I fratelli e le sorelle LGTB

Giancarla Codrignani

I fratelli e le sorelle LGTB – lesbiche, gay, transgender, bisessuali – pongono agli “etero” – che credono di essere “normali” (rispetto a quale norma?) – una questione che investe tutti gli ambiti sociali e, quindi, anche le chiese.

La scienza non ha mai spiegato che cosa sia la natura, ma solo alcuni suoi aspetti: la natura umana è prevalentemente la cultura. Le filosofie cercano di interpretarne l’origine e i fini, ma sono le religioni che si assumono la responsabilità di definirla e desumerne norme vincolanti le credenze. Dio, ovvero la creazione.

La creazione viene testimoniata da sacre scritture di valore non solo simbolico, ma storico in senso proprio: per gli ebrei osservanti (ma anche per lo Stato di Israele) il 2013 è il 5773. Dio crea l’essere umano maschio e femmina e non sono testimoniate varianti. Non era prevista neppure la procreazione e Abele e Caino nascono dopo il peccato; di sorelline non si parla e, caso mai (un midrash dice che entrambi avevano delle gemelle-spose) avrebbero costituito un problema

Ma la natura era più fantasiosa: all’origine uomini e donne erano solo mammiferi in evoluzione: si riproducevano nella promiscuità e l’uomo ebbe la prima idea del miracolo vedendo la vita uscire dal corpo della donna e la onorò come divinità. Quando comprese di avere qualche parte anche lui, si trovò privo di garanzie perché solo la madre era certa della prole: inventò il potere e il patriarcato. E la famiglia come proprietà, sia della donna (che andava preservata dai maschi predatori) e dei figli dichiarati legittimi.

Le norme si fecero su quello schema semplicistico. Quelli che non erano compresi nella regola diventarono devianti e meno se ne parlava meglio era. Il mondo greco e romano aveva compreso che le norme istituzionali non erano i costumi e i legionari portavano in trionfo Cesare acclamandolo come uno gagliardo con le donne e con gli uomini.

Gesù non fece della natura qualcosa di diverso dai gigli dei campi o dal gallo che canta tre volte. E nemmeno trattò la sessualità, fatto salvo il rispetto dell’autonomia delle donne. Della famiglia non pronuncia nemmeno il nome e libera l’adultera senza rimandarla a casa a fare la brava. Quelli che lo seguivano erano sposati (Pietro) o scapoli (Giovanni), comunque disposti ad abbandonare tutto per seguire il messia. Qualche critico sospetta che fosse gay, mentre altri pettegoli lo vedono fidanzato a Maddalena.

Oggi la Corte suprema degli Stati uniti ha ammesso la parità del matrimonio e della genitorialità ai gay e la Chiesa cattolica si straccia le vesti.

Brutta cosa il pregiudizio. Troppi democraticamente si commuovono leggendo il De Profundis di Oscar Wilde, ma provano solo compassione: è come la tolleranza, che si sente buona, ma non legittima. Le parole giuste le ha dette Obama: love is love, l’amore è l’amore.

Il sindaco di Bologna ritiene anche lui l’amore principio fondante delle relazioni interpersonali. Il cardinal Caffarra, fresco di prolungamento della missione per altri due anni, dice che è traviamento della ragione. Se i cattolici si scandalizzano, bisognerà pensare che tra i cattolici non mancano i LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) e almeno i loro genitori non saranno unilaterali.

Probabilmente Caffarra non ha mai conosciuto le famiglie “arcobaleno”: ha perso molto. Anche le chiese sanno quanto sia pressante la richiesta di riconoscimento dei gay cristiani organizzati: non sembra più una battuta dire che bisogna farci attenzione perché ormai sono i soli che si vogliono sposare in chiesa.

Al funerale di don Gallo il cardinal Bagnasco ha dato la comunione a Luxuria: è il sacramento più grande, superiore al matrimonio, che la chiesa innalza a sacramento, lasciando che non il prete, ma gli sposi siano ministri responsabili del rito. Sarebbe bene riflettere sulla cultura più umana che si viene esprimendo nel nostro tempo e interrogarsi se abbiamo ben compreso l’innovazione del Concilio Vaticano II che ha posto – per la prima volta nella tradizione cristiana (a me sembra ancora incredibile) – l’amore a principio fondante del matrimonio.

Non altrettanto “fondanti”, infatti, appaiono – finalmente ! – la procreazione, il mutuo aiuto e il rimedio all’istintività sessuale (che Luz Maria Longoria, una delle “madri del Concilio”, denunciò ai padri conciliari: “con tutto il rispetto, le vostre madri vi hanno concepito non per la concupiscenza, ma nell’amore”).

La richiesta dei fratelli “diversi” (ma noi siamo diversi ai loro occhi) ci dicono che senza amore non si dà relazione, che i figli, naturali o adottivi, debbono essere voluti responsabilmente, che il rapporto umano supera il livello biologico degli istinti animali.

Quanto ai politici cerchino di essere non solo laici, ma capaci di emozioni: se Giovanardi menziona la Costituzione, sarebbe bene che leggesse l’art. 29. Il matrimonio gay era ben lontano dall’immaginazione dei costituenti, ma oggettivamente (dopo aver escluso il termine “indissolubile” proposto da qualche bigotto) scrissero che la famiglia è fondata sul matrimonio e non dissero quale…