura il costante divieto di ammettere gay adulti: è solo una questione di tempo, ha detto.
Cristallina, senza se e senza ma, invece, la posizione del gesuita p. James Martin, che sulla sua pagina Facebook scrive: «Da ex scout appoggio la decisione di accogliere chiunque. Da cattolico, appoggio il riconoscimento della fondamentale dignità umana di ogni persona».

Il National Catholic Committee on Scouting

Il gruppo cattolico incaricato delle relazioni con il mondo scout, il National Catholic Committee on Scouting (Nccs) ha assunto, nelle proprie dichiarazioni in proposito, un accento più vago, annunciando l’intenzione di studiare il cambiamento approvato nel periodo intercorrente fino all’entrata in vigore del provvedimento. «Il Nccs valuterà – si legge in un comunicato – il suo impatto sui gruppi e sulle attività degli scout cattolici. Nel farlo, lavoreremo all’interno del magistero cattolico e insieme ai vari vescovi locali e ai loro comitati diocesani incaricati dei rapporti con il movimento scout». Magistero che, sottolinea il Nccs, insegna che le persone «che hanno un’inclinazione omosessuale o un’attrazione verso lo stesso sesso devono essere trattate con rispetto, riconoscendo la dignità di tutte le persone». Allo stesso tempo, «la Chiesa insegna chiaramente che l’attività sessuale al di fuori del matrimonio è immorale; gli individui apertamente omosessuali che promuovono e vivono una condotta omosessuale non vivono secondo l’insegnamento cattolico».

Moderatamente soddisfatti i promotori

Il passo è positivo, ma è ancora insufficiente, hanno commentato i promotori del provvedimento. «Lo consideriamo un primo passo verso la piena inclusione», afferma Zach Wahls, direttore esecutivo di Scouts for Equality, nel corso della medesima conferenza stampa. «Per me, questa risoluzione non è sufficiente, ma non c’è dubbio che per i giovani di tutto il Paese si tratti di un riconoscimento della loro identità e un’attestazione importante della capacità degli scout di rivedere la propria posizione».

La storia del dibattito

Il dibattito sull’ammissione dei gay nel movimento scout ha radici lontane. Risale al 2000 il caso Bsa vs. James Dale, in cui la Corte Suprema sancì con 5 voti a favore e 4 contro che i Boy Scout of America avevano tutto il diritto di stabilire i propri requisiti per l’adesione al movimento, tra cui anche quello dell’orientamento sessuale. Ancora nel 2012, in occasione di un incontro riservato di una commissione composta da 11 membri dell’organismo, avvenuto alle porte di Dallas, in Texas – durante il quale si sarebbero dovute trarre le conclusioni di una verifica, avviata nel 2010, sulle modalità e gli standard di adesione – la politica di esclusione dei gay era stata giudicata «assolutamente la migliore per i boy scout» (v. Adista Notizie n. 29/12).
Un sondaggio effettuato quest’anno prima di introdurre la proposta formale di voto ha mostrato che il 61% dei 200mila aderenti che hanno risposto appoggiava l’attuale politica, mentre il 34% la contestava. La questione è stata quindi sottoposta al National Council. In una dichiarazione di fine aprile, il vescovo di Charleston (South Carolina), mons. Robert E. Guglielmone, trait d’union tra la Conferenza episcopale Usa e gli scout, ha detto che le organizzazioni che si rivolgono ai giovani «hanno la responsabilità di proteggere e promuovere una vita virtuosa conformemente alla propria missione specifica». In questo spirito rientra la necessità di «scegliere guide che siano modello di virtù e integrità». «È una questione di responsabilità, non di ingiusta discriminazione, sempre sbagliata e contraria alla dignità inviolabile di ogni essere umano».