Dobbiamo smetterla di essere schiave del debito

Redazione
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Pubblichiamo il testo dell’intervento di Nicoletta Pirotta (Italia) e Evelyn Zabus (Belgio) all’Altersummit di Atene: Nella crisi l’esistenza delle donne è condizionata sempre più in modo specifico. Tale specificità è un elemento strutturale per la comprensione della realtà e dell’azione sociale e politica che ne consegue.

Noi speriamo che l’Alter Summit di Atene che si apre oggi (7 giugno 2013) con l’Assemblea Generale delle Donne, sappia lanciare misure ed azioni concrete, indispensabili e urgenti capaci di rispondere, in modo appropriato, alla crisi economica in Europa ed alla sua drammatizzazione.

Nella crisi l’esistenza delle donne è condizionata sempre più in modo specifico. Tale specificità è un elemento strutturale per la comprensione della realtà e dell’azione sociale e politica che ne consegue.

Il debito pubblico non è neutro dal punto di vista di genere. Dobbiamo smetterla di essere schiave del debito.

Le politiche di austerità impongono una maggior regressione sociale alle persone più fragilizzate ed impoverite e dunque, nella maggior dei casi, alle donne.Così come i piani di aggiustamento strutturale hanno colpito le donne del Sud del Mondo allo stesso modo le politiche europee di austerità peseranno molto sulle donne d’Europa. Sono all’opera dappertutto gli stessi meccanismi derivanti dalle politiche neoliberiste degli anni passati.

Per esempio :

– il tasso di disoccupazione femminile è in aumento: se nella prima fase la crisi ha colpito i settori produttivi con una manodopera prevalentemente maschile, oggi l’attacco riguarda soprattutto i settori a prevalenza femminile (in particolare quello pubblico). In Portogallo per esempio il tasso di disoccupazione ufficiale, sottostimato, è arrivato al 18% (40% per chi ha meno di 25 anni) mentre era all’8% prima che la crisi cominciasse;

– il livello qualitativo della vita si abbassa: la sanità fisica e psicologica delle donne è direttamente colpita: nella comparazione fra sessi sugli effetti collaterali della crisi si scopre che le donne mangiano meno e peggio, non possono permettersi cure preventive o palliative, non riescono a partecipare ad avvenimenti culturali e sociali, non possono permettersi di acquistare libri. La caduta libera verso la precarietà le costringe alla ricerca di un secondo se non di un terzo lavoro, a volte addirittura alla prostituzione;

– licenziamenti sessuati: molte indagini attestano che sono le donne ad essere più facilmente licenziate perchè il lavoro maschile è considerato ancora come quello principale.

L’utilizzazione del debito e e politiche cosiddette d’austerità rimettono in causa il « princpio di eguaglianza », uno dei principi strutturali della democrazia.

Possiamo dire che, nella crisi, la democrazia è in pericolo con il risultato di rendere addirittura possibile una regressione di civiltà.

I processi di privatizzazione, ad ogni livello, svuotano di senso i diritti sociali, ottenuti con le lotte di tante donne e tanti uomini, e colpiscono soprattutto il diritto all’autoderminazione. Un diritto quest’ultimo che è la precondizione irrinunciabile a tutte le altre libertà e a tutti gli altri diritti.

Per questo oggi la democrazia può essere riaffermata solo ridando senso al principio di eguaglianza ( intesa come processo capace di mettere in discussione tutte le strutture, soggettive ed oggettive che producono ineguaglianze) intrecciato a quello della laicità (intesa non solo come opportuna distinzione fra Stato e Chiesa ma altresì come capacità di rifiutare verità assolute, dogmi indiscutibili, fondamentalismi di varia natura). Eguaglianza e laicità sono indispensabili per la costruzione di autonomia ed autoderminazione.

Degrado dei beni comuni sociali ed ambientali. Per un’Europa ecologica e sociale: basta austerità !

La riduzione delle risorse pubbliche, determinate dalle politiche di austerità ed imposte dalla Troika (Fondo Monetario Internazionale, Commissione e Banca Centrale Europee) trovano la loro massima espressione ideologica nell’imposizione ai governi dei singoli Paesi del pareggio di bilancio. Questa imposizione non aggrava « solamente » la qualità della vita di tutte e di tutti ma determina un aumento esponenziale del lavoro gratuito delle donne (causato dalla rimessa in discussione dei sistemi pubblici di welfare) e della disoccupazione femminile.

La scomposizione dei servizi pubblici è per le donne come un colpo di frusta

– Le donne sono le prime vittime della riduzione di personale nel settore pubblico imposto dalle politiche di austerità, essendo esse maggioritariamente inserite nel settore pubblico : soppressione di 5.000 posti di lavoro in Inghilterra entro il 2015, 100.000 nel 2010 in Romania, 31.000 quest’anno in Francia.

– Le donne sono altresì le prime beneficiare dei servizi pubblici anche perchè questi ultimi consentono loro la partecipazione al mercato del lavoro salariato. Una partecipazione fondamentale per la loro autonomia economica. I servizi eduativi per bambine e bambini aumentano i costi di mese in mese e diminuiscono la loro qualità.La privatizzazione mostra chiaramente i suoi effetti nefasti. In Irlanda: aumento delle rette nei servizi per la primissima infanzia. In Irlanda , per dirne una,un posto all’asilo nido a Dublino oggi costa tra gli 800 e i 1000€ al mese.

– Le donne, attraverso il loro lavoro non remunerato ed invisibile, sono costrette ad assicurare i servizi che il sistema pubblico non garantisce più. Si assiste ad una vera sostituzione di ruoli e responsabilità, esaltando il privato si costringono le donne a ritornare a casa, escludendole da tutte le altre sfere della vita. In nome del debito è in corso una transizione, e cioè il passaggio fra un modello di « stato sociale » a quello di « madre sociale » ;

Tagli nel sistema sanitario pubblico

Nel momento stesso in cui i servizi legati alla salute riproduttiva e sessuale consentono alle donne di esercitare un diritto sul loro corpo e sulla loro vita, le misure d’austerità continuano a ridurre i finanziamenti a questi servizi. Eppure questo settore della salute pubblica è nei fatti fondamentale per garantire una vera eguaglianza fra i sessi. Meno finanziamenti alla prevenzione degli aborti, dell’AIDS, ai consultori, ai servizi sanitari pre e post natali ed alla prevenzione, significano un restringimento dei diritti delle donne.
– Francia: riduzione dei sussidi e chiusura di centri per l’interruzione di gravidanza.
– Spagna: messa in discussione dello stesso principio del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza.

Il modello economico atruale non rispetta la natura, minaccia i beni comuni ed agisce negativamente sulle donne. Oltre a doversi confrontare con le numerose inegalità, le donne devono contrastare gli effetti nefasti dell’inquinamento sulla loro salute , su quella delle loro famiglie e sulla qualità della loro vita.

Alle donne è imposta una regressione sociale senza precedenti. Diritti per tutte e tutti: no alla precarietà ed alla povertà !

Il processo di femminilizzazione del lavoro è un fatto in sè positivo perchè l’ingresso al lavoro salariato consente alle donne di migliorare la loro condizione, sia da un punto di vista concreto che simbolico ed incoraggia la loro emancipazione e l’autonomia personale ed economica. Mette fine inoltre al pregiudizio patriarcale secondo il quale il lavoro delle donne deve svolgersi in famiglia fra le mura domestiche.
Ma le politiche neoliberiste e patriarcali degli ultimi vent’anni hanno utilizzato l’aumento di manodopera femminile per generalizzare le condizioni di ingresso e permanenza al lavoro storicamente assegnati alle donne : flessibilità, tempo parziale, salari bassi e pochi diritti. E quindi la femminilizzazione si è trasformata in un processo formidabile di precarizzazione dei diritti del lavoro con effetti pesanti in particolare sulle lavoratrici.

Nello stesso tempo la divisione ideologica fra il lavoro produttivo ed il lavoro di riproduzione biologica, domestica e sociale determinano una redistribuzione ineguale fra i sessi costringendo le donne che vogliono accedere o mantenere il lavoro salariato ad accettare la flessibilità e la precarietà, oppure ad abbandonare l’attività salariata riununciando all’autonomia economica oppure ancora ad utilizzare per le faccende domestiche il lavoro di altre donne, per lo più immigrate.

Tutti i diritti sociali si sono dunque schiantati contro le politiche di austerità. Qualche esempio :

– Riduzione degli organismi di pari opportunità per rimettere in causa l’eguaglianza fra donne ed uomini anche a livello legislativo

in Spagna e in Romania soppressione del Ministero per le pari opportunità e per l’eguaglianza.
In Italia e in Ucraina: drastica riuduzione del budget per le politiche famigliari;

– Riduzione o soppressione di alcune prestazioni sociali

Romania: riduzioni delle prestazioni sanitarie, dei servizi a sostegno della famiglia, del congedo per maternità, dei servizi per le famiglie monoparentali ( più del 90% di queste famiglie sono composte da una donna sola e delle/dei suoi bambine/i) e del sostegno alle persone portatrici di handicap.
Repubblica Ceka: soppressione delle prestazioni sociali versate a famiglie di basso reddito (spesso monoparentali); diminuzione dei finanziamenti pubblici a favore dei congedi parentali, riduzione del sostegno alla nascita.
Inghilterra: diminuzione o congelamento della sovvenzione a sostegno della gravidanza, dei servizi alla famiglia, dei crediti di imposta legati alla nascita di una-un figlia/o, degli aiuti per il sostegno degli affitti popolari (le donne nubili con figlie/i perderanno non meno del 18% del loro reddito netto).
Irlanda: diminuzione del 4% del totale dei servizi sociali e diminuzione altresì della loro durata.
Belgio: calo costante dei sussidi per la disoccupazione ed irrigidimento delle politiche di accompagnamento delle e dei disoccupati.

– Aumento delle diseguaglianze di genere ed aumento di lavoro

Portogallo: sono in costante aumento le diseguaglianze salariali fra donne ed uomini.
Le lavoratrici immigrate impiegate nei lavori domestici e/o come assistenti per l’infanzia e la terza età patiscono la diminuzione del reddito delle loro datrici di lavoro e sono licenziate. Troppo sovente esse si vedono negare ogni diritto individuale e sociale.

– Lavori di bassa qualità: questo fenomeno è particolarmente vero per le madri che devono conciliare vita professionale e responsabilità famigliari.

– La precarietà delle donne pensionate è sempre più accentuata. Diminuzione economica delle pensioni, aumento età pensionabile ( in Austria si è passati da 57 a 60 anni nel 2014. Italia passaggio a 65 anni nel 2012). L’ammontare delle pensioni è già spesso irrisorio anche perchè la carriera lavorativa delle donne è stata negativamente condizionata dalle ineguaglianze strutturali fra i sessi.
Francia : le pensioni delle donne sono, economicamente parlando, inferiori al 40%rispetto a quelle degli uomini ;
Polonia: le donne ricevono una pensione più bassa del salario minimo di inserimento, già di per sè insufficiente;
Portogallo: passaggio da 62 a 67 anni per poter andare in pensione.

– Restringimento e/o soppressione dell’attività sindacale. La democrazia sui luoghi di lavoro è sotto scacco : le donne disponibili ad assumersi un ruolo sindacale sono spesso messe alla berlina o addirittura licenziate. Lo stesso principio della solidarietà è minacciato ed il diritto di sciopero represso.
Sui luoghi di lavoro, ma anche nella società in generale, le donne subiscono violenze di diverso tipo. I loro diritti sono sbeffeggiati,i modelli patriarcali tornano in voga e con essi i peggiori stereotipi.

– Il numero degli stupri è in aumento. Le incessanti campagni a favore del « ritorno a casa » delle donne per favorire un improbabile benessere loro e delle e dei bambine/i, vuole negare loro il libero arbitrio.
Portogallo : I casi di decesso per violenze domestiche è aumentato : l’ »Osservatorio sugli assassini delle donne» ha dimostrato quanto la violenza sia sempre più forte e traumatizzante.

– Per una democratzia economica: le banche al servizio dell’interesse generale

Il micro-credito si sviluppa anche in Europa : le donne non riescono più a garantire la soddisfazione dei loro bisogni e di quelli delle loro famiglie. Se le pratiche di micro-credito possono essere considerate lodevoli, esso possono divenire però anche uno strumento per fare affari sulle spalle delle e dei più poveri,. Per questo la struttura del micro-credito andrebbe ripensata.

Mai fino ad ora, secondo quanto sin qui dettoe donne sono state al cuore del conflitto. Il femminismo però le ha rese meno pazienti e disponibili consentendo la presa di coscienza del diritto all’autodeterminazione e favorendo la capacità di lottare insieme.

Impegnamoci per la democrazia e l’eguaglianza fra i generi e non per l’impoverimento di tutte e tutti.

Non abbiamo bisogno di modificare qualche ingrediente ma di cambiare la ricetta !!