Cittadinanza sì, no, forse…

Luigi Riccio

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Maggioranza bipartisan per una nuova legge. All’intergruppo sull’immigrazione le proposte dei partiti, Lega Nord esclusa, per arrivare a un testo condiviso.

Il Pdl arriva addirittura con due proposte. Gli altri partiti (Sel, Scelta Civica e Pd) ne portano una a testa. Poi c’è quella presentata dall’Italia sono anch’io. Il Movimento 5 Stelle, rappresentato da Ghirgis Sorial, non ha ancora consegnato la sua, ma è in grado di annunciarne i punti salienti. La Lega, invece e prevedibilmente, snobba l’happening. La questione della cittadinanza dei ragazzi nati in Italia da genitori immigrati sembra avere unito gli schieramenti politici. È la conclusione più importante emersa dall’incontro dell’Intergruppo sull’immigrazione, cittadinanza e politiche di convivenza, promosso Khalid Chaouki (deputato Pd). Dal 24 al 28 giugno, i vari disegni di legge saranno discussi in Parlamento. L’auspicio: giungere ad una proposta unificata, basata sullo “ius soli temperato”, da portare all’approvazione delle Camere.

Si conferma quello che diciamo da tempo: il riconoscimento dello ius soli non è una fissa della sola ministra per l’Integrazione, Cécile Kyenge. La via parlamentare, che inizialmente appariva improponibile, è quella che ha più chanche di riuscita. Ma non è tutto sereno il cielo di Roma: più che la contrarietà della Lega, è l’incognita Pdl a creare coni d’ombra.

Come dicevamo, le sue proposte sono due: la prima a firma di Renata Polverini, la seconda dei senatori Carlo Giovanardi e Luigi Compagna. Ed entrambe ammettono la possibilità per chi nasce in Italia di diventare italiano ma non di esserlo dal primo giorno di vita. Per Polverini la cittadinanza si dovrebbe acquisire tra i sedici o diciotto anni d’età a conclusione della scuola dell’obbligo (in base a «una sorta di ius culturae», ha dichiarato l’ex Presidente del Lazio). «Nel mio partito c’è grande dibattito e ho preferito optare per una proposta più cauta», ha spiegato Polverini, per giustificare la «rigidità» (testuali parole) della proposta – in cui, almeno, scompare il cavillo della “residenza ininterrotta fino alla maggiore età” del richiedente, punto tra i più spinosi dell’attuale legge n. 91 del 1992 che regola la materia. Per Giovanardi e Compagna, invece, a 5/6 anni, cioè in coincidenza con l’iscrizione «al primo anno della scuola dell’obbligo». Almeno uno dei due genitori, inoltre, dovrebbe avere la residenza legale in Italia da almeno un anno al momento della nascita del bambino.
Convergenza, invece, tra gli altri partiti. Essendo fuori discussione lo “ius soli puro” alla maniera degli Stati Uniti: per le varie proposte di legge è italiano chi nasce in Italia da genitori legalmente residenti da 5 anni per il Pd e Sc; da 3 per il M5S; da 1, infine, per SeL e L’Italia sono anch’io.

I disegni di legge non riguardano solo i neonati: sono previste facilitazioni, percorsi chiari e definiti, anche per i giovani nati altrove ma giunti in Italia in tenera età. Altri articoli delle proposte di Pd, SeL, Sc e L’Italia sono anch’io, inoltre, intervengono sulle procedure di concessione della cittadinanza agli apolidi e agli adulti. Come ha ribadito Chaouki: «Le priorità però riguardano i più piccoli, quelli che nascono in Italia ma anche per i ragazzi che qui arrivano da minorenni: l’obiettivo è quello di ridurre la discrezionalità della burocrazia, che queste persone possano crescere legittimate in quello che sono e sentono di essere».

I numeri Secondo i dati Ismu, al 1° gennaio 2013 i minori stranieri residenti in Italia sono poco più di un milione, di cui circa 629.008 (59%) quelli nati in Italia. Difficile fare una stima su quanti di questi potrebbero accedere alla cittadinanza. Una cosa però è certa: ci sarebbero molte più possibilità, per gli italiani di fatto ma non di diritto, di vedersi riconosciuti come tali.